PAOLA La meta è il Santuario di Paola, sul Tirreno cosentino. Luogo di fede e religiosità molto importante per tutto il Sud, e soprattutto per la Calabria, visto che San Francesco di Paola è il patrono della regione, oltre che della gente di mare. Ma il “cammino” parte da lontano. In realtà sono due i percorsi: “La via del giovane”, che inizia a San Marco Argentano, dove il Santo si formò spiritualmente, per passare attraverso Cerzeto e lambire Fuscaldo, dove nacque Vienna, la mamma del taumaturgo; poi c’è “la via dell’eremita”, che attraversa altri luoghi visitati dal Santo, partendo dal convento di Paterno, che fu la “casa” preferita da San Francesco e dove a lungo soggiornò, attraverso Cerisano e San Fili. Entrambi hanno una durata di tre giorni e terminano al Santuario di Paola.
L’Agi incontra i pellegrini-turisti a Laghicello, frazione di San Benedetto Ullano, sui monti dell’appennino paolano. Si tratta di una ventina di persone di varia età. Si percorre la terza tappa del primo percorso. Si tratta di 18 km tra sentieri, laghi, ruscelli e faggete, passando per la cima dell’appennino, Cozzo Cervello, a circa 1400 metri sul livello del mare. Fa da guida Alessandro Mantuano, che ha fondato l’associazione, “Il Cammino di San Francesco di Paola”, che periodicamente accompagna turisti e fedeli in questi “cammini”.
«Noi facciamo questo percorso tutto l’anno, ma da aprile a ottobre è più semplice e bello e organizziamo anche l’ospitalità, abbiamo convenzioni con i luoghi dove dormire e mangiare – dice Alessandro – perché questo cammino ha diverse anime, sia quella naturalistica e paesaggistica, visto che si attraversano meravigliose e rigogliose faggete, sia quella spirituale, molto forte, perché si percorrono i luoghi di San Francesco e si incontrano anche delle statue dove fermarsi a pregare o meditare, e questo forse e’ il tema principale».
Ognuno vive il “cammino” a modo suo. Si comincia la salita, piano piano, parlando con i compagni di viaggio, scherzando e respirando l’aria buona delle vette dell’appennino paolano. «Volendo, si può anche venire da soli – dice ancora Alessandro – perché ci sono le pietre miliari e i cartelli ed è difficile perdersi. E ogni pietra miliare ti dice quanto dista il Santuario e la direzione da seguire, e ha anche un’immagine di una fase della vita di San Francesco, che poi possiamo trovare anche sulla nostra App, spiegata con una dettagliata descrizione, per aiutare la meditazione. E la App ti dice anche dove sei in tempo reale, oltre a darti tante altre indicazioni sul percorso». Tecnologia, dunque, che aiuta i pellegrini.
La prima sosta è alla fontana vicino al laghetto che si trova in quota, il “Laghicello” cosiddetto. Rifornimento d’acqua fresca e qualche foto agli anfibi che si trovano solo in pochi luoghi sull’appennino paolano. «Sono i tritoni alpestri della sottospecie “inaspettato” – spiega ancora la nostra guida – scoperti negli anni 80 da uno studioso francese”. Sembrano pesciolini scuri, ma hanno le zampette! Ce ne sono tanti, in acqua e a riva. E poi si prosegue la salita. Stavolta l’attenzione del cronista è attirata dai “cordoni di San Francesco” che fanno bella mostra sugli zaini di alcuni ragazzi. «Siamo quattro fratini, in discernimento vocazionale al Santuario di Paola – dicono – e abbiamo intrapreso questo percorso alla conclusione di due anni di postulantato, e siamo qui per camminare con San Francesco, seguendo i suoi passi, sui sentieri che ha percorso, per arrivare a Paola, al Santuario, più carichi di prima. È una grande grazia per noi poter fare questo percorso che ha messo San Francesco nell’atteggiamento di “ascolto” del Signore, meditando sul creato». Parole che giungono inaspettate e che invitano ancora di più alla meditazione, osservando, da una radura, un panorama mozzafiato, che mostra la Valle del Crati e anche, in lontananza, la Sila e la città di Cosenza ai suoi piedi.
Ad un bivio, una piccola deviazione per fare una “variante panoramica”, che porterà su Monte Palazzello, a circa 1350 metri, da dove la vista è ancora più straordinaria: si apre sul Tirreno, fino alle isole Eolie, e anche sullo ionio, fino al massiccio del Pollino, a nord. E qui ci sono delle suggestive sagome di acciaio, a grandezza naturale. Una è quella di San Francesco, rappresentato giovane, in cammino, seguito da alcuni pellegrini che, come lui, si sono posti in marcia. Anche questo è un luogo di meditazione. E c’è l’occasione per fare belle foto. Il percorso poi riprende per raggiungere Cozzo Cervello, la vetta più alta, passando sotto i numerosi ripetitori di radio e tv e dei telefoni. E poi giù per una vasta faggeta. «Sono luoghi in cui io venivo da piccolo, come boy scout – dice un altro “camminatore” – ed è bellissimo vedere come si siano conservati intatti». Sorpassa la comitiva un ciclista in mountain bike. Comincia la discesa verso il Santuario. Ma non si è neanche a meta’ del nostro percorso. Ci sono più di mille metri di dislivello da colmare. È l’ora della pausa pranzo. Panini e acqua, compare qualche succo, una birra e un po’ di frutta. Niente di più. Non si lasciano rifiuti, assolutamente no: tutto in una busta che si porta dietro fino al primo cassonetto. E di nuovo in marcia.
«Un’esperienza inaspettata, piena di sorprese piacevolissime, con persone che non avrei mai pensato di incontrare – dice una signora arrivata da Reggio Calabria – e ho sentito l’affetto delle persone quando ci siamo fermati per dormire, mi ha molto colpito il rapporto umano, come non ce ne sono più, ora siamo chiusi molto nel nostro egoismo. Qui ho ritrovato l’umanità». Si arriva ad un altro bivio. C’è una grande statua di San Francesco. E’ un’altra occasione per fermarsi per qualche minuto. Per pregare, meditare, chiacchierare se si vuole. Ognuno, appunto, vive questo percorso a modo suo. Si apre una radura, più a valle. Si intravvede, tra i faggi, di nuovo il mare. E la città di Paola in basso. Ma la discesa è ancora lunga. Si guadano piccoli ruscelli, si attraversano strade sterrate tracciate dagli operai forestali. E si arriva al torrente che poi attraversa l’area del Santuario. Via le scarpe e tutti nell’acqua, a rinfrescarsi! Il sollievo dell’acqua gelida dà la forza per l’ultimo tratto. Ancora qualche chilometro, ed ecco il Santuario, visto da una prospettiva insolita, di spalle. Il percorso lambisce le vecchie mura di cinta. Poi ecco l’ingresso del piazzale. Si prende fiato prima dell’ultimo atto: la consegna del “testimonium”, la pergamena che certifica il compimento del pellegrinaggio. Arriva anche la benedizione ufficiale di un sacerdote. Se si vuole, una breve visita ai luoghi del Santo, nel convento. Poi tutti liberi. Ma non senza una foto di gruppo. Ognuno dei partecipanti ora conserva qualcosa di questo “cammino” che lascia dentro qualcosa di personale. La sensazione è semplice: stanchi ma appagati e, comunque sia, certi di aver speso davvero bene la giornata. (Agi)
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