ROMA «Ormai è tutto possibile in Italia. Pure di imbattersi in un convegno sulle mafie senza magistrati come Nicola Gratteri e Giovanni Bombardieri che, sul campo, indagano sulla ’ndrangheta, considerata l’organizzazione più potente al mondo». È l’incipit di un articolo pubblicato oggi dal Fatto Quotidiano che racconta come un corso organizzato dalla Scuola superiore della magistratura e dalla Direzione Nazionale Antimafia sui “30 anni della Dna, delle Dda e della Dia” abbia mancato di invitare i due magistrati delle Procure in prima linea contro la ‘ndrangheta. Strana dimenticanza, visto che c’erano tutti: dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese al vicepresidente del Csm Davide Ermini passando per il presidente della Scuola superiore Giorgio Lattanzi e per il neo-capo della Dna Giovanni Melillo. Anche magistrati in pensione – il senatore Piero Grasso e l’europarlamentare Franco Roberti – ed ex politici come Luciano Violante e Claudio Martelli.
La seconda giornata, dedicata al confronto sulle attività delle Procure distrettuali, offriva un focus sulle Direzioni distrettuali antimafia del Meridione. Erano presenti, giustamente, il procuratore di Salerno, Giuseppe Borrelli, e a quello di Roma, Francesco Lo Voi (già alla guida della Dda di Palermo). A rappresentare la Dda di Reggio Calabria, invece, c’era Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale Vaticano che è stato sì procuratore in riva allo Stretto ma ha abbandonato la Dda reggina circa 10 anni fa. Niente invito, dunque, per Giovanni Bombardieri, che quella Procura la guida. E neppure per Nicola Gratteri, al quale il Csm ha preferito qualche settimana fa Giovanni Melillo per la guida della Direzione nazionale antimafia. Due sviste che non sono passate inosservate tra gli addetti ai lavori, visto il rilievo della sede istituzionale e, anche, le polemiche sorte sull’avversione del “sistema” magistratura nei confronti di Gratteri, fin dal tempo in cui Matteo Renzi lo aveva scelto come ministro.
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