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Falsi diplomi e lauree, chiusa l’inchiesta “Lucignolo”: 10 indagati

Documenti sfornati dal centro di formazione “Unimorfe”. Il diplomificio milionario messo in piedi da Annamaria Mangiola e le figlie

Pubblicato il: 21/07/2022 – 13:54
Falsi diplomi e lauree, chiusa l’inchiesta “Lucignolo”: 10 indagati

REGGIO CALABRIA La Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha chiuso le indagini dell’inchiesta “Lucignolo” sui diplomi falsi sfornati dal centro di formazione “Unimorfe”. L’avviso è stato notificato ai 10 indagati, buona parte dei quali lo scorso aprile sono stati colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Karin Catalano su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e del sostituto Paolo Petrolo.
Nelle prossime settimane, i pm potrebbero chiedere il rinvio a giudizio per gli indagati accusati di associazione a delinquere. Stando alle indagini della Guardia di finanza, l’inchiesta ha svelato un vero e proprio «mercato del falso attivo su tutto il territorio nazionale e nei settori più disparati della formazione», una sorta di diplomificio che sarebbe stato messo in piedi da Annamaria Mangiola e dalle due figlie Maria Saveria Modafferi detta “Mary” e Fortunata Giada Modafferi detta “Nella”.
Per l’accusa le tre donne avrebbero truffato centinaia di persone con corsi di formazione falsamente convenzionati con il Miur. Ad alcuni indagati, inoltre, la Procura contesta anche i reati di truffa, falso, appropriazione indebita e autoriciclaggio. Attiva dal 2016, l’associazione, secondo l’accusa, aveva la sede principale a Condofuri, in provincia di Reggio Calabria, ma operava anche in altre città Roma, Milano, Terracina.
Gli indagati avrebbero accumulato proventi per milioni di euro, raggirando decine e decine di vittime. L’inchiesta è partita dalle denunce di persone truffate che avevano frequentato alcuni corsi ma i cui titoli non erano stati ritenuti validi nell’ambito di procedure valutative del personale nelle pubbliche amministrazioni. Stando agli accertamenti di Finanza e Polizia metropolitana, gli indagati erano in grado di fornire diplomi di laurea di università straniere con la relativa omologazione, ma anche diplomi di università italiane telematiche, certificati di conoscenza della lingua inglese e abilitazioni all’attività didattica. Per i pm, però, era tutto falso. Inoltre, in alcuni casi, i titoli erano rilasciati senza la frequenza di alcun corso o il superamento di alcun esame.

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