REGGIO CALABRIA È tra la metà degli anni 2000 e il 2017 che l’impero di Carmelo Ficara, 66enne imprenditore reggino dell’edilizia, si espande grazie al «patto collusivo siglato» con la cosca De Stefano. La confisca di un tesoro da 160 milioni di euro chiesta e ottenuta dalla Dda di Reggio Calabria, guidata al procuratore capo Giovanni Bombardieri, è la fine di un percorso lungo quasi quarant’anni. Soltanto nella seconda fase del suo “regno”, però, Ficara entra nell’orbita dello storico clan grazie a un accordo in base al quale, si legge nel decreto di confisca firmato dal Tribunale di Reggio Calabria (presidente Natina Pratticò, Giovanni Verardi giudice estensore, Jessica Merolla giudice), «poteva ampliare fortemente le sue operazioni imprenditoriali nel settore immobiliare e il sodalizio poteva conseguire l’infiltrazione nella gestione di tali attività economiche».
Enrico De Rosa, collaboratore di giustizia con un passato da colletto bianco a disposizione della ‘ndrangheta proprio nel settore dell’edilizia, è tra le fonti primarie nei ragionamenti che portano a disegnare il quadro delle attività di Ficara. Secondo le sue rivelazioni, l’imprenditore «avrebbe “aggiustato” le problematiche legate a richieste estorsive delle cosche operanti nei quartieri di Modena-Ciccarello della città (“perché non pagava a nessuno Carmelo”), grazie alla mediazione della famiglia De Stefano». Per evitare di pagare la mazzetta, avrebbe concluso «un accordo criminale consistente nell’affidamento dei lavori di pitturazione delle facciate esterne dei fabbricati realizzati dalle sue imprese alla ditta di colorazione di Tommaso Paris, soggetto legato a Checco Zindato», capo del clan egemone in quell’area della città.
«Io so che è molto legato a Giovanni De Stefano», riferisce De Rosa riguardo a Ficara. E a conferma di questo patto, «soprattutto a far data dal 2007 ha realizzato imponenti complessi residenziali nella zona di Archi sottoposta notoriamente alla egemonia della cosca De Stefano, avviando nuove speculazioni immobiliari in particolare nella zona Mercatello, dove è ubicata la cosiddetta Fornace, cioè un vecchio opificio abbandonato». «Ha edificato l’ira di dio», dice ancora il pentito. Questo grazie alla possibilità, per l’imprenditore, di operare indisturbato grazie all’appoggio della cosca («ha la possibilità di poter fare quello che vuole ad Archi, a livello di terreni») che gli aveva consentito di arricchirsi in cambio del riconoscimento di vantaggi economici («perché paga a Giovanni De Stefano»).
Sono gli approfondimenti investigativi a far emergere che «proprio nel 2007, il Ficara realizzava in Archi due complessi residenziali denominati “Sole e Luna” (per sette piani fuori terra) e “Paradiso” (quattro corpi di fabbrica a due piani fuori terra e due corpi di fabbrica a sei piani fuori terra), oltre al complesso residenziale denominato “Diamante ” edificato a partire dal 2010 (composto da tre fabbricati a sette piani, per un totale di 51 appartamenti, oltre a cinque villette unifamiliari a schiera, ciascuna a due piani fuori terra e lastrico solare) e il fabbricato condominiale a sette piani denominato “Aurora” nel 2016 (costituito da 23 unità immobiliari), fino all’imponente investimento edificatorio che avrebbe dovuto essere realizzato nel 2017 sul terreno acquistato da Carmelo Ficara già nel 2007 su cui sorgeva un opificio utilizzato per la produzione di laterizi comunemente denominato “La Fornace”».
Una nota redatta dal Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria mostra, poi, «un grafico che riproduce l’espansione imprenditoriale del Ficara nei quartieri di Archi nonché di Modena-Ciccarello: dal grafico si evince come l’attività dell’imprenditore si è localizzata in una percentuale pari all’88% nei suddetti quartieri e, nello specifico, per il 49% a Modena-Ciccarello, per il restante 39% nel quartiere di Archi». Questi dati, evidenziati dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, fanno dire ai giudici che «la produttività dell’imprenditore in altri quartieri di Reggio Calabria sia stata di ben poca rilevanza rispetto alla localizzazione nei quartieri di Modena-Ciccarello e Archi». Un segnale delle «condizioni di favore di cui godeva Ficara in quelle zone grazie alla “copertura” dei De Stefano che certamente costituiva un incentivo» a edificare in quelle aree. (p.petrasso@corrierecal.it)
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