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L’affare dei farmaci e il ruolo di Tallini. «Aveva reclutato 4 farmacie quando il consorzio non aveva ancora autorizzazione»

Appello della Dda contro l’assoluzione dell’ex consigliere regionale. «Profonda ed insanabile ed illogica motivazione della sentenza»

Pubblicato il: 04/07/2022 – 18:30
di Alessia Truzzolillo
L’affare dei farmaci e il ruolo di Tallini. «Aveva reclutato 4 farmacie quando il consorzio non aveva ancora autorizzazione»

CATANZARO In poco più di quaranta pagine la Dda di Catanzaro spiega le ragioni che soggiacciono alla «profonda ed insanabile ed illogica motivazione della sentenza» che ha portato all’assoluzione dell’ex consigliere e assessore regionale Domenico Tallini e di Tommaso Patrizio Aprile, considerato uno dei sodali della cosca Grande Aracri.
La sentenza è stata smontata e analizzata pezzo per pezzo dai sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio e dall’aggiunto Vincenzo Capomolla.

«Il progetto Farmabusiness non è mai nato su iniziativa lecita»

Secondo quanto scrive il gup Barbara Saccà in sentenza, il progetto per la vendita all’ingrosso di farmaci – da cui il nome dell’inchiesta “Farmabusiness” – «sebbene nato per iniziativa lecita, si arenerà tra le grinfie dei Grande Aracri». Dunque secondo il giudice, la cosca Grande Aracri solo in un secondo momento si sarebbe appropriata dell’iniziativa di creare un consorzio per la vendita dei farmaci.
Ma secondo i magistrati il progetto non è mai nato su basi lecite e la sua genesi lo dimostra. 
Come scrive lo stesso gup «Il progetto “Farmitalia” nasce da un’idea di Anna Maria Mancuso, architetto di origini calabresi e residente a Roma, città nella quale la stessa si era segnalata per l’impegno politico che l’aveva portata sino a ricoprire la carica di senatrice della Repubblica. Costei, nell’estate del 2013, trascorreva un periodo di vacanza in Calabria con il marito Michele Paolo Galli e Walter Manfredi (definito dagli inquirenti “factotum” della senatrice) (morto suicida il 5 novembre 2016ndr)».
I tre (che non saranno mai indagati in questa vicenda e poi si allontaneranno dall’affare) avevano scelto quale località di vacanza Sellia Marina e alloggiavano in una palazzina di proprietà di Domenico Scozzafava, antennista Sky, considerato la pietra d’angolo di tutta la vicenda, l’uomo dal quale parte tutto l’illecito progetto (condannato a 16 anni in abbreviato). «Se la liceità del progetto è affidata al solo sorgere (quale idealità di progetto) in testa ad una ex senatrice, non si vede quale possa essere il significato dell’enunciato. Piuttosto il giudice omette di considerare perché la ex senatrice, il di lei marito ed il factotum, per la realizzazione del progetto, si siano rivolti proprio a Domenico Scozzafava, e perché proprio il factotum della senatrice, interesserà sin da subito il commercialista De Sole (Paolo De Sole, assolto in primo grado, ndr). Non solo. Come scrive lo stesso gup: «Da conversazioni di quel periodo emerge che anche il factotum della senatrice conosceva Mellea», ovvero Gennaro Mellea, referente ndranghetistico dei cutresi. 

L’incontro con i cutresi

«E allora che significato ha definire l’idea in origine lecita, se i “romani” per la realizzazione del progetto utilizzano sin da subito soggetti che lo stesso giudice non esiterà a condannare per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p. (associazione mafiosa, ndr) ed individuarli quali longa manus dei Grande Aracri?», scrivono i magistrati. Tanto più che, come emerge da una informativa dei carabinieri saranno proprio Mellea e Scozzafava che il 25 agosto 2013 faranno incontrare l’ex senatrice e il suo staff con i cutresi. «L’importante riunione si svolgeva, previo accordo telefonico (Scozzafava: “…che sono con certi amici così pure te li presento…”), presso l’abitazione di Alfonso Pietro Salerno, a Cutro, quest’ultimo ritenuto personaggio di spicco della cosca dei Grande Aracri ed anello di congiunzione tra la nota cosca cutrese e la cellula criminale catanzarese per come emerge nel procedimento Kyterion», sottolineano i magistrati a voler rimarcare come i Grande Aracri fossero ben presenti fin dalla genesi del progetto sui farmaci.

Le amichevoli telefonate con «Walter»

L’allora assessore regionale Domenico Tallini verrà tirato in ballo, scrivono i magistrati della Dda, fin dai primi istanti. Già a novembre 2013 gli investigatori registrano un incontro tra Scozzafava e Tallini nel corso del quale verrà poi chiamato al telefono, dall’antennista, Walter Manfredi che Tallini saluta amichevolmente chiamandolo “Walter” «lasciando chiaramente intendere una pregressa loro conoscenza».
«Ma allora l’individuazione dell’assessore Tallini, quale esponente politico capace di “seguire” la vicenda con attenzione, non è intenzione o decisione del solo Scozzafava, anzi. Appare quantomeno acclarato, dalla disamina degli elementi oggettivi, intercettivi sopra riportati, come sia lo stesso Walter Manfredi a conoscere l’odierno appellato e a definirne, in prima battuta, il ruolo di “collaboratore” istituzionale affinché si ottenessero le autorizzazioni necessarie. Lo stesso Walter Manfredi che in quel periodo aveva contatti telefonici con Gennaro Mellea, si era già recato a Cutro ed in contatto con Paolo De Sole, longa manus di Salvatore Salvatore Grande Aracri, per come riconosciuto in sentenza. Epperò il giudice tralascia di considerare tali elementi», è segnalato nell’appello della Dda.
Al contrario, secondo il gup, Tallini sarebbe stato introdotto nell’affare da Scozzafava il quale rappresentava per il politico «un bacino elettorale, probabilmente per le relazioni capaci di intessere anche in ragione della professione da lui svolta che lo portava a muoversi sull’intero territorio calabrese». Ma dalle intercettazioni fatte a suo carico, non risultano questi viaggi di Scozzafava per il territorio calabrese tali da procurargli contatti grazie alla sua professione. «L’affermazione pertanto, è una mera convizione del giudice, una pre-comprensione che non ha alcun appiglio processuale», scrivono i magistrati.
«Le sole relazioni intessute dallo Scozzafava e consegnate al procedimento, appaiono indirizzate a proficui e costanti rapporti con Gennaro Mellea, con Salvatore Grande Aracri, con gli esponenti apicali della famiglia Grande Aracri, con Pancrazio Opipari, ad esempio, non già con terzi non meglio identificati, sparsi nel territorio calabrese e capaci di votare Tallini».

Il ruolo di Tallini nell’affare dei Farmaci

«Secondo il giudice Tallini si è limitato ad indicare il personale di riferimento a cui rivolgersi», commentano i magistrati. Ma lo stesso giudice entrerebbe in contraddizione con se stesso quando riporta l’episodio in cui Scozzafava spiega a Tallini che l’impiegata regionale aveva trovato degli impedimenti al rilascio delle autorizzazioni e l’antennista e il politico avevano deciso di vedersi da Tallini per installare un decoder «facendo intendere che sarebbe stato più opportuno discutere di persona. Nel corso della conversazione Scozzfava Domenico faceva presente a Domenico Tallini l’opportunità di parlare nuovamente (intercedere) con l’impiegata».
«Ma allora l’aiuto del Tallini – fanno notare i magistrati – non si limita a indicare il personale di riferimento, che a tanto sarebbe bastato il sito istituzionale della Regione. Intercedere è espressione del tutto differente dall’indicare».
Di più. Secondo la Dda «c’è qualcosa di irrazionale nel ragionamento del giudicante teso a minimizzare l’intervento di Tallini». A dicembre 2013 è lo stesso Scozzafava che chiama De Sole e gli omunicava che aveva ricevuto la telefonata dell’Assessore Tallini Domenico, in cui quest’ultimo gli aveva annunciato di avere “già tutto pronto per quel discorso”.
«Ora, che significa avere le “carte già pronte” o “aver tutto pronto per quel discorso”, se non un contributo differente dalla mera indicazione dei funzionari…». Uno schema motivazionale, quello che ha portato alla assoluzione di Tallini, che i magistrati descrivono come «rapsodico e caotico».

I rapporti tra Tallini e Scozzafava

In questo ambito si inseriscono anche i rapporti tra Scozzafava e Tallini.
Secondo il gup: «In definitiva occorre osservare che i contatti tenuti tra il Tallini e lo Scozzafava, anche a fini di appoggio elettorale, non era fondato sul presupposto che lo Scozzafava facesse parte di o avesse conoscenze serie nei contesti criminali di ‘ndrangheta». Una frase forte questa, segnano i magistrati, «perché, come si vedrà dopo, ma per come ricorre in tutta la motivazione, sarà lo stesso giudice a definire Scozzafava “un navigato esponente delinquenziale”, censendone via via tutta una serie di rapporti illeciti con la pluralità degli accoscati cutresi e catanzaresi presenti nello scenario dell’epoca». Secondo l’accusa il giudice dovrebbe spiegare perché «pur preteso esclusivo nella vicenda un rapporto biunivoco tra il Tallini e lo Scozzafava (ma si è già visto che così non è), lo stesso non sia da risolversi sul presupposto che lo Scozzafava sia (anzi è per il giudice) uno ‘ndranghetista». 

Il summit e il ruolo di Tallini: «Ha consorziato quattro farmacie anche in assenza di autorizzazione»

Il consorzio non era ancora autorizzato a livello regionale che già l’assessore Tallini aveva consorziato quattro farmacie. È quanto emerge, tra le altre cose, nel corso dell’arcinoto summit tenuto nella tavernetta dei Grande Aracri il 7 giugno 2014, tra i componenti della cosca e Scozzafava. I magistrati fanno notare come non sia solo Scozzafava a tirare fuori il nome dell’«assessore» ma gli stessi componenti della cosca quali Leonardo Villirillo, che «assicura la disponibilità del politico per l’autorizzazione ed “altre problematiche”» mentre Salvatore Grande Aracri «confida agli altri membri della famiglia che Tallini avesse già “consorziato”, anche in assenza di autorizzazione, già quattro farmacie». Dunque, com scrive lo stesso giudice, Villirillo «puntava l’attenzione sul ruolo di un altro soggetto ritenuto importante nella vicenda che indicava come l’assessore – ovvero Domenico Tallini – con il compito di accelerare l’iter burocratico relativo il rilascio delle autorizzazioni regionali e risolvere altre problematiche».
«Può esservi – si chiede l’accusa – sul piano logico, un soggetto con un compito assegnato, che non sia pienamente consapevole delle finalità di quel compito? Soprattutto quando tale compito si indirizza alla risoluzione di altre problematiche e, per ciò che concerne il Consorzio farmaceutico, si è già tradotto nella positiva ricerca di ben quattro farmacie da associare al progetto? Oltretutto, stante la libertà espressiva di quella riunione, perché mai Villirillo non avrebbe dovuto ammonire i parlatori sulla inconsapevolezza dell’Assessore rispetto alla presenza dei Grande Aracri, dandogli invece un compito già definito, e tra l’altro attualizzato dalla ricerca delle farmacie da associare, al momento in cui il consorzio non era nemmeno autorizzato a livello regionale». Tra l’altro a un certo punto Salvatore Grande Aracri, come scrive anche il gup, «precisava che “nell’aria”, ovvero sul territorio catanzarese, stava già circolando la voce che dietro l’affare c’erano i Grande Aracri come gli aveva riferito tale “Piero” (ovvero Gennaro Mellea alias “Piero”, referente dei Grande Aracri nel territorio di Catanzaro)». «Occorre fermarsi dunque un attimo – scrivono i magistrati –. Se nell’aria, ovvero sul territorio catanzarese, stava già circolando la voce che dietro l’affare c’erano i Grande Aracri può trovare ancora un senso ipotizzare uno iato rispetto alla consapevolezza dell’Assessore Tallini rispetto ai reali partecipanti l’affare? Qui non si vuole indugiare sulle qualità dell’odierno appellato, definito pure “scaltro” in sentenza, politico esperto e conoscitore del territorio catanzarese, ma ragionare sulla plausibilità delle argomentazioni che si ritengono logiche mentre in sostanza si realizzano quali ipotesi pre-comprese». Non solo. I magistrati fanno notare come «l’assessore Tallini, ancorché limitarsi ad indicare funzionari regionali da contattare e quant’altro, risulta, dalla vicenda in esame, plasticamente inserito nell’affare, tanto che andrà ad esaminare capannoni, unitamente a Scozzafava e De Sole, esaminati nel medesimo periodo, anche da Domenico Grande Aracri o Salvatore Grande Aracri». 

Le intercettazioni di Giovanni Abramo

Il giudice liquida come «contraddittorie in alcuni punti» le dichiarazioni di Giovanni Abramo, genero di Nicolino Grande Aracri. Ma la Dda fa notare come Abramo, quando era detenuto a Larino, parlando con Ernesto Grande Aracri, suo congiunto, il 27 giugno 2021, «tornava a parlare di Domenico Tallini, che indicava quale soggetto corrotto e a loro vicino (Giovanni Abramo “Devo fare un discorso… è un corrotto al massimo! E’ proprio corrotto con noi!”). Giovanni diceva di essere disposto anche a “pentirsi” su questo capo di accusa e sperava di incontrare il commercialista Leonardo Villirillo, anch’egli detenuto nel carcere di Larino, per dirgli di confermare, in caso di interrogatorio, la colpevolezza del Tallini». «Ora, delle due l’una: o Abramo mente, mentre è intercettato, oppure la valutazione delle sue dichiarazioni abbisognava di altra considerazione. Posto che il giudice di prime cure omette la valutazione sul punto, non può che chiedersene una riforma della sentenza».

Le conclusioni assolutorie del giudice su Tallini

A maggio scorso sono state depositate le motivazioni della sentenza del gup Barbara Saccà che hanno assolto l’ex consigliere regionale e alle quali hanno oggi fatto appello i magistrati della Dda.
Secondo il gup «gli atti di indagine, che nella primissima sede cautelare sono stati ritenuti idonei, in punto di gravità indiziaria, a dimostrare che Domenico Tallini fosse ben consapevole di prestare un rilevante contributo all’associazione criminale per averne un tornaconto in termini elettorali, al vaglio del contraddittorio non hanno superato la soglia probante dell’oltre ogni ragionevole dubbio a carico del Tallini (il quale è stato assolto, ndr)».
Non hanno retto al vaglio del giudice le dichiarazioni di Giovanni Abramo, genero del boss Nicolino Grande Aracri, il quale il 6 settembre 2021 ha voluto rendere dichiarazioni ai magistrati affermando che «Tallini lo conoscevo di fama, ma non di persona» e che «di lui seppi che poteva assicurarci appoggi di ogni tipo. Questo me lo disse Pino Colacino, dicendo che il Tallini era a nostra disposizione con noi dopo che gli assicurammo il voto». Il gup ritiene che le dichiarazioni di Abramo «non sono ritenute da questo giudicante pienamente attendibili e fortemente probanti». In sostanza, le risultanze processuali, non hanno finora dimostrato che il Tallini sapesse del contesto criminale di appartenenza dello Scozzafava e del suo rapporto di intraneità con i Grande Aracri. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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