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il caso

Frank Morris morì all’interno dell’ospedale di Cosenza. Ao condannata a risarcire

Il decesso avvenne il 10 giugno del 2017. Tutti i medici che ebbero in cura il chitarrista sono stati rinviati a giudizio

Pubblicato il: 12/07/2022 – 8:58
Frank Morris morì all’interno dell’ospedale di Cosenza. Ao condannata a risarcire

COSENZA Il Tribunale Civile di Cosenza, (giudice Giusi Ianni), ha condannato l’Azienda Ospedaliera di Cosenza ad un risarcimento dei danni per svariate centinaia di migliaia di euro per la morte del chitarrista Francesco Morrone detto Frank Morris, avvenuta nel 2017 all’interno dell’Ospedale di Cosenza. La sentenza è stata depositata nella mattinata di ieri ed ha dato ampio conto dei lamenti dei familiari del giovane chitarrista (rappresentati dall’avvocato Massimiliano Coppa), accolti dalla Procura di Cosenza.

I fatti

Il Tribunale ha tracciato un quadro della vicenda, specificando che «…è pacifico, sulla base della documentazione in atti, che Morrone Francesco sia deceduto il 10 giugno del 2017 presso l’Ospedale civile di Cosenza, dove veniva trasportato dal 118, a seguito di un tentato suicidio presso la struttura dove si trovava agli arresti domiciliari (come confermato anche dai testi escussi). Il paziente era, quindi, sottoposto a colloquio psicologico, il quale evidenziava l’assenza di disturbi psicopatologici, salvo disturbi “d’anima” e della personalità, con necessità tuttavia di rivalutazione. Il paziente restava, quindi, in osservazione presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cosenza, fino al decesso avvenuto alle ore 5:55 del 10 giugno 2017». È altrettanto pacifica, quindi, «…la sussistenza di una colpa – peraltro grave – in capo ai sanitari che lo ebbero in cura nei giorni 9/10 giugno 2017, posto che il medesimo Morrone era certamente ed intuitivamente soggetto a rischio suicidio (tanto da essere stato portato in Pronto soccorso proprio per aver tentato di togliersi la vita presso la struttura ove si trovava agli arresti domiciliari) e alcuna adeguata vigilanza era garantita nei suoi confronti nel tempo in cui restava presso la struttura sanitaria». Morrone, infatti, era stato lasciato in osservazione in Pronto Soccorso e sottoposto a visita solo alle 21:15, per poi gettarsi da un parapetto (privo, peraltro, di delimitazioni di sicurezza) circa 8 ore dopo». Non sussistono elementi per affermare che il paziente non fosse a rischio suicidio, dato il motivo del ricovero e la diagnosi per nulla tranquillizzante fatta in sede di consulenza psicologica, in quanto il medico incaricato, pur escludendo patologie, indicava il paziente come «da rivalutare» …. né può rilevare il fatto che non vi fossero posti letto disponibili nel reparto di psichiatria nell’Ao di Cosenza o in altri centri psichiatrici nelle vicinanze, in quanto anche la scelta di mantenere il paziente “in osservazione” «implicava un obbligo di vigilanza in capo alla struttura sanitaria, in presenza, come detto, di un soggetto a fortissimo rischio suicidio…..».

Il processo

Le tesi tracciate dal Tribunale ripercorrono quanto già evidenziato dalla Procura di Cosenza che ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio di tutti i medici che a vario titolo si occuparono del paziente, essendo già fissata l’udienza dibattimentale dinanzi al Tribunale
Penale di Cosenza per il 05 gennaio 2023. I familiari sono assistiti sia in sede civile che penale dall’avvocato Massimiliano Coppa coadiuvato dall’ingegnere Fabrizio Coscarelli, i quali hanno sottoposto sia al Tribunale Civile che a quello Penale un corposo dossier su tutte le probabili cause che hanno determinato il decesso per morte violenta di Francesco Morrone.
Gli argomenti, quindi, sono risultati fondati sia in sede civile che penale determinando
l’affermazione di responsabilità della Struttura Ospedaliera e dei medici suoi dipendenti
(come affermato nella sentenza civile) le cui condotte – per la responsabilità penale – sono ancora al vaglio del Tribunale in sede penale.
Suicidio o non suicidio, è stato accertato che il paziente non fu vigilato dai medici che lo
presero in cura e morì per loro colpa. In definitiva le condotte difettuali ipotizzate e documentate dall’avvocato Coppa sono risultate accertate ed involgono comportamenti omissivi posti in essere non solo da chi aveva l’obbligo di vigilare sul paziente, per altro detenuto, e preso in carico dall’Ospedale di Cosenza con un preciso obbligo giuridico di garanzia di tutela sulla sua salute ed incolumità come medici e primario di reparto, ma anche da parte di figure apicali a capo dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza e dei suoi servizi tecnici, individuate per documentato e conclamato deficit organizzativo.
«La circostanza è ancor di più aggravata dal fatto che le ragioni del trasporto d’urgenza
mediante 118 dalla Comunità Terapeutica Regina Pacis di Torano Castello all’Ospedale di
Cosenza risiedevano nella impossibilità di gestione del paziente successivamente preso in
carico dal Servizio di P.S. dell’Ospedale di Cosenza che non ottemperava a quegli obblighi di vigilanza, terapia e contenzione, oltre al collocamento immediato del paziente all’interno di locali idonei ed adatti alla propria condizione clinica al momento del ricovero, anche alla luce dell’obbligo di sorveglianza incombente sulla struttura sanitaria ospitante». (f.b.)

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