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Da Vibo a Bologna fino a Palermo: l’ascesa dei Piscopisani nel business della droga

La ricostruzione degli affari legati allo spaccio della cocaina. Il ruolo dominante dei fratelli Fortuna. «Il lavoro grosso lo facevano in Emilia»

Pubblicato il: 13/07/2022 – 7:54
di Giorgio Curcio
Da Vibo a Bologna fino a Palermo: l’ascesa dei Piscopisani nel business della droga

VIBO VALENTIA Fin dalle fasi iniziali delle indagini, gli inquirenti avevano già capito che al centro degli affari del nuovo locale di ‘ndrangheta dei Piscopisani ci fosse il traffico di sostanze stupefacenti. Uno smercio al dettaglio di cocaina che avveniva nella provincia di Vibo Valentia, e in particolar modo su Vibo Marina e dintorni, poi su altri due canali: le città di Bologna e quella di Palermo.  

Le motivazioni di “Rimpiazzo”

Fatti ricostruiti nel corso dell’inchiesta “Rimpiazzo” coordinata dalla Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, e riportati nelle motivazioni della sentenza di condanna emessa in primo grado con il rito ordinario, lo scorso 11 aprile, nei confronti di 20 presunti vertici e componenti della cosca che ha cercato di scalzare i Mancuso da Vibo Valentia.  Si tratta – di fatto – di una struttura parallela e sovrapposta rispetto a quella di stampo più prettamente ndranghetistico ed operativa in un ambito ben più ampio, comprendendo piazze di spaccio importanti come Palermo e Bologna, così come ricostruito attraverso una vasta attività di sorveglianza e monitoraggio telefonico e ambientale.

Il traffico ingente di cocaina

L’attività investigativa che ha trovato poi riscontro in aula ha così acceso i riflettori su un traffico di numerosi quantitativi, talvolta ingenti, di sostanze stupefacenti e che nelle conversazioni telefoniche venivano “mascherati” da termini criptici e allusivi. A sostenere le tesi accusatorie, poi, anche le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Raffaele Moscato. «Per esempio – racconta il pentito – con me funzionava che mi passavano la droga ad un tot, io la vendevo in un altro tot, superiore, tutti i soldi che facevo del mio guadagno personale prendevo e me li tenevo io. I soldi invece che io dovevo darli a loro quando mi vendevano la droga ad un tot quei soldi già li mettevano da parte per la cassa dell’organizzazione, perché all’epoca non avevamo affiliati, però già servivano perché all’epoca dopo è stato arrestato Michele Fiorillo, quindi, dovevano dare conto a Michele Fiorillo di tutti i soldi, entrate ed uscite che c’erano». Il ruolo di Moscato era quello dello smercio della droga sul territorio vibonese, «Michele Fiorillo e Rosario Fiorillo si occupavano dell’acquisto dello stupefacente».

La spaccio nel Vibonese

Nel corso del processo, così come cristallizzato nelle motivazioni della sentenza, i Piscopisani spacciavano all’interno di un territorio esteso, con prospettive e ambizioni di ulteriore espansione. Per Moscato, la droga la «salivano a Bologna, la vendevano a Bologna, lo portavano a Palermo, la davano ad altre parti» mentre nel territorio vibonese ad avere rapporti diretti con i due Fiorillo e Rosario Battaglia erano «Franco La Bella, Nazareno Galati, per conto di Pulcino, Benito La Bella, Francesco Felice, detto “citolla”. Un certo Lo Schiavo». E ancora: «(…) venivano a casa mia ogni tanto che mi è servita, un paio di volte, che ero rimasto senza e per dargliela a uno spacciatore. È venuto Galati, mi ha consegnato la cocaina, io gli avevo detto “vabbè, un paio di settimana e la pago”. “No, no, non scherzare”, di qua e di là. Poi, mi ha richiamato Fiorillo e mi ha detto: “gliela devi pagare, perché è mia”. E già questo qua era un episodio di spaccio. Altre volte su Benito La Bella, Nazareno Galati e Francesco Citolla, loro più che altro la smerciavano su Vibo Valentia. Più o meno avevano anche le stesse, oltre che avevano queste comitive, che cacciavano i pezzi direttamente, avevano pure quest’altra persona, La Grotteria, che andava da loro a prendersi la cocaina, per poi, dieci grammi, venti grammi, per poi spacciarla con i suoi amici, però le modalità erano sempre le stesse».

Lo spaccio di droga a Bologna

«2006 sicuro, 2008 – 2009 con Rosario Fiorillo, poi salivamo e scendevamo da Bologna, quindi anche dopo del 2009». È lo spazio temporale indicato ancora dal pentito Moscato, riferendosi alle attività di spaccio nella città emiliana. «Io sono stato un po’ di mesi a casa di Rosario Fiorillo – ha raccontato poi – perché c’è stato un Natale del 2010 oppure del 2009 che l’avevano autorizzato solo a passare le festività a Piscopio, perché aveva la sorveglianza, poi era scaduto questo permesso e doveva riandare a Bologna e Sarino Battaglia mi ha detto: “preparati la valigia e vai con lui, perché lui non se ne voleva nemmeno salire, e statti con lui là e basta. Vi mando io lo stipendio e statevi là”».

I fratelli Fortuna

Un business, quello spaccio di droga a Bologna, curato dai fratelli Sasha e Davire Fortuna. «Cacciavano parecchi chili al mese di cocaina e la prendevano direttamente in Spagna, perché ogni tanto Davide Fortuna ci andava però, ovviamente, non mi diceva il canale diretto. All’inizio, quando invece c’ero io, l’abbiamo presa anche da un certo Salvatore D’Amico». Secondo il racconto di Moscato i Fortuna «spacciavano la cocaina. Poi scendevano a Vibo Marina e facevano la stessa identica cosa, tipo si appoggiavano a Soriano. Una volta, per questione di erba, sono andati a prendergli un dieci chili di erba a Francica e spacciavano l’erba e, poi, la stessa cosa il fumo». Anche il collaboratore Andrea Mantella indica i fratelli Fortuna quali punti di riferimento per lo spaccio di droga a Bologna. «In quel periodo storico erano in stretti contatti con l’Emilia Romagna perché c’erano i cugini su Bologna, in particolare Sacha Fortuna e Davide, e facevano la grande fornitura sulla zona dell’Emilia».

L’espansione fino a Palermo

Vibo, Bologna ma anche Palermo. Il business del locale di ‘ndrangheta dei Piscopisani era talmente forte e consolidato da estendersi fino a Palermo. Da una parte, dunque, ancora i fratelli Fortuna, Rosario Fiorillo, Rosario e Giovanni Battaglia, Nazzareno Galati, dall’altra Giovanni Rubino. Ma tra i Piscopisani c’era proprio Moscato che ha poi raccontato i dettagli in aula: «L’ultima volta si sono messi insieme anche con Sacha Fortuna su un traffico di droga che dovevamo portare a Palermo, esattamente a Bagheria, da un certo Gaetano Rubino. Quindi là la cocaina l’hanno messa insieme, sia i Battaglia – Fiorillo e sia i fratelli Fortuna. Si sono messi tutti quanti insieme, c’ero io personalmente, l’ho scesa io la cocaina là. Questo Rubino era un po’ incollante che, praticamente, divideva la cella insieme a Rosario Fiorillo all’epoca a Vibo Valentia, poi sono usciti e i rapporti sono continuati e hanno cominciato a lavorare con lo stupefacente». Incontrovertibile il coinvolgimento dei fratelli Fortuna così come di Pierluigi Sorrentino e Nazzareno Pannace che partecipa ad alcune delle conversazioni riportate nelle sentenza. Oltre che di indicate oltre che di Francesco Popillo “Longorio”, soggetto presente ad alcune significative conversazioni captate ed indicato come debitore dei fratelli Fortuna. (redazione@corrierecal.it)

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