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Rinascita Scott

Caso Accorinti, la Corte d’Appello accoglie la ricusazione dei giudici Cavasino e Romano

I due magistrati hanno «proceduto a una valutazione incidentale di merito» sul boss di Zungri nel processo Nemea

Pubblicato il: 10/08/2022 – 19:05
Caso Accorinti, la Corte d’Appello accoglie la ricusazione dei giudici Cavasino e Romano

CATANZARO La Corte d’Appello di Catanzaro – Antonio Giglio presidente, Mara Rosaria di Girolamo e Giovanna Mastroianni a latere – ha emesso un’ordinanza con la quale accoglie l’istanza di ricusazione dei giudici Brigida Cavasino e Gilda Romano (rispettivamente presidente e giudice a latere del collegio nel processo Rinascita-Scott) per quanto riguarda la posizione dell’imputato Giuseppe Antonio Accorinti, accusato di associazione mafiosa, ovvero di essere a capo del gruppo criminale operante a Zungri e territori limitrofi.
La Corte dichiara «l’inefficacia degli atti a contenuto probatorio compiuti dal collegio composto dalle dottoresse Brigida Cavasino e Gilda Romano a partire dal 5 marzo 2021».
I giudici di d’Appello hanno, dunque, accolto l’istanza di ricusazione presentata dagli avvocati Francesco Sabatino e Daniela Maria Garisto, difensori di Accorinti, i quali hanno evidenziato come i giudici Cavasino e Romano avevano fatto parte del collegio che aveva valutato la figura di Accorinti nel processo Nemea, istruito contro la cosca Soriano. I due giudici, sostiene la difesa, avevano di fatto valutato anche la posizione del boss di Zungri «ricostruendo l’assetto strutturale e le modalità di funzionamento dell’associazione mafiosa operante sul territorio di Zungri con a capo l’Accornti… specificando altresì la faida esistente tra le due fazioni criminali…». In questo modo, sostiene la difesa, avrebbero anticipato la valutazione sul merito della colpevolezza dell’imputato.

Come è stata valutata la figura di Accorinti in Nemea

La prima istanza presentata era stata dichiarata inammissibile dalla Corte d’Appello di Catanzaro.
In seguito Sabatino e Garisto avevano fatto ricorso in Cassazione e la Suprema Corte aveva annullato con rinvio la decisione della Corte d’Appello e aveva disposto un nuovo giudizio davanti a un diverso collegio.
La Suprema Corte rilevava che l’istanza non recava motivi infondati poiché i due giudici avevano formulato un giudizio di responsabilità di Accorinti «in ordine all’imputazione posta a suo carico nel processo in corso».
Nella seconda ordinanza della Corte d’Appello l’istanza di ricusazione risulta fondata. I giudici scrivono che la lettura della sentenza Nemea «rende evidente come il Tribunale di Vibo abbia ritenuto provata l’esistenza della cosca Soriano anche ampiamente valorizzando la contrapposizione a quella della cosca capeggiata da Accorinti. E così il Tribunale ha di fatto dato ingresso non solo alle dichiarazioni (dei collaboratori e degli stessi testi di polizia giudiziaria) sui Soriano quanto anche a quelle su Accorinti, necessarie per dapprima presentarlo come a capo di una cosca ed, a seguire, spiegarne gli scontri con Leone Soriano». «Il collegio che ha deciso il processo Nemea ha pertanto proceduto a una valutazione incidentale di merito» anche per quanto riguarda la posizione associativa di Giuseppe Antonio Accorinti, «e tanto vale a fondare l’incompatibilità della dottoressa Brigida Cavasino e della dottoressa Gilda Romano a giudicare l’Accorinti quale imputato nel processo Rinascita Scott» tra l’altro per l reato di associazione mafiosa. (ale. tru.)

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