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«Il caso di Alessia Pifferi e il narcisismo femminile»

Il recente caso, drammatico e tragico, della morte della piccola Diana, lasciata per sei giorni, a 18 mesi appena, sola dalla mamma Alessia Pifferi, apre il campo a interpretazioni di sorta sulle …

Pubblicato il: 28/07/2022 – 10:43
di Mario Campanella*
«Il caso di Alessia Pifferi e il narcisismo femminile»

Il recente caso, drammatico e tragico, della morte della piccola Diana, lasciata per sei giorni, a 18 mesi appena, sola dalla mamma Alessia Pifferi, apre il campo a interpretazioni di sorta sulle possibili concatenazioni psicopatologiche.
Un’equazione inevitabile cavalcata dai legali della donna, con l’ultima messinscena della volontà di partecipare ai funerali che sarebbe stata espressa dalla madre.
Da quello che emerge è possibile che Alessia Pifferi sia una narcisista, condizione che interessa un gran numero di persone e che riguarda anche il sesso femminile.
Lo psichiatra cosentino, Gianpiero Dramisino, citando Sigmund Freud, afferma che c’è contrapposizione tra libido oggettuale e libido dell’Io: quanto più si impiega l’una tanto più si impoverisce l’altra, come se si trattasse di “vasi comunicanti”. Nella vita adulta, in situazioni di intolleranza alla frustrazione della realtà, la libido può essere reintroiettata e reinvestita sull’Io, creando uno stadio di narcisismo secondario, caratteristico o delle nevrosi narcisistiche o della schizofrenia, in cui la libido non è più disponibile agli investimenti oggettuali.
Freud distingueva fra uno stadio del normale sviluppo della libido (narcisismo primario), cioè della sessualità (la sessualità e l’aggressività – rispettivamente Eros e Thanatos – rappresentano le due pulsioni fondamentali dell’essere umano), e il narcisismo secondario in chiave regressiva.
Il narcisista – dice Dramisino – non vede l’Altro e questo della donna milanese è un caso probabile di narcisismo perverso femminile estremo.
Una condizione presumibilmente nevrotica, atteso il rapporto saldo con la realtà di Alessia per come descritto dal GIP in sede di convalida.
Più volte abbiamo citato autori importanti nella trattazione del narcisismo (Semerari, Carcione, il calabrese Giuseppe Nicolò) e le difficoltà che la psichiatria mostra nell’individuare una sindrome molto spesso confusa con altro.
La signora milanese sembra rientrare nella dimensione autoctona descritta da Dramisino, incapace di riconoscere e identificare i bisogni della figlia e proiettata verso una relazione totalizzante.
Otto Kernberg analizza completamente i meccanismi del narcisismo, identificando la complessità della situazione quando a essere coinvolta è la donna, propensa ad abbandonare gli affetti primari e, spesso, trascinata dalla condizione di maternità non vissuta in simbiosi con la sua natura.
È assai presumibile che Alessia Pifferi non rientri nello scivolamento psicotico e venga considerata capace di intendere e volere, al di là dei legittimi tentativi dei suoi difensori.
Quello che ci interessa però, è tentare di capire una situazione che presenta, oggettivamente, un vissuto di relazioni che vanno oltre la comprensione umana.
È possibile, anche se raro, che una madre fugga dal ruolo fisiologico di protezione che la natura le affida e abbandoni la sua prole fino alle conseguenze che abbiamo visto,anche se l’abbandono del figlio è storicamente legato alla presa in cura dell’altro (dalla ruota medievale in poi).
Il narcisismo femminile tende a essere più insidioso di quello maschile laddove sovrappone la maternità negata alla costellazione di relazioni interpersonali. E a tratti diventa una catastrofe, come accaduto per la piccola Diana, trasformata precocemente in un Angelo da una madre negata.

*giornalista

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