ROMA Un mese di stipendio in meno. È l’effetto dell’inflazione, una “tassa” che molti definiscono occulta, ma nei bilanci delle famiglie sta diventando sempre più evidente. Mentre i salari restano fermi infatti, in Italia non crescono da 30 anni, il caro-prezzi ha raggiunto a giugno livelli che non si vedevano dal 1986, quando ancora esisteva la scala mobile. E così in appena sei mesi, da gennaio a oggi, una coppia con uno o due figli minorenni a carico ha perso, a parità di stipendio, 1.240,8 euro di potere d’acquisto. Una mensilità persa, appunto. Repubblica racconta così i conti effettuati dalla Uil. Il sindacato precisa che i bonus stanziati dal governo per fronteggiare l’emergenza hanno attenuato il colpo, ma solo in parte. Grazie infatti all’indennità di 200 euro (che però al momento è una tantum) e ai contributi per sgonfiare le bollette, la stessa famiglia con due figli ha recuperato un po’ più di 700 euro. Significa che la perdita di potere d’acquisto ammonta comunque ad almeno 505,94 euro. E il dato non tiene neppure conto dell’ultimo salto dell’inflazione, che a giugno ha raggiunto l’8%. Per altri tipo di famiglia l’impatto è anche superiore: per esempio una coppia con figli adulti, che arriva a un’erosione di 1507,87 euro del potere d’acquisto nel primo semestre, con i bonus recupera solo poco più della metà.
Cifre da allarme, che pesano soprattutto sui bilanci dei nuclei medio-bassi. E infatti sono già in atto strategie di difesa che arrivano persino al taglio degli acquisti di cibo: secondo l’indagine di Federdistribuzione, condotta da Ipsos, nel secondo trimestre di quest’anno si registra un aumento di appena lo 0,4% della spesa per consumi alimentari in valore, nonostante l’inflazione. Significa che c’è almeno un 3% di perdita delle quantità acquistate: si compra di meno, si va di più al discount, si scartano i prodotti più costosi. Da un’altra indagine targata Ipsos, stavolta per Legacoop, emerge infatti che gli italiani hanno tagliato del 52% gli acquisti di prodotti di marca, anche se non rinunciano ancora a quello che si ritiene sia di qualità e a prezzo abbordabile, cresce infatti l’acquisto di prodotti a chilometro zero.
E non si taglia solo sul cibo, ovviamente: quattro italiani su dieci affermano di essere costretti a ridurre i consumi, con particolare riferimento all’abbigliamento, ai cosmetici e alle scarpe.
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