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«Non ci sono più partiti degni di questo nome»

Un partito degno di questo nome nel nostro Paese ormai non esiste più. Se una forza politica non ha un progetto sulle grandi questioni che stanno a cuore ad una comunità organizzata, vuol dire che…

Pubblicato il: 27/07/2022 – 9:18
di Sandro Principe*
«Non ci sono più partiti degni di questo nome»

Un partito degno di questo nome nel nostro Paese ormai non esiste più. Se una forza politica non ha un progetto sulle grandi questioni che stanno a cuore ad una comunità organizzata, vuol dire che non ha un’anima, una visione, senza le quali al massimo si può essere un comitato elettorale. Si può tollerare la mancanza di una politica per l’energia, per la siccità, per la crisi demografica, per l’accoglienza, per il contrasto  alle nuove povertà, per la giustizia sociale e territoriale, per l’inclusione, per la tutela della salute, per le necessarie riforme costituzionali per restituire efficienza allo Stato e  per ripristinare l’equilibrio tra i poteri? Su queste grandi questioni non c’è, inoltre, un minimo di coesione tra i partiti e partitini del cosiddetto campo largo di centrosinistra, né tra le forze di centrodestra. L’unità da perseguire ad ogni costo, a destra come a sinistra, è ostativa della elaborazione di progetti condivisi, giacché, all’interno dei due campi, non sono d’accordo  su niente. 
Questo scenario desolante ha subìto una accelerazione negativa, almeno osservato da sinistra (vogliamo illuderci che esista, anche se non si sa cosa sia, se ha un’anima e/o un progetto per il paese). Ed, infatti, la destra, pur tra tante contraddizioni su questioni di primaria importanza, alla fine si unisce per la gestione del potere, se riesce ad evitare lo scoglio della scelta del candidato alla presidenza del consiglio. A sinistra, il Pd può accampare il merito di aver difeso sino in fondo il premier Draghi e la stabilità in un momento così delicato. Ma deve registrare l’aborto del “campo largo”, morto prima di nascere, per l’inutilizzabilità degli inaffidabili 5stelle, artefici primari della caduta di Draghi, a voler tacere dell’incomprensibile veto all’alleanza con Renzi e del protagonismo di Calenda, tentato da autolesioniste, quanto inutili, corse solitarie, se non viene accettato, più o meno integralmente, il suo programma e soddisfatte le sue ambizioni.  
La situazione è aggravata dalla mancanza di veri leader; ed invero, il leader è cosa diversa “dell’uomo solo al comando”, poiché il ruolo implica grandi capacità di visione, di elaborazione, di programmazione e di paziente confronto democratico con gli organismi del proprio partito e con le altre forze politiche. La leadership, infatti, deve significare soprattutto autorevolezza nel convincere gli altri della giustezza delle proprie idee e flessibilità nell’accogliere le valide ragioni degli altri. Speriamo bene!

*già parlamentare e assessore regionale

Sandro Principe

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