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Guerra dell’acqua, il futuro della Calabria all’ultima goccia

I cambiamenti climatici mettono a dura prova la gestione delle risorse idriche calabresi. Perdite e limiti strutturali pesano come macigni. Ascioti: «Spreco non più tollerabile»

Pubblicato il: 17/07/2022 – 7:00
di Roberto De Santo
Guerra dell’acqua, il futuro della Calabria all’ultima goccia

REGGIO CALABRIA La guerra dell’acqua diventerà sempre più attuale in un quadro complessivo che vede l’Italia e il Mezzogiorno al centro di repentini cambiamenti climatici. Che mutano la capacità di accumulo della preziosa risorsa idrica, riducendone progressivamente la portata. E gli effetti di quei mutamenti si possono percepire già nel quotidiano. Con minori precipitazioni medie atmosferiche durante il corso dell’anno ed un aumento generalizzato delle temperature.
Asimmetrie, entrambe, che hanno effetti immediati e dirompenti sul ciclo di generazione delle acque, con una progressiva riduzione della produzione. Un quadro che non risparmia neanche la Calabria che sconta tra l’altro una cronica deficienza delle infrastrutture. Su tutti una rete idrica “colabrodo” soprattutto nei centri cittadini che lascia disperdere nell’ambiente il preziosissimo liquido.
Un combinato disposto capace di creare effetti paradossali in una regione ancora ricca di acqua nel sottosuolo e che, se non si correrà immediatamente ai rimedi, potrebbe generare una seria ipoteca sul futuro prossimo della regione.
Fondamentale per centrare questo obiettivo, resta il recupero di qualsiasi finanziamento finalizzato a realizzare una rete idrica moderna all’interno di tutti i centri calabresi capace di fornire un servizio efficace ed efficiente, ma soprattutto di non perdere neppure una goccia della risorsa idrica. In tal senso si è impegnato anche recentemente il governatore Roberto Occhiuto che – replicando alle accuse – ha annunciato di volere recuperare quei 104 milioni di euro del bando Pnrr persi dalla Calabria proprio per le reti idriche calabresi. La vittoria finale della guerra dell’acqua passa anche dalla conquista di queste battaglie. Una guerra da vincere anche a favore di uno dei settori strategici per la regione: l’agroalimentare.

I dati calabresi

A fotografare il quadro complessivo della gestione dell’acqua, dei cambiamenti climatici e degli effetti sulla siccità esistono diversi studi realizzati da enti ed istituzioni: dall’Ispra, all’Arpacal, passando anche dall’Istat. È quest’ultimo che ha fatto il punto dettagliato sulla situazione in cui versa la regione sul fronte complessivo delle risorse idriche a disposizione della regione, sulle perdite d’acqua e sul calo delle precipitazioni.
Nel report dell’Istituto di statistica, emerge ad esempio che nella rete idrica di Catanzaro vengono immessi oltre 300 litri d’acqua al giorno per abitante, ma le perdite nel 2020 in città hanno sfiorato il 50%. Dallo stesso rapporto risulta che due capoluoghi calabresi come Cosenza  e Reggio Calabria hanno subito pesanti misure di restrizione delle forniture per far fronte alla mancanza d’acqua.

Nel capoluogo bruzio i giorni in cui i cittadini sono stati costretti alla riduzione del servizio sono stati 366. Un record che Cosenza detiene assieme a Trapani ed Agrigento. Mentre nella città dello Stretto sono state 77 le giornate in cui è rimasta in vigore questa limitazione.
Da qui anche il dato che emerge sul livello di insoddisfazione per l’erogazione del sevizio idrico tra le famiglie calabresi: nel 2021 quasi tre su dieci (28,9%). Ed inoltre con quasi la stessa percentuale ci si lamenta per l’irregolarità nelle forniture idriche.
Nel rapporto Istat viene anche registrato il dato sulle precipitazioni annue, che nel Capoluogo di Regione è stato pari a -416 mm nel 2020, confrontandolo nella media del periodo 2006-2015. Un dato che pone Catanzaro al secondo posto in assoluto per riduzione di piogge nella fascia presa in considerazione.
E la città risulta anche tra le 15 che segnano anomalie negative per precipitazioni rispetto al valore climatico 1971-2000. Se in media in Italia la flessione è stata pari a -91mm di pioggia nel corso dell’anno, Catanzaro ha registrato una riduzione di 262,1 mm. 
E sulla dispersione dell’acqua ci sono anche i dati dell’Osservatorio di “Cittadinanzattiva”: la Calabria nel corso del 2020 ha registrato perdite pari al 45% contro la media nazionale del 36,2%. Una dispersione di risorse che arriva alla punta massima di circa il 51% a Vibo Valentia.
I dati sulla siccità, invece – che sta interessando particolarmente quest’anno le regioni del Nord – sono contenuti nell’Osservatorio dell’Anbi sulle risorse idriche. Dall’ultima rilevazione, emerge che la crisi idrica per quanto attiene la Calabria interessa il bacino da Sant’Anna ad Isola Capo Rizzuto. Dati che indicano la peggiore performance degli ultimi 7 anni e che avrebbero ripercussioni sull’agricoltura della zona. Stando alle rilevazioni, i timori principali interessano soprattutto l’olivicoltura, ma l’innalzamento delle temperature e la riduzione di acqua influenzerebbero negativamente anche la produzione di fiori e di frutti: la media di perdita oscillerebbe dal 10% medio regionale ad oltre il 60% della costa jonica calabrese.
Numeri e dati che restituiscono un quadro dello stato complessivo della regione sottoposta ad uno stress climatico e ambientale che ne riduce le potenzialità di sviluppo. Facendo comprendere quanto sia importante garantire una corretta gestione della risorsa idrica regionale.

Ascioti: «Non più tollerabile la situazione di spreco attuale»

Le prospettive sono allarmanti, per questo occorrerà intervenire in Calabria con misure immediate. È questo in sintesi il pensiero di Fortunato Alfredo Ascioti, ecologo, consulente ambientale, collaboratore scientifico del dipartimento di Agraria Università Mediterranea di Reggio Calabria. Il ricercatore con una lunga esperienza sul campo e un grosso background in materia di salvaguardia e gestione dei sistemi ambientali, sulla gestione dell’acqua denuncia: «non è più sostenibile la situazione di spreco attuale, abbiamo un vantaggio comparato rispetto ad altre regioni in termini di risorse idriche (e non solo) che non dobbiamo perdere». E sulle misure da mettere in piedi con il Pnrr e le altre fonti di finanziamento sottolinea, «non è questione di somme a disposizione, ma di bontà degli interventi da mettere a terra».

Fortunato Alfredo Ascioti, ecologo, consulente ambientale, collaboratore scientifico del dipartimento di Agraria Università Mediterranea di Reggio Calabria

Da tempo ormai si assiste ad una riduzione drastica delle risorse idriche. Quest’anno sembra essere più preoccupante. Qual è la situazione in Calabria?
«Sì, il cambiamento climatico in atto, di ormai acclarata origine antropica crea le condizioni per una planetaria tendenza ad estati sempre più siccitose anche alle medie latitudini. Di anno in anno, dunque, la situazione non potrà che andare a peggiorare. Già le analisi del Snpa (Sistema nazionale protezione ambiente) – Centro Funzionale Multi-rischi Arpacal indicavano fin dal 2017 una tendenza all’incremento del rischio siccità in Calabria, anche se non in modo uniforme su tutta la regione. A tutt’oggi, almeno a quanto dicono i rilevamenti delle organizzazioni di categoria la situazione si presenta, anche se non allarmante, comunque preoccupante per l’impatto sull’agricoltura. Nelle città della regione la situazione non è molto diversa dagli altri anni, dato che qui le carenze strutturali dei sistemi di distribuzione idrica e gli abusi da parte dei cittadini sono ataviche. Le prospettive, visto i lavori scientifici, sono però allarmanti».

A fronte di questa situazione che non può più definirsi eccezionale, cosa è possibile fare per garantire un apporto sufficiente di acqua alla rete idrica calabrese?
«La Calabria è stata da sempre ricchissima di acque sorgive, di falde, di bacini, di pozzi, fontane, lavatoi. L’acqua qui è sempre stata abbondante, anche fin troppo quando le piogge autunnali inondano torrenti, fiumare, campagne e strade di un turbinio irregolare e furioso di acque irrefrenabili. Così, non essendo rara, questa risorsa la si è sempre utilizzata senza farsi troppi problemi. Oggi diremmo che la si è sempre abbondantemente sprecata. Benché queste caratteristiche climatiche abbiano da sempre garantito l’abbondanza di acqua, e questo abbia consentito di risentire finora molto meno di altre regioni d’Italia del problema della crescente siccità, il quadro generale climatico è ormai cambiato. Se, per così dire, abbiamo finora vissuto di rendita, ora è tempo di pensare a tempi di magra e prendere provvedimenti prima di incorrere in vere e proprie emergenze. La razionalizzazione dell’intero comparto della captazione e dell’accumulo (lo storage) delle acque piovane, della salvaguardia e della lotta allo spreco delle acque calabresi richiede un piano di intervento regionale che dovrebbe rientrare nel piano di contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici, per il quale esistono diverse fonti di finanziamento nazionale ed europeo».

Fonte: Ispra

Alla siccità, si somma anche una storica carenza di infrastrutture dell’intero sistema. Quali dovrebbero essere le priorità per la Calabria?
«Un puntuale censimento, la revisione ed il rifacimento di intere reti idriche sono priorità non più rimandabili, perché, come detto, è finito il tempo “delle vacche grasse”. Occorre inoltre prevedere, per i fabbricati di nuova costruzione, ed incentivare la messa in opera ove possibile per quelli già esistenti, sistemi di raccolta e storage delle acque piovane e, nelle singole abitazioni, di riciclo delle acque già altrimenti usate per l’utilizzo nei sistemi igienico-sanitari dell’abitazione stessa (è assurdo che si usi acqua potabile pulita negli sciacquoni!)».

Una rottura della conduttura idrica a Vibo. Tra le tante che si registrano nelle città calabresi

Le perdite d’acqua restano il tallone d’Achille della rete idrica calabrese, le somme del Pnrr ritiene siano sufficienti ad affrontare il problema?
«Non è più sostenibile la situazione di spreco attuale, abbiamo un vantaggio comparato rispetto ad altre regioni in termini di risorse idriche (e non solo) che non dobbiamo perdere. Non si tratta di quanto siano sufficienti le risorse del Pnrr ma di come si andranno a spendere, su che tipo di progetti, con quali finalità e senza sperperarle. Altrimenti nessuna somma di denaro sarà mai sufficiente. Lo sappiamo già per averlo sperimentato con le ingenti risorse impiegate nei decenni della Cassa per il Mezzogiorno, che non mi pare abbiano risolto definitivamente problemi atavici, anzi spesso pare abbiano creato vere cattedrali nel deserto ed in alcuni casi, aggravati i problemi che avrebbero dovuto risolvere. Se fossero stati ben spesi tutti quei soldi, oggi non staremmo qui a discutere ancora di crisi idrica in Calabria; potremmo forse perfino stare ad esportare acqua nelle regioni limitrofe che ne hanno più bisogno».

I consorzi di bonifica sono chiamati ad assicurare il giusto supporto all’agricoltura calabrese

Tra i settori che maggiormente risentono della siccità certamente c’è l’agricoltura. Il sistema dei consorzi di bonifica calabresi riesce a sopperire a questa situazione?
«I dati per l’agricoltura calabra sono veramente allarmanti e le prospettive potrebbero essere veramente gravi specialmente per settori importanti come l’olivicoltura e la viticoltura. I Consorzi di Bonifica (CdB) non sono tutti in grado di sopperire, o come dovrebbero, ad essere proattivi in questa situazione. Ad esempio, non tutti i CdB sono dotati di contatori del flusso di acqua fornito agli utenti, così i consumi vengono spesso pagati in modo forfettario non corrispondente all’effettivo uso della risorsa idrica. Inoltre, spesso molti sono gli utenti inadempienti, ed i controlli sui consumi effettivi e la riscossione coatta, sono inesistenti».

E cosa fare per migliorare il servizio dei consorzi?
«Questi enti potrebbero e dovrebbero essere di importanza fondamentale proprio nei più moderni termini dell’economia ecologica e sostenibile e delle Soluzioni basate sulla natura (Sbn o Nbs, Nature based solutions) che oggigiorno sono il tema principale della politica “green” comunitaria ed internazionale (la bibliografia sull’argomento è gigantesca). I CdB si possono considerare come dei fornitori di Servizi ecosistemici che si fanno pagare secondo uno schema oggi noto come Pes (Payment for ecosystem services) ante litteram. Cioè senza averlo originariamente (consciamente) concepito sono enti da considerare oggi all’avanguardia. Credo però che ben pochi o forse nessuno dei responsabili di questi enti, abbiano contezza del valore potenziale della loro struttura, in questa visione più attuale. Bisognerebbe modernizzarli e per così dire “ecologizzarli”, così avrebbero un nuovo-vecchio ruolo ed un gran rilancio come enti di gestione sostenibile del territorio e delle sue risorse».

Le frane sono tra gli effetti più immediati di una non corretta gestione dell’acqua

La strada della dichiarazione dello stato di emergenza è da sempre quella intrapresa in queste situazioni. È uno strumento sufficiente?
«Assolutamente no, passare da uno stato di emergenza ad un altro è una idiozia tipicamente italiana che credo possa solo servire ad arricchire i pochi soliti speculatori e politici corrotti. Una programmazione e pianificazione integrata è indispensabile per minimizzare i rischi. Non basta, anche se è necessario, quantificarli, e ciò sia per le risorse ed i fenomeni idrico-climatici come per ogni altro tipo di rischio di origine naturale o antropica che sia. Abbiamo abbastanza chiara la situazione delle risorse idriche in Calabria, mancano solo pochi tasselli al puzzle, stabiliti questi, una azione ben progettata e programmata è possibile grazie ad intelligenze e competenze ampiamente presenti nelle università e negli enti di ricerca e monitoraggio della regione (senza chiamare in Regione fantomatiche società di consulenza da chissà dove)».

E la Regione quale strategia dovrebbe adottare per riuscire ad affrontare in maniera definitiva la crisi idrica che investe le città e che per questo penalizza un settore nevralgico come il turismo?
«La Regione Calabria dovrebbe mettere mano ad un piano integrato delle acque nel quale, come già detto, far convergere tutte le competenze già presenti sul territorio scardinando gelosie e incancrenite modalità localistiche e clientelari che oggi dominano enti pubblici. Strutture queste ultime che non dialogano tra loro e non si adeguano a modelli avanzati di monitoraggio e gestione del territorio. Occorre partire dal concetto che è la buona gestione dell’intero territorio della regione a garantire l’approvvigionamento idrico e che non basta una visione ingegneristica classica, o “grey”, bisogna avere lo sguardo ampio e guardare a scala di bacini idrografici, di coperture arboree (evitando che brucino), di strutture del suolo e del sottosuolo in una visione ingegneristica ambientale e naturalistica, “green”, per l’appunto. L’Autorità Idrica della Regione e la società Sorical-SpA, ora sotto l’egida della nuova Authority voluta dal presidente Occhiuto, dovrebbero coordinarsi di più con gli altri enti territoriali, quelli di monitoraggio – come Arpacal, il Cnr, le Università – e quelli che operano su scala subregionali, come sono proprio i CdB. Inoltre, disposizioni legislative ed incentivi alle soluzioni diffuse sul territorio andrebbero pensate ed attuate. Infine, occorre assolutamente ridurre perdite, sprechi ed abusi che sono diffusissimi su tutto il territorio regionale. Insomma, una visione realmente e non solo nominalmente, incentrata sul ciclo integrato delle acque. Si dice che la prossima guerra verrà combattuta per l’acqua, tanta sarà la scarsità della stessa. Forse la Calabria potrebbe, se saprà far tesoro delle sue “ricchezze”, tra le quali proprio l’abbondanza di acqua dolce, essere una regione privilegiata. Ma dipenderà da quanto cittadini, politici ed amministratori della cosa pubblica sapranno essere lungimiranti. Se Dio si distrasse nel mentre faceva ricca la nostra stupenda regione ed il demonio ne approfittò per popolare questa terra di tante iatture, che noi,  i suoi abitanti, si possa esser capaci di esorcizzare questa maledizione, altrimenti saremo destinati al fallimento e all’emigrazione come sinora abbiamo fatto ed inesorabilmente declineremo diventando una regione spopolata ed arida». (r.desanto@corrierecal.it)

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