TORINO I soldi della ‘ndrangheta erano nascosti dentro enormi pentoloni che i boss avevano sotterrato nel giardino delle proprie abitazioni. La scoperta arriva dalle perquisizioni che gli uomini della polizia hanno effettuato sin dalle prime ore del mattino di oggi, martedì 12 luglio, nell’ambito di una vasta operazione contro la criminalità organizzata nel torinese e in altre parti del paese. Parte del tesoro del clan è stato trovato grazie all’utilizzo dei metaldetector con i quali gli agenti hanno setacciato il terreno attorno alle abitazioni perquisite. Così hanno potuto scoprire i pentoloni carichi di denaro che una volta riportati in superficie hanno svelato un vero e proprio patrimonio di banconote e monete.
Sono 28 le persone nei confronti delle quali i poliziotti della questura di Torino hanno dato esecuzione alle misure cautelari emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale torinese. Si tratta di venti custodie cautelari in carcere, sei arresti domiciliari e due obblighi di dimora, emesse per diversi reati: associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, plurime cessioni di ingenti quantitativi di droga (hashish, marijuana e cocaina), violazione della normativa in materia di armi, riciclaggio, reimpiego di denaro provento delittuoso, rapina e ricettazione. Contestata anche l’aggravante del numero di persone superiori a dieci e della disponibilità di armi.
Al vertice del gruppo, secondo gli investigatori, c’è il 43enne boss Vittorio Raso, arrestato lo scorso 22 giugno nei dintorni di Barcellona dopo un periodo di latitanza. Gli agenti di polizia nel corso dell’indagine hanno sequestrati circa 800 chili di droga di vari tipi, due pistole, tre fucili, 12 chili di esplosivo, centinaia di munizioni e un milione di euro in banconote di vario taglio.
L’attività investigativa che ha portato a questi risultati è iniziata nell’ottobre 2019, subito dopo la dichiarazione di latitanza di quello che, in seguito, si è rivelato il boss del gruppo criminale. L’uomo agiva in Spagna, dove acquistava e rivendeva ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, rifornendo i mercati di numerose città italiane. Durante la sua latitanza il boss ha organizzato la sua associazione criminale, utilizzandola per distribuire in Italia la droga acquistata in Spagna. Gli investigatori della Squadra mobile di Torino hanno quantificato il presunto volume d’affari dell’organizzazione in diversi milioni di euro, accertando che questo denaro veniva poi fatto circolare attraverso il metodo “Hawala” (sistema di trasferimento informale, basato sulla fiducia e sull’onore dei soggetti incaricati al trasferimento del denaro). “Hawala” è una sorta di sistema bancario sommerso già collegato in passato a sistemi di riciclaggio e finanziamento di sospette reti terroristiche.
Il gruppo aveva anche la disponibilità di numerose strutture immobiliari utilizzate come magazzini, mezzi di trasporto dotati di doppio fondo con accesso elettronico, nonché telefoni cellulari criptati acquistati all’estero.
Lo scorso 22 giugno anche il leader dell’associazione criminale è stato arrestato in Spagna in virtù di alcuni mandati di arresto europei, e sono attualmente in corso le procedure per l’estradizione nel nostro Paese.
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