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Le indagini

Il dramma della piccola Diana. L’autopsia: «È morta di stenti»

È in cella di isolamento la madre originaria di Crotone. È accusata di aver lasciato morire la figlia di appena 18 mesi

Pubblicato il: 26/07/2022 – 15:38
Il dramma della piccola Diana. L’autopsia: «È morta di stenti»

MILANO Dai primi esiti dell’autopsia sul corpo della piccola Diana, la bimba di un anno e mezzo lasciata dalla madre Alessia Pifferi per 6 giorni in casa da sola, non è emersa alcuna causa evidente della morte e, dunque, i medici, a quanto si è saputo, si sono riservati di fornire risposte più precise solo quando avranno a disposizione parametri certi dagli ulteriori accertamenti. Ossia, ci vorranno alcun settimane per una prima relazione degli esperti, nominati nell’inchiesta della Squadra mobile, coordinata dal pm di Milano Francesco De Tommasi. Sarà comunque difficile, da quanto si è appreso, individuare una causa precisa della morte avvenuta, già stando ai primi accertamenti, per stenti.

Le indagini sul biberon

Inoltre, il pm ha dato incarico alla Polizia scientifica di analizzare, con la formula dell’accertamento irripetibile, sia il contenuto del flaconcino di “EN” ritrovato nell’appartamento per verificare che si tratti davvero di benzodiazepine, sia il latte rimasto nel biberon ritrovato nel lettino a fianco di Diana per appurare se vi siano tracce del potente tranquillante. E gli investigatori dovranno individuare pure se vi sia o meno il Dna della bimba sul beccuccio del biberon. Tutte analisi che saranno effettuate nei prossimi giorni. Dalle analisi autoptiche ulteriori si potrebbe sapere quando la bimba è morta nell’arco di quei 6 giorni in cui è stata lasciata sola. Pare che il decesso sia avvenuto prima delle 24 ore antecedenti al ritrovamento del corpo.
Se venisse accertato che la madre ha fatto assumere benzodiazepine alla piccola, per stordirla e fare in modo che non piangesse, l’accusa di omicidio volontario si potrebbe addirittura aggravare riconoscendo il “dolo pieno” e la premeditazione. Ad ogni modo il procedimento, che potrebbe passare anche per consulenze psichiatriche della difesa o per un’istanza di perizia sulla capacità di intendere e di volere, è un caso classico da rito immediato (si salta l’udienza preliminare) e da processo in Corte d’Assise. Le accuse contestate possono portare alla pena dell’ergastolo.

La madre in cella di isolamento

È apparsa “frastornata”, a tratti piange e a tratti non si rende conto della situazione, Alessia Pifferi, la 36enne, originaria di Crotone, in cella da giovedì scorso con l’accusa di aver ucciso la sua figlioletta di quasi un anno e mezzo dopo averla abbandonata per sei giorni da sola in casa fino a farla morire di stenti.
A riferire di come sta la donna è chi l’ha potuta incontrare nel carcere di San Vittore dove è rinchiusa in isolamento e sorvegliata a vista sia per evitare eventuali “punizioni” da parte di altri detenuti per via di quella tacita legge che vige dietro le sbarre che non perdona chi si è accanito contro i bambini, sia per evitare che possa compiere gesti autolesionistici. Intanto continuano ad arrivare in Procura a Milano lettere via mail, soprattutto di mamme scosse per “la sofferenza” inflitta a Diana. «Non dormo la notte – ha scritto una madre – mi auguro una condanna alla pena più severa possibile».

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