LAMEZIA TERME Il controllo del territorio, le attività estorsive e i forti legami tra famiglie, ma non solo. Nelle oltre duemila pagine che costituiscono le motivazioni della sentenza emessa al termine del troncone abbreviato del processo “Imponimento”, il giudice Francesco Rinaldi si sofferma anche su uno degli aspetti cardine dell’attività del locale di ‘ndrangheta Anello-Fruci. E cioè quello legati alle attività del narcotraffico.
Già perché le indagini svolte nel corso del procedimento, e poi come provato a processo dall’accusa, hanno consentito di far luce su un’attività portata avanti da alcune delle persone che facevano parte o che comunque gravitavano attorni alla cosca Anello-Fruci. Un meccanismo associativo diventato nel tempo vero punto di riferimento per il territorio di Curinga, Acconia di Curinga, San Pietro a Maida e Maida, giurisdizione criminale soprattutto dei fratelli Fruci, Giuseppe e Vincenzino, punti di riferimento del boss Rocco Anello, e condannati entrambi a 20 anni di carcere.
Al centro del business le coltivazioni di marijuana, realizzate proprio sotto al controllo dei due fratelli Fruci. Una delle quali – composta da 2.460 piante – è stata poi sequestrata il 21 giugno del 2016, in località Casapiena di Curinga, anche grazie alla segnalazione del proprietario del terreno. Le indagini hanno poi consentito di appurare il coinvolgimento, sotto la guida attenda di Giuseppe Fruci, di Teodoro Mancari, condannato a 18 anni e 4 mesi, Francesco Antonello Trovato, 9 anni e 4 mesi, e Giuseppe Costantino, quest’ultimo tornato da qualche settimana in libertà per decisione del Tribunale di Catanzaro perché l’ordinanza del Gip che aveva disposto la misura cautelare è stata annullata dopo la decisione della Cassazione. C’è stato poi un altro sequestro effettuato qualche settimana più tardi, il 5 agosto 2016, questa volta in località Prato di San Pietro a Maida: 539 piante già essiccate per un peso complessivo di 28 Kg, trovati all’interno di un casolare. Ad inchiodare Giuseppe Fruci è stata una conversazione intercettata tra Teodoro Mancari nel corso della quale chiedeva al proprietario del terreno, Francesco Perugino, se volesse «tenere per sé la sua parte di marijuana o se fosse interessato a cederla a Giuseppe Fruci e Francesco Notaris, dietro il pagamento della relativa quota di stupefacente».
Marijuana, ma non solo. Per l’accusa – così come riportato poi nelle motivazioni della sentenza – il coinvolgimento dei fratelli Fruci e di Mancari, insieme ad altri soggetti, è provato dall’approvvigionamento di un carico di eroina dal valore di circa 12mila euro, effettuato da Vincenzino Fruci e Teodoro Mancari a Lucera, in provincia di Foggia. Il fornitore era un tale Alfredo Papa, considerato peraltro legato alla criminalità organizzata pugliese, e avvicinatosi a Vincenzino Fruci durate un periodo di comune detenzione. Mancari era stato incaricato da Fruci a prelevare i soldi, i due poi si erano recati in Puglia il 5 novembre 2016, a bordo di un’auto presa a noleggio. La droga, invece, avrebbe raggiunto il territorio calabrese solo in un secondo momento, e attraverso il trasporto organizzato di fornitori. Nelle motivazioni della sentenza è riconosciuta la figura “trasversale” di Mancari, coinvolto in gran parte degli episodi insieme ai vertici dell’associazione rappresentati dai due fratelli Fruci, è segnalata anche la figura di Giuseppe Costantino, tanto nell’attività di coltivazione di marijuana, quanto in attività svolte «in concorso e sotto la direzione di Vincenzino Fruci». È il 22 luglio 2016 quando Costantino contatta con una certa insistenza Fruci. E, dopo numerosi giri di telefonate, decide di recarsi personalmente ad Acconia di Curinga per comunicargli «qualcosa di riservato». Solo tre giorni dopo, il 25 luglio, in località Samboni di San Pietro a Maida Costantino verrà trovato in possesso di armi e tre piante di marijuana, in una zona limitrofa ad un casolare di sua proprietà. (redazione@corrierecal.it)
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