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La riflessione

«Sull’eutanasia legale bocciatura ingiustificata»

A distanza di due settimane dalla bocciatura sull’ammissibilità del referendum per l’eutanasia legale sono state rese note le motivazioni della Consulta: secondo i giudici si sarebbe di fatto lega…

Pubblicato il: 12/07/2022 – 10:48
di Giusy Raffaele
«Sull’eutanasia legale bocciatura ingiustificata»

A distanza di due settimane dalla bocciatura sull’ammissibilità del referendum per l’eutanasia legale sono state rese note le motivazioni della Consulta: secondo i giudici si sarebbe di fatto legalizzato l’omicidio del consenziente e privato la vita «della tutela minima richiesta dalla Costituzione».
È questo perché il quesito sottoposto a referendum, abrogando frammenti lessicali dell’articolo 579 del codice penale avrebbe reso penalmente lecita l’uccisione di una persona con il consenso della stessa al di fuori dei tre casi di “consenso invalido” previsti dal terzo comma dello stesso articolo 579, cioè quando è prestato da minori di 18 anni, da persone inferme di mente o affette da deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di alcool o stupefacenti, oppure quando è estorto con violenza, minaccia o suggestione o carpito con inganno.
In questo modo si sarebbe stata sancita, al contrario di quanto attualmente avviene, «la piena disponibilità della vita da parte di chiunque sia in grado di prestare un valido consenso alla propria morte, senza alcun riferimento limitativo». Sempre secondo la Consulta l’approvazione del referendum, infatti, avrebbe reso lecito l’omicidio di chi vi abbia validamente consentito, a prescindere dai motivi per i quali il consenso è prestato, dalle forme in cui è espresso, dalla qualità dell’autore del fatto e dai modi in cui la morte è provocata.
La liceità, insomma, sarebbe andata ben al di là dei casi nei quali la fine della vita è voluta dal consenziente prigioniero del suo corpo a causa di malattia irreversibile, di dolori e di condizioni psicofisiche non più tollerabili. La Corte ha rilevato che l’incriminazione dell’omicidio del consenziente, al di là della logica “statalista” in cui è stata pensata, risponde, nel mutato quadro costituzionale, allo scopo di proteggere il diritto alla vita, soprattutto – ma non soltanto – delle persone più deboli e vulnerabili di fronte a scelte estreme, collegate a situazioni, magari solo momentanee, di difficoltà e sofferenza, o anche soltanto non sufficientemente meditate. Questa tutela minima non sarebbe stata garantita dalla punibilità nei tre casi di consenso invalido.
Le situazioni di vulnerabilità e debolezza non si esauriscono nella minore età, infermità di mente e deficienza psichica, ma possono connettersi, oltre che alle condizioni di salute, a fattori di varia natura (affettivi, familiari, sociali o economici), e d’altra parte «l’esigenza di tutela della vita umana contro la collaborazione da parte di terzi a scelte autodistruttive, che possono risultare, comunque sia, non adeguatamente ponderate, va oltre la stessa categoria dei soggetti vulnerabili».
Naturalmente non si sono fatte attendere le dichiarazioni dei promotori del referendum, Marco Cappato e Filomena Gallo secondo i quali «le motivazioni pubblicate dalla Corte costituzionale per la dichiarazione di inammissibilità del referendum confermano una scelta pienamente politica che va contro la Costituzione». «L’articolo 75 della Carta costituzionale indica in modo tassativo le materie escluse dalla possibilità di referendum, e il fine vita non è nemmeno indirettamente una di esse. Con questa decisione, la Corte assesta un ulteriore illegittimo colpo al diritto costituzionale del popolo sovrano di poter ricorrere con successo all’istituto del referendum». «Per dichiarare inammissibile il referendum, la Corte ha anticipato in sede di ammissibilità un giudizio astratto di legittimità costituzionale della normativa, non solo errato in molti passaggi, ma anche non previsto dalla procedura costituzionale referendarie», hanno proseguito Gallo e Cappato. La Corte ritiene che l’articolo 579 sia una norma penale costituzionalmente necessaria nonostante sia stata applicata in rarissimi casi rispetto ai tantissimi casi di persone che ogni giorno affrontano gravi malattie e sofferenze.  
«La Corte accusando i promotori del referendum di provocare la liberalizzazione dell’omicidio del consenziente anche in situazioni di fragilità familiare, finanziaria, sociale o affettiva o addirittura al mero taedium vitae è incorsa nel medesimo errore del Presidente Amato nel richiamare l’esempio del ragazzo ubriaco. La giurisprudenza è chiara sul punto: tutte queste fragilità sono sempre ricondotte al concetto di deficienza psichica in quanto determinano disagi psicologici che sono sempre tutelati ai sensi del comma 3 dell’articolo 579 del codice penale. In altre parole: non è la situazione familiare in sé a determinare un’eventuale richiesta di morte bensì il malessere psichico che tale situazione provoca nella persona. Ed il malessere psichico è indiscutibilmente protetto dal comma 3 che rimaneva intatto a garanzia delle persone vulnerabili e del bene vita in generale».
Nelle motivazioni non sono infatti incluse due questioni sollevate dal presidente Amato: il titolo della campagna politica “Eutanasia legale” che non aveva alcun rilievo ai fini del giudizio di ammissibilità, essendo il titolo del referendum già stato deciso della Corte di cassazione e l’esempio portato dal Presidente sulla legalizzazione dell’omicidio della persona consenziente «che ha un po’ bevuto». Una mistificazione, come osservano giustamente dai promotori del referendum, dal momento che non era in discussione l’abrogazione del terzo comma dell’art 579, che tratta come “omicidio” volontario quello commesso contro una persona in condizioni di deficienza psichica «per abuso di sostanze alcoliche». 

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