Riceviamo e pubblichiamo
Il signor Giovanni Valentino ha appreso dalla Stampa dell’impugnazione proposta dall’Ufficio del P.M. in Sede avverso la sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare di Catanzaro che lo ha assolto dal reato ascrittogli di concorso in concussione con la formula “perché il fatto non sussiste”. A tal proposito il difensore del signor Valentino, Avv. Nunzio Raimondi, che in una precedente dichiarazione pubblica aveva comunicato che il proprio cliente avrebbe valutato i profili di dolo nella denunzia proposta, al fine di determinarsi conseguentemente, chiede che l’opinione pubblica, informata con grande evidenza di tale impugnazione quale importante evento che la riguarda (forse – al giorno d’oggi – è d’uopo ribadirlo, infatti, l’impugnazione di una parte, quantunque pubblica, è forse una sentenza?), s’interroghi su alcuni aspetti di questa vicenda che sembra opportuno evidenziare, naturalmente soltanto per completezza dell’informazione:
1)- posto che l’Ufficio di Procura di Catanzaro, a quanto è dato sapere, mantiene il dovuto riserbo sui propri atti, sarebbe interessante conoscere chi ha informato la Stampa della proposizione dell’impugnazione (atto interno al procedimento e non di pubblico dominio). Normalmente, infatti, chi parla al pubblico si qualifica e lo stesso sarebbe giusto conoscere in questo caso sebbene gli articoli di stampa apparsi sull’argomento non ne dicano.
2)- A quali finalità obbedisce l’informazione pubblica (contenuta in alcuni articoli di Stampa) che il denunziante sia persona “affidabile” per la Procura di Catanzaro, benché la sentenza di assoluzione del Valentino per un reato molto grave sia stata assunta con la formula “perché il fatto non sussiste”? La credibilità del denunziante non si esibisce in pubblico ma si dimostra nei processi e la valutano i giudici competenti.
3)- Benché tecnicamente possibile, è lecito chiedersi perché l’Ufficio del PM in Sede, che, – come è noto – è un Ufficio impersonale, ha chiesto in udienza l’assoluzione del Valentino con formula terminativa ampia ed, appena pochi giorni dopo la pubblicazione, ha prodotto appello avverso la sentenza che ha accolto le proprie stesse conclusioni? Si tratta di interrogativi ai quali daranno certamente risposta i tempi a venire perché, come si dice, “il tempo è galantuomo”.
Dopodiché occorre ribadire che l’imputato è sempre presunto non colpevole,ma quello assolto in primo grado con la formula “perché il fatto non sussiste”, se così si può dire, lo è ancora di più.
Ed ancora: le sentenze s’impugnano ma si rispettano (almeno mediaticamente), anche quelle “sgradite” e gli “atti di fede – come diceva Francesco Cossiga – sono sempre un mistero”. Lasciamolo sciogliere – questo mistero – ai Giudici di Appello, o ad altri Giudici che dovessero occuparsi della materia, perché è questa la decisione che interessa al popolo in nome del quale, non lo si dimentichi, sono emesse le sentenze.
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