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le rotte dei narcos

‘Ndrangheta e Pcc, il comando sulle rotte brasiliane della droga

Il Porto di Santos è perno del commercio di cocaina e base del Primeiro comando da capital. Il sostegno della criminalità calabrese e il ruolo di Rocco Morabito

Pubblicato il: 05/08/2022 – 6:58
di Fabio Benincasa
‘Ndrangheta e Pcc, il comando sulle rotte brasiliane della droga

COSENZA Il 27 dicembre 2021 è un giorno che le autorità brasiliane non dimenticheranno facilmente. Circa 562 chilogrammi di cocaina vengono intercettati al porto di Santos, nascosti in un carico di caffè diretto al porto francese di Le Havre. Qualche ora dopo, un altro carico – contenente zucchero e diretto in Ghana – transiterà con mezza tonnellata di polvere bianca. Le lancette scorrono e la coca continua ad arrivare. Un container diretto in Spagna, a Valencia, viene rintracciato e sequestrato: all’interno, le autorità brasiliane, trovano oltre 700 grammi di coca. In 12 ore, vengono posti sigilli a carichi del peso complessivo di circa 1,8 tonnellate per un guadagno complessivo stimato in circa 600 milioni di euro.

Il Porto di Santos

Il Porto di Santos, in Brasile, è diventato il check point sudamericano della cocaina. Si tratta del «46esimo più trafficato al mondo – è il perno del commercio globale di cocaina ed è il regno incontrastato del Primeiro comando da capital», raccontano i giornalisti del Sole 24 Ore, Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi. Il commando gestisce quasi l’intera percentuale del traffico di droga che dal Brasile rifornisce Colombia, Paraguay, Perù e Bolivia, ma anche i mercati internazionali ed ovviamente quello europeo. Mentre il sub continente affoga in un mare di miseria, aumenta in maniera esponenziale il numero dei consumatori. «Impossibile quantizzare i profitti del traffico internazionale di droga della criminalità brasiliana, ma c’è chi li stima in 240 miliardi di euro all’anno». Non è difficile comprendere i motivi per i quali il Brasile sia diventato, negli anni, un’area strategica. Il “merito” è tutto da attribuire alla straordinaria e ostinata resilienza dei sodalizi criminali capaci di resistere alla crisi economica, alla pandemia, ed anche alle operazioni di polizia. Nel corso degli anni, i narcos hanno modificato rotte e strategie senza mai interrompere il traffico di stupefacenti. Come sostengono Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi, «dal porto di Santos esce così tanta cocaina che alcune partite sembrano persino cercare da sole la via del ritorno». All’inizio del 2021, circa 59 chilogrammi di polvere bianca vengono rinvenuti in un container vuoto proveniente da Philadelphia. Il porto è il perno centrale del commercio globale ed è qui che il Primero comando da Capital supervisiona il traffico per rifornire i mercati nazionali e internazionali. La droga transita in vari stati brasiliani, prima di arrivare nelle principali città. Secondo le stime di “Inside crime”, il sodalizio criminale brasiliano traffica, fuori dai confini nazionali, circa 40 tonnellate all’anno di cocaina per un valore vicino ai 14 miliardi di euro.

Nave in transito al porto di Santos

La nascita del Primero Comando e i rapporti con la ‘ndrangheta

Come può una organizzazione criminale resistere ai sequestri, alle operazioni, agli arresti? La risposta è da ricercare nella storia del sodalizio. Il Pcc nasce all’interno del carcere di Taubatè, a San Paolo, nel 1993. Alcuni detenuti rispondono al massacro compiuto nei confronti di alcuni reclusi, avvenuto nel 1992 nel penitenziario di Carandiru. I detenuti adottano lo slogan «pace, giustizia e libertà» e dichiararono guerra al sistema capitalista. A favorire la crescita del consenso e del potere del gruppo fu una scelta discutibile del Governo brasiliano. Convinto di indebolire il gruppo criminale, lo Stato decise di separare i leader ridistribuendoli in diverse prigioni. La mossa ebbe l’effetto di un boomerang: la banda riuscì stabilì alleanze con altri gruppi di criminali, ‘ndrangheta compresa. Il Primero Comando «ha stretto legami con L’Oficina de Envigado della Colombia, con alcuni cartelli messicani, con la criminalità serba e quella calabrese».

Rocco Morabito e l’incontro (saltato) con il Pcc

Prima del suo arresto, il broker calabrese Rocco Morabito detto “U Tamunga” aveva programmato, a Campos do Jordao, un incontro con Marcos Roberto de Almeida, noto come “Africano” o “Tuta”. Le autorità sudamericane lo considerano il più grande leader del Pcc (Primeiro Comando da Capital). Almeida viene nominato membro della cellula “riservata”, responsabile del rilevamento degli indirizzi delle autorità e degli agenti di polizia che sono bersaglio di possibili attacchi da parte dell’organizzazione criminale. Morabito aveva il compito di concordare con “Tuta” la logistica legato allo spaccio dalla Colombia, Bolivia, Perù ed ovviamente in Europa e altri continenti.
Il Pcc gli avrebbe garantito il porto di Santos come porta d’accesso per traghettare i container di coca. Un corridoio di passaggio.

«Grazie al sostegno della ‘ndrangheta, il Pcc nel 2016 mette a segno due mosse che si riveleranno fondamentali per accrescere il consenso ed attestarsi come gruppo leader nel business della droga». Da una parte, scatenò sanguinose rivolte in carcere (scoppiate per il controllo del narcotraffico nella regione amazzonica). Dall’altra parte, iniziò a prevalere un uso spettacolare della morte. In questo senso è emblematico il video circolato sul web che riprende la decapitazione di un adolescente, al termine di uno scontro tra il Pcc e un gruppo rivale. Oggi, mentre il procuratore di San Paolo vive da bersaglio – piegato dalle costanti minacce di morte – Marcos Willians Herbas Camacho, noto con gli alias “Marcola” e “Playboy”, comanda il Pcc dietro le sbarre. Lo fa dal 1999. Per anni ha telecomandato le rotte dello spaccio «facendo un uso disinvolto dei cellulari». Ora è recluso nel carcere di massima sicurezza a Brasilia: su di lui pende una condanna ad oltre 300 anni di carcere. Ma la detenzione non pare averlo indebolito. «Io posso ordinare di uccidervi là fuori».

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