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«Raganello e Marmolada: due pesi e due misure»

Si spengono i riflettori sulla tragedia della Marmolada. Quell’angolo di Alpi riprende la sua vita, archiviando l’ennesimo incidente in montagna. A mille km di distanza, in mezzo ad altre montagne…

Pubblicato il: 16/07/2022 – 7:40
di Francesco Bevilacqua*
«Raganello e Marmolada: due pesi e due misure»

Si spengono i riflettori sulla tragedia della Marmolada. Quell’angolo di Alpi riprende la sua vita, archiviando l’ennesimo incidente in montagna. A mille km di distanza, in mezzo ad altre montagne, quelle del Pollino, invece, dopo quattro anni, non è stata ancora archiviata l’analoga tragedia che ebbe per protagonista il Canyon del Raganello. E ciò nonostante due procedimenti penali riguardanti quei fatti si siano conclusi con la piena assoluzione degli imputati, ed il terzo si avvii al medesimo epilogo. E nonostante alla giovane guida di Cerchiara, Antonio de Rasis, morta nelle gole quel drammatico giorno sia stata assegnata la medaglia d’oro al valor civile dalla Presidenza della Repubblica. E allora qualche considerazione sulle differenti sorti delle due vicende andrà pur fatta. 

All’indomani della tragedia della Marmolada (03 luglio 2022, crollo di seracchi di ghiaccio sulla via normale, 11 morti), tutti già “sapevano” che non vi erano colpevoli. “Evento imprevedibile” hanno sentenziato all’unisono il Procuratore della Repubblica di Trento prima ancora di concludere l’inchiesta, le autorità locali, i giornalisti, gli esperti. Fra questi ultimi le guide alpine professioniste, che, con un breve comunicato si sono autoassolte, visto che, come abbiamo appreso dai giornali, fra le vittime del crollo del ghiacciaio vi era anche una guida alpina patentata con i suoi clienti. Nel comunicato, che si può leggere sulla pagina Facebook “Guide Alpine Italiane”, le guide scrivono, fra l’altro che nessuno poteva sospettare un crollo di quella portata e che non è giusto abbandonare, per questo, le attività alpinistiche in montagna. Il presupposto della posizione delle guide è corretto: distacchi di blocchi di ghiaccio, scariche di pietre, valanghe, crolli e quant’altro fanno parte del rischio insito nell’attività alpinistica ed escursionistica, fatte salve, ovviamente le regole di prudenza. Ma quel che si nota nella reazione locale al disastro, è come tutte le autorità e le comunità della Marmolada – nessuna esclusa – si siano mosse compatte per allontanare da esse stesse anche solo il sospetto che vi fosse una qualche responsabilità umana. E, soprattutto, per non compromettere quella “reputazione” dei luoghi che tanta parte ha nella fiorente economia, non solo turistica, delle Alpi. 

Prese di posizione e comportamenti di tutt’altro tenore, invece, all’indomani dell’analoga tragedia del Raganello in Calabria (20 agosto 2018, piena improvvisa nelle gole, 10 morti), quando un gruppo di torrentisti (ossia di persone che risalivano l’ultimo, facile tratto a valle del canyon omonimo a Civita, senza dover compiere arrampicate e/o calate con corde e imbraghi) fu travolto da una piena senza precedenti causata da una bomba d’acqua caduta in un comune molto più a monte, S. Lorenzo Bellizzi. Il Procuratore della Repubblica di Castrovillari, con una tempestività uguale e contraria a quella del suo omologo di Trento, sentenziò immediatamente che erano responsabili tutti (sindaci, organizzatori dei tour, guide turistiche), pose sotto sequestro penale le gole (sequestro che, inspiegabilmente, continua tutt’ora senza che, a distanza di quattro anni, ve ne sia alcuna ragione), mandò a giudizio tutti. Si produsse una spaccatura drammatica nell’opinione pubblica locale. Ma la cosa più paradossale è ciò che dichiararono, all’indomani della tragedia, quelle stesse guide alpine professioniste che oggi, sulla Marmolada, giustificano tutto e tutti. Il 23 agosto del 2018, solo tre giorni dopo la tragedia del Raganello, sul sito Internet “guidealpine.it” comparve un comunicato delle guide alpine di segno esattamente opposto a quello per la Marmolada. In quell’occasione, le guide alpine, senza nemmeno conoscere i luoghi, puntarono il dito contro coloro che conducevano le comitive nelle gole sol perché non avevano il loro patentino e si presero la briga di depositare un apposito esposto alla Procura della Repubblica di Castrovillari, poi clamorosamente sbugiardato in uno dei processi già conclusisi con l’assoluzione delle guide del Raganello. Risultato: cancellato dalla carta geografica un “attrattore” naturale come il Raganello (per quanto maltrattato da frotte di turisti fai da te che, in buona parte, lo scambiavano per un acqua park), catalizzatore di economie locali, piccole iniziative imprenditoriali, occasioni per molti giovani dei paesi attorno ad esso gravitanti per restare in Calabria piuttosto che partire.

In conclusione, possiamo così sintetizzare la lezione di questa curiosa discrepanza fra le due vicende. Primo: in entrambi i casi si trattò di eventi naturali imprevedibili: crollo del ghiacciaio in un caso, piena improvvisa ed inavvertita dall’altro. Secondo: ogni catastrofe naturale va prima analizzata attentamente e poi giudicata. Terzo: un po’ di coerenza non guasterebbe in chi esprime giudizi. Quarto: quando si hanno “conflitti di interesse” sarebbe meglio tacere (il riferimento è alle guide alpine). Quinto: gli alpinisti già riprendono a salire la via normale della Marmolada, i torrentisti, a distanza di quattro anni, non possono ancora frequentare le Gole del Raganello. Morale della “favola”: la vicenda chiama in causa, per l’ennesima volta, l’immaturità, l’assenza di spirito critico, la mancanza di coesione sociale di noi meridionali.

*Avvocato e scrittore

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