ROMA «Perché ho detto sì? Perché da esponente della società civile potrò continuare a lavorare per il Paese per battere criminalità e corruzione: che restano il primo ostacolo allo sviluppo sociale, economico, politico e culturale della nazione». Così in un’intervista a “La Repubblica” Federico Cafiero De Raho, 70 anni, nome simbolo della lotta alle potenti cosche, dai boss dei casalesi alla ‘ndrangheta fino a guidare la Direzione nazionale antimafia (lasciata sei mesi fa).
De Raho, che ha incassato anche l’ok del voto on line, si candida con il M5s. La campagna punta «sugli obiettivi fondanti della politica: la effettiva parità dei diritti, garantire a tutti l’accesso ad un lavoro dignitoso, stabile ed equamente retribuito, fuori dai circuiti clientelari. La politica oggi deve impegnarsi anche in interventi innovativi che moltiplichino le occasioni per giovani e meno giovani. E deve dedicarsi fino in fondo alla “Rivoluzione verde” e alla “Transizione ecologica”, migliorando sostenibilità e resilienza del sistema economico. I ragazzi da strappare alla marginalità sono tanti», spiega De Raho.
Alla domanda se dei 5S condivida tutto il percorso, De Raho replica: «Non guardo con sfavore all’esistenza di una pluralità di linee ed orientamenti, che, anzi, sono il motore di un dibattito costruttivo. Credo resti nel Movimento il dato costitutivo del contrasto ad un certo mondo politico opaco, in cui entra chi vuole servirsi delle istituzioni anziché servirle. E per questo ho accettato: nel loro dna, resta il tema della lotta alle mafie e alla corruzione». «Anche in questa campagna elettorale – sottolinea -, non mi sembra si stia parlando molto di criminalità organizzata e di capitali mafiosi. Eppure le mafie continuano ad esistere, in tutta Italia, e si proiettano con forza in Europa e nel mondo da tempo. Soprattutto ora con l’arrivo dei fondi del Pnrr e con l’emergenza guerra lo considero un tema non trascurabile da parte della politica». «Tutti i partiti – ha dichiarato ancora De Raho – dovrebbero avvalersi di competenze e di specifiche esperienze che hanno operato concretamente nel contrasto alle mafie, al terrorismo e al sistema della corruzione. Un giudice, o una persona in altro ambito, può dare una mano nell’individuare e superare problemi, nel proporre norme. Certo, a patto che il magistrato non torni a svolgere funzioni giurisdizionali».
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