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il processo

Il giorno di Roberto Presta. Il pentito: «Ecco dove prendevamo la droga e chi la spacciava»

L’atteso racconto del collaboratore reso in oltre otto ore di udienza dinanzi al Tribunale di Cosenza. Sollevata l’incompatibilità di un giudice

Pubblicato il: 13/07/2022 – 18:00
di Fabio Benincasa
Il giorno di Roberto Presta. Il pentito: «Ecco dove prendevamo la droga e chi la spacciava»

COSENZA Un’udienza fiume durata più di otto ore, scandita da (tante) pause, eccezioni sollevate e importanti decisioni. Dinanzi al Collegio giudicante del Tribunale di Cosenza, si è tenuto l’atteso esame del pentito Roberto Presta nell’ambito del processo scaturito dall’inchiesta Valle dell’Esaro. Il collaboratore di giustizia ha risposto alle tante domande del pm Alessandro Riello. Le dichiarazioni rilasciate da Presta negli interrogatori seguiti alla volontà di collaborare con la giustizia sono stati già anticipati dal Corriere della Calabria (leggi qui). Il collaboratore ha deciso di saltare il fosso nel dicembre del 2020 e fino a quel momento nessun membro di un gruppo egemone ai piedi del Pollino e della zona jonica del Cosentino si era mai pentito. Il fratello Antonio, Francesco Ciliberti e Costantino Scorza – in base alle indagini condotte dalla squadra mobile di Cosenza che hanno portato al rinvio a giudizio di 52 persone – erano al vertice dell’organizzazione criminale orfana di Franco Presta, recluso al regime di carcere duro. La Valle dell’Esaro, fino ai confini dell’area urbana di Cosenza, avrebbe operato attraverso una strutturata organizzazione garantendo l’arrivo di ingenti quantità di droga oltre che alla commissione di reati comuni.

Il racconto di Roberto Presta

«Mi occupo di traffico di droga da prima del 2008, poi sono stato arrestato». «Facevo parte di un’associazione più ampia insieme a mio fratello Antonio Presta, e mio nipote Giuseppe Presta». Il pentito passa subito a fornire dettagli su ruoli e protagonisti del presunto gruppo criminale. «Francesco Ciliberti ha sposato la figlia di Franco Presta e anche lui si occupava di droga. Mio fratello era al vertice del sodalizio e dava direttive sui quantitativi da acquistare e sulla vendita dello stupefacente. Il mio era un ruolo inferiore, vendevo la cocaina e la marijuana sia per il gruppo, sia da solo». Le piazze di spaccio erano molteplici: «oltre a Roggiano, spacciavamo a Tarsia, Spezzano, San Lorenzo, Terranova dove avevamo referenti di zona. La droga veniva suddivisa tra i membri del gruppo e Ciliberti e il suo braccio destro Costantino Scorza a loro volta la distribuivano ai vari spacciatori». Figura importante nel quadro descritto dal pentito è quella del “riggitano” Antonio Giannetta. «Fu Ciliberti a presentarmi il fornitore reggino, Antonio Giannetta, ed era a lui a tenere i contatti per recuperare lo stupefacente. Non so come i due si siano conosciuti». Per quanto attiene il pagamento delle partite di droga «veniva pagata in contanti, e altre volte solo in parte e dunque in più tranches». «C’erano altre persone vicine a Ciliberti e Scorza nel traffico?», chiede il Pm. «Si, anche gli zingari di Spezzano, la famiglia Abbruzzese». Il gruppo – come emerge dal racconto fornito in aula dal collaboratore collegato dal sito riservato – era particolarmente attento a comunicare attraverso smartphone. «Le comunicazioni avvenivano tramite telefono Black Berry perché le forze dell’ordine non possono rintracciarli facilmente».

Gli incontri per recuperare la droga

A rifornire il sodalizio criminale era Giannetta che «incontravamo alla cantina sociale di Tarsia, io sono andato 4 o 5 volte, altre volte sono andati altri componenti del gruppo. Non andavo mai da solo». Giannetta il “riggitano” arrivava accompagnato da «due macchine, una Audi A3 nera (guidata da un giovane di fiducia) mentre lui viaggiava a bordo di una Peugeot nera». La staffetta e l’utilizzo delle due auto avrebbe permesso di constatare prima la presenza di eventuali posti di blocco. Da Reggio Calabria a Tarsia, lungo la A2, Giannetta e soci «portavano cocaina, uno o due chili per volta». Lo stupefacente veniva abilmente nascosto «nella Audi all’interno di un cruscotto modificato». Dopo la consegna, «Giannetta incassava il denaro e andava via».

L’incompatibilità del giudice

Il racconto prosegue. Presta racconta – su richiesta del pm – i dettagli del suo arresto. «Ho visto mio fratello, in piazza, e mi disse che sarebbe arrivato Giannetta “il riggitano” a cui dovevamo dare dei soldi. Ero senza patente e sono andato all’incontro insieme a Mario Sollazzo, abbiamo preso la droga, ho pagato e sono tornato». Lungo il tragitto, i due incontrano una pattuglia di carabinieri. «Siamo stati fermati ed hanno perquisito l’auto. Hanno trovato lo stupefacente e siamo stati arrestati». La narrazione degli eventi, viene interrotta da alcuni avvocati della difesa che sollevano al Collegio un’eccezione di incompatibilità legata alla presenza nel Collegio odierno del giudice Branda «che in qualità di gip aveva posto la firma all’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei due imputati». Sollevata l’eccezione di incompatibilità, dopo una breve Camera di consiglio, il presidente Carmen Ciarcia ha accolto la richiesta della difesa: «il giudice Branda ha svolto funzioni di gip in merito alla posizione di Roberto Presta e Mario Sollazzo, nell’episodio dell’arresto del 20 maggio 2017». Dopo aver preso atto della incompatibilità, è stata disposta la sostituzione immediata del giudice (con la collega Iole Vigna) e rigettata ogni eccezione di nullità. L’udienza riprende con l’esame del pentito.

La cena a Roggiano e i contrasti con Scorza

Una sera, in un ristorante a Roggiano Gravina, Roberto Presta incontra Mario Sollazzo, Sergio Cassiano, Damiano Diodati, Cristian Ferraro, Armando Antonucci. Si parla della vendita di droga, della divisione dei compiti di gestione e il pentito «faceva da portavoce per conto del fratello». «Noi gestivamo lo spaccio a Roggiano – dice – e abbiamo deciso di prendere lo stupefacente solo da Ciliberti e non da Scorza». Emergono, nei racconti, alcune frizioni tra Presta e il braccio destro del fratello, Giuseppe. Terminata la cena e con il consenso dei commensali, Roberto Presta farà ritorno a casa per comunicare la decisione al fratello. Il pm chiede maggiori informazioni al collaboratore in merito ai soggetti, imputati nel processo, presenti alla cena. «Sollazzo vendeva la droga per il gruppo e aveva il compito di ritirare i proventi e se c’era altro da fare lo faceva sempre seguendo le direttive di mio fratello», confessa Presta. Che aggiunge: «Scorza era chiamato “peso morto”. Era il braccio destro di mio cugino Franco Presta negli anni 80». Armando Antonucci alias “il dottore”, «dava la droga e la preparava, la raddoppiava». Era «il preparatore e faceva recupero credito». Antonucci era ben visto all’interno del gruppo, e dopo l’arresto di Roberto Presta prendere il suo posto. «Con mio fratello andavano d’accordo». Il pentito poi fornisce ulteriori dettagli su altri presunti appartenenti al gruppo criminale. «Mauro Marsico vendeva per noi. Era l’autista di mio fratello e mio nipote». Il racconto si sofferma sulla figura di Marco Patitucci che «prendeva la droga da Marsico». «Non pagava sempre e una volta – precisa Presta – gli hanno incendiato la casa per questo motivo. È stato Mario Palermo, l’ho saputo perché a raccontarmelo è stato Sollazzo». Le domande del pm Riello sono tutte rivolte alla conoscenza dei vari membri della presunta organizzazione. Di tutti, o quasi, Presta ricorda e ribadisce ruolo e mansione confermando quanto già detto nel corso dei verbali resi al momento della scelta di collaborare.

Lo scontro sulle questioni preliminari

La lunga udienza odierna si è aperta con una serie di eccezioni sollevate dal collegio difensivo. L’avvocato Alessandro Diddi prende la parola e riferisce al presidente Ciarcia dell’impossibilità per lui e per i suoi colleghi di accedere alla trascrizione integrale dei verbali riferirti a Roberto Presta «per un disguido di segreteria». «Il pm ha da più di un anno i verbali – ha sostenuto il legale – senza che fossero resi disponibili ai difensori. È una violazione del diritto di difesa. Il pubblico ministero ha potuto svolgere l’esame dei testi avendo gli atti a disposizione, noi avvocati abbiamo acquisito solo quelli sintetici e l’80% sono omissati». L’avvocato Diddi «ai fini della credibilità di Presta» ha chiesto ed ottenuto l’acquisizione del registro dei colloqui investigativi «perché vogliamo capire dove e come è nata l’esigenza di intraprendere il percorso collaborativo». E infine, l’avvocato ha sollevato una ulteriore eccezione riferita alla diversa composizione del collegio giudicante. «Oggi è presente il giudice Branda e non la giudice Familiari». L’avvocato Carlo Esbardo, invece, ha sollecitato l’intervento del presidente, segnalando l’assenza in cancelleria del verbale datato 12.5.2021, richiamato nella versione sintetica depositata dal pm. Sulle questioni sollevate dai legali, il pm Alessandro Riello ha risposto chiedendo l’inammissibilità delle stesse. «Sul mancato ottenimento di copia delle trascrizioni integrali – ha sostenuto – risulta esserci un disguido di segreteria. Le trascrizioni sono state depositate e non vi è norma che possa portare alla nullità del processo». Il pubblico ministero ha chiesto inoltre il rigetto delle eccezioni sulla diversa composizione del collegio giudicante e si è riservato di verificare il deposito del verbale del 12 maggio richiamato dall’avvocato Esbardo. Il Collegio giudicante (presidente Carmen Ciarcia) dopo oltre un’ora di Camera di consiglio si è espresso sulle eccezioni. Sulla mancata conoscenza dei verbali integrali da parte della difesa, il giudice ha rigettato l’eccezione sollevata dall’avvocato Diddi. Quanto all’omissione del verbale del mese di maggio, non verrà utilizzato nel corso del procedimento. Il controesame da parte delle difese si terrà nella prossima udienza fissata a settembre 2022.

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