REGGIO CALABRIA Quella di Fortunato Martino è la storia di una scalata imprenditoriale che, secondo la Dda di Reggio Calabria, si accompagna a legami oscuri con le più potenti cosche della città. L’uomo, tra i principali indagati nell’inchiesta Planning, che ha portato a 12 arresti, avrebbe beneficiato del sostegno prima della cosca Ficara-Latella, «in seguito della potentissima costa De Stefano». Un aiuto offerto dai vertici dai clan, per i quali Martino sarebbe diventato «punto di riferimento dell’associazione del settore economico, permettendo alle cosche il controllo mafioso nel territorio di riferimento». Per questo il gip distrettuale lo considera a tutti gli effetti «partecipe dell’associazione mafiosa». Per il pentito Maurizio De Carlo vi sarebbe un «diretto interessamento di Carmine De Stefano (uno dei vertici del clan, ndr) a favore di Martino», così come esisterebbero «dirette interlocuzioni con il candidato Paviglianiti alle elezioni comunali reggine» legate alla «piena rassicurazione da parte dell’indagato di fare da “tramite e garante” nei confronti dei De Stefano circa la persona del candidato, sponsorizzato dalla ‘ndrangheta anche nelle sue articolazioni della cosca Ficara-Latella».
Il rapporto tra imprenditore e ‘ndrangheta diventa così «biunivoco stabile, continuativo e fortemente personalizzato». Martino, in sostanza, si trasforma in «alter ego dei Ficara-Latella prima e dei De Stefano poi nel settore economico». Accanto agli aspetti legati alla rappresentazione del potere mafioso, gli inquirenti segnalano questioni pratiche, come il fatto che l’imprenditore «si sia prodigato a sostenere, come direttamente dichiarato nelle intercettazioni in atti, ad assicurare le spese legali per i detenuti». O, ancora, la sua disponibilità ad assicurare ai due clan «uno schermo societario imprenditoriale alla realizzazione e costruzione di importanti investimenti immobiliari». In una intercettazione, Martino spiega alla sorella che ha il «dovere di “corrispondere”, nonostante le difficoltà economiche e le ricadute possibili sulla sua persona derivanti dalle dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia, agli investimenti che la ‘ndrangheta ha effettuato nelle diverse operazioni imprenditoriali dallo stesso» avviate. Enrico De Rosa, uno dei pentiti che ha contribuito a illuminare la zona grigia a Reggio Calabria spiega che «il binomio Martino, inteso come Bruno e Nato Martino, erano intrinsechi alla ‘ndrangheta di Saracinello. Questo lo so per certo». De Rosa indica i legami con le due cosche (Ficara-Latella e De Stefano) e riassume in maniera colorita: «Fortunato Martino non è il primo che passeggia in mezzo alla via. È una persona che comunque sia sa il fatto suo, è una persona molto educata, sapeva come inserirsi, come fare. Loro nella zona sud erano molto legati alle cosche, la cosca Ficara, la cosca Latella, erano molto amici anche dei Labate».
Il collaboratore Giuseppe Liuzzo colloca Martino «al crocevia degli interessi imprenditoriali complessivi della ‘ndrangheta, riferendo circostanze da lui stesso conosciute direttamente in merito alla “fortuna” del Martino derivata dal suo strettissimo legame originario con la cosca Ficara-Latella e allo svolgimento di attività in società con personaggi di vertice della cosca». Quando il pm chiede se l’imprenditore sia «sponsorizzato» dalla cosca Ficara-Latella, il pentito risponde: «No, eeeee, sponsorizzato dottore. Puntorieri a Rebibbia quando sono stati proprio eravamo in cella assieme, in poche parole proprio che era uno di loro, nel senso che lui aveva interessi nella ditta di Fortunato Martino». Il testimone di giustizia Santo Custodero si riferisce a Fortunato Martino «come colui al quale non si poteva opporre resistenza (con azioni civili in giudizio per la riduzione dell’entità di una caparra da restituire) perché “coperto” dai Labate e legato alle cosche della zona sud di Reggio Calabria». «E da là lui vuole il doppio della caparra – dice Custodero – la procura, non sono andato a firmarla e, allora, lui… di venerdì, il lunedì successivo venne il Sera, molto incazzato, animosamente e mi disse “guarda che ci sono i Labate dietro a Nato Martino, che stai combinando? Vedi che ti vengono a prendere loro se non vai a firmare sta carta”. E io il giorno dopo sono andato a firmare».
Andrea Chilà, considerato un personaggio di vertice della cosca Ficara-Latella, avrebbe da tempo un ruolo «negli affari imprenditoriali e delle società di Marino». Il loro sarebbe un connubio risalente nel tempo. Liuzzo, ancora, evidenzia che «erano sempre assieme con Andrea Chilà, prima che lo arrestassero, che iniziasse la guerra. Nato, quando faceva l’autotrasportatore (…) erano sempre in combutta con Andrea Chilà, che Andrea Chilà è stato sempre uno che ha investito». Il collaboratore di giustizia definisce Chilà «uno dei pilastri della cosca Latella. Forse, oggi come oggi, lo ritengo tra le persone più serie, forse adesso è uscito, ha fatto l’ergastolo, lui più di venti anni».
È il pentito De Carlo a descrivere l’evoluzione del ruolo di Martino, «diventato soggetto fondamentale per il controllo mafioso delle attività imprenditoriali nel settore dell’edilizia anche per i vertici della cosca De Stefano». Sono due gli investimenti immobiliari che l’indagine approfondisce: il primo ad Arangea, «effettuato con imprese e manovalanza riconducibili a Chilà»; il secondo «in aree di influenza diverse dalla zona Sud di Reggio Calabria (Santa Caterina), con il beneplacito e la protezione dei De Stefano, che sostanzialmente controllavano». (p.petrasso@corrierecal.it)
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