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talk “20.20”

La missione di Pace di don Panizza. «L’Ucraina chiede libertà e democrazia. Cosa vuole l’Europa?»

Il fondatore di Progetto Sud e il racconto del viaggio con il Movimento europeo di azione non violente. «Sono tornato con una speranza maggiore»

Pubblicato il: 28/07/2022 – 15:13
La missione di Pace di don Panizza. «L’Ucraina chiede libertà e democrazia. Cosa vuole l’Europa?»

LAMEZIA TERME «Servono umanità, libertà e democrazia. Se l’Europa vuole la democrazia non può pensare che il conflitto tra Russia e Ucraina si esaurisca e finisca così. È l’Europa che non vuole la democrazia ed a questa guerra non ci pensa più». È questo uno dei passaggi salienti di don Giacomo Panizza, ospite dell’approfondimento settimanale de L’altro Corriere Tv e del talk “20.20” condotto da Ugo Floro.
Il fondatore di Progetto Sud racconta la sua recente esperienza maturata in un viaggio verso Kiev a metà luglio. Una marcia per la pace, per il “cessate il fuoco” che che ha portato un gruppo di attivisti del Movimento europeo di azione non violenta (Mean) composto da 35 associazioni sparse sul territorio nazionale in Ucraina «per richiamare un impegno alla pace che può nascere dal basso».

Il messaggio di Pace

«Quando abbiamo sentito che all’Ucraina servivano le armi – rivela don Giacomo – abbiamo pensato di chiederlo agli ucraini se quelle armi servissero davvero. E ci siamo chiesti se il dibattito si potesse arenare sulla domanda guerra sì o no. Abbiamo costruito il viaggio a Kiev e chiesto supporto al governo italiano che ci ha risposto sconsigliandoci di andare. Lo stesso abbiamo fatto con Kiev che ha lasciato a noi la libertà di scegliere se andare, nonostante ci abbiano risposto che l’Ucraina non poteva difenderci».
Don Giacomo racconta di aver pensato a questo viaggio di Pace dopo aver appreso dal Papa la volontà di recarsi in Ucraina. «Lì ci hanno accolti il messo del Papa, un nunzio apostolico ed il sindaco di Kiev. Ci sembrava giusto parlare di Pace, perché non si può ridurre tutto alle armi sì o alle armi no. Gli ucraini non la pensano così. Il dilemma è ben più complesso. Abbiamo scelto di andare in Ucraina l’11 luglio, giorno di San Benedetto, protettore dell’Europa. La loro Chiesa, quella ortodossa, dipende da Mosca, eppure metà dei sacerdoti si è ribellata. Noi abbiamo chiesto di parlare di pace laicamente perché non volevamo entrare in quel dilemma della Chiesa ortodossa in Ucraina e così sia Kiev che il Vaticano hanno accettato. Abbiamo iniziato a chiedere “cosa vogliamo da ciò che sta accadendo” e le risposte che abbiamo ricevuto, da europei ci hanno impartito una bella lezione. Gli ucraini non vogliono più tornare sotto il controllo russo. Sin dalla caduta del muro di Berlino, da quando sono stati riscritti i confini quel popolo vuole parlare di democrazia e mi ha stupito che quella parola non rientrava nel dibattito politico italiano in giorni in cui stava cadendo il Governo».

La storia, le bombe, gli aiuti, la diplomazia

Don Giacomo racconta anche dei tanti allarmi bombe di notte, le corse verso i rifugi e delle possibilità della Chiesa cattolica di far breccia nel conflitto per ammorbidire la posizione russa.
«Sono stato in Polonia – dice ancora don Giacomo Panizza – per accompagnare i convogli umanitari che trasportavano cibo alle famiglie che avevano i loro padri imprigionati da Jaruzelski. La Chiesa, allora, aveva chiesto di poter assistere anche le famiglie non cristiane e questo metodo fece breccia. Non so se oggi il Vaticano possa far leva su quegli argomenti perché il Papa attuale parla in modo chiaro e allora bisognerà instaurare con i russi i giusti colloqui. Il Papa sta attendendo il momento favorevole per recarsi in visita in Ucraina e se non c’è nessuno che può mediare che la conciliazione si basi sull’umanità e sui valori».

Il valore “libertà” e la speranza

Dal viaggio in Ucraina, don Giacomo è tornato anche con un dubbio: «Con il Vangelo in mano, questo Kirill (arcivescovo ortodosso russo, sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, capo della Chiesa ortodossa russa, ndr) non lo capisco. C’è un’invasione, operazioni con bombe e morti e non la chiamano guerra. Dal confine a Kiev ci sono otto ore di pullman ed i panorami sono spettrali».
«Dal viaggio sono tornato con una speranza maggiore – riferisce ancora don Giacomo – e non per la fine della guerra in sé ma degli ucraini: credono nella libertà, un giorno, prima o poi. Ed anche chi non è dalla parte del Zelensky è convinto che il loro presidente difenda tutti, nonostante le idee differenti. Un principio che servirebbe alle prossime Politiche nel nostro Paese, ovvero chi vince deve servire tutti e non sono una parte. In Ucraina chi vince non “fa fuori” gli altri, in Russia sì».

Il ruolo dell’Occidente

In Ucraina, conclude don Giacomo Panizza, «c’è tanta, tantissima povertà e la gente scappa. Ci sono giovani che aiutano altri giovani, famiglie che aiutano altre famiglie ad elaborare il lutto. L’Occidente deve fare la sua parte, basando tutto sull’umanità, la libertà, la democrazia». (redazione@corrierecal.it)

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