MILANO La notizia deflagra il primo luglio del 2018: Emanuele Mancuso, 30 anni, diretto discendente del ramo originario di uno dei clan di mafia più potenti – nipote di Domenico Mancuso, classe ’27, primo nato della “generazione degli 11”, fratello, tra gli altri, del boss Luigi Mancuso detto “il Supremo” – ha deciso di collaborare con la Dda di Nicola Gratteri. La notizia parte dalla Calabria e fa presto il giro della Penisola.
Si accendono le registrazioni degli inquirenti mentre i personaggi più vicini alla cosca di Limbadi commentano la vicenda.
«Di noi che cazzo può sapere… può sapere per sentito dire», si chiedono Luigi Aquilano e Nicola La Valle.
Luigi Aquilano è sposato con Rosaria Mancuso, figlia di Antonio Mancuso, classe ’38. Originario di Tropea, 44 anni, ma residente a Milano è finito nelle maglie dell’inchiesta della Dda di Milano “Medoro”. È accusato di associazione mafiosa ma è stato tratto in arresto in relazione ai soli reati legati a produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e tre ipotesi di estorsione (esclusa l’aggravante mafiosa) perché il gip ha ritenuto non configurabile l’associazione mafiosa. Nicola La Valle, 52 anni, originario di Reggio Calabria, è considerato uomo di massima fiducia di Aquilano.
Con la consorte Aquilano si mostra più preoccupato: «Non c’è più mondo» commenta una volta appresa la notizia.
Diversi mesi dopo, a marzo 2019 è la stessa Rosaria Mancuso che, all’interno del proprio appartamento, mentre parla delle vicende giudiziarie del padre, relative al processo “Black Money” commenta il fatto che l’accusa aveva chiesto 27 anni di prigione per il padre e manifesta la propria preoccupazione in relazione alle possibili dichiarazioni di Emanuele Mancuso: «Se lo riaprono con le cose nuove di Emanuele… le minchiate…».
Dalle carte dell’inchiesta milanese “Medoro” emerge che anche un dialogo tra Giuseppe Campennì, detto “Peppe a foca” (non indagato in questo procedimento) e Rosario D’Angelo (38 anni, nato a Tropea, accusato di essere implicato nel traffico di stupefacenti). Parlano della notizia che riguarda Emanuele Mancuso.
È il 18 luglio 2018, i due sembrano bene informati anche su altri gravi fatti che orbitano intorno alla collaborazione del 30enne. Si augurano che Emanuele Mancuso sia stato preso “per i capelli” e abbia deciso di ritrattare la collaborazione. «Speriamo… speriamo… che l’ha preso… l’ha preso per la cima dei capelli, a prenderlo dalla cima dei capelli… ormai… pure che l’ha rotta… pure che ormai… quello che è fatto è fatto…», dice D’Angelo.
La speranza è quella che Mancuso, divenuto padre una settimana dopo la sua collaborazione, «se ne va da qualche altra parte… si prende la bambina… la famiglia… […] la moglie” e “se ne vanno da qualche altra parte… […] e sta pulito pulito per i cazzi suoi… senza che rompe i coglioni a nessuno», dicono i due interlocutori. Anche perché la questione non è da poco: «Qualcuno lo sgozza a lui se sbaglia!», dice D’Angelo.
In effetti la famiglia del 30enne aveva messo in atto una serie di “traggiri” per convincere il ragazzo a ritrattare. Perno di tutto era proprio il ricatto che potesse non vedere più la figlia neonata. Un ricatto al quale si era prestata anche l’allora compagna di Mancuso, e madre della piccola, Nensy Vera Chimirri (che per questa vicenda è stata condannata a 4 anni di reclusione in primo grado).
La voce dei tentennamenti di Mancuso si sparge: «… ma speriamo che questa voce sia vera! (bestemmia) ma per loro stessi… per tutti!», commenta D’Angelo.
Campennì la sera del 06 luglio 2018, era partito per la Calabria insieme a Salvatore Comerci (37 anni, cognato di Luigi Aquilano accusato di essere parte attiva dell’associazione con ruoli di collegamento tra Milano e la Calabria) per fare poi rientro a Milano nella serata dell’11 luglio 2018. Al suo ritorno Campennì commenta con D’Angelo il fatto di avere parlato di recente con i componenti della “famiglia” («io l’altro giorno ho parlato con la famiglia»).
L’uomo appare molto informato. Dice che la bambina «è la stessa di lui… la stessa».
Emblematiche sono poi le considerazioni sul comportamento di Nensy Vera Chimirri la quale «è stata di polso», dice D’Angelo, mentre Campennì conferma: «Gli ha detto di no… gli ha detto: “te la puoi dimenticare la bambina” se tu adesso ti penti…». «Perché – dice Campennì – l’unica arma questa qua è!». Un’arma che si è inceppata e si è rivolta contro chi la impugnava con la condanna, in primo grado, dell’ex compagna, della madre, del padre, della zia e del fratello del collaboratore di giustizia. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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