CATANZARO Una vicenda che il giudice per le indagini preliminari Matteo Ferrante non ha esitato a definire «al confine tra il penalmente rilevante e il ridicolo».
In sintesi – racconta l’inchiesta della Procura di Catanzaro denominata “L’isola che non c’è” che contra 12 misure cautelari e 30 indagati – un gruppo di soggetti si sono «auto-proclamati cittadini e governanti di un sedicente “Stato Teocratico Antartico di San Giorgio” e, in tale veste, stanno tutt’ora effettuando una massiva campagna di proselitismo nei confronti di un numero notevole di persone che hanno aderito a tale progetto, pagando un corrispettivo in misura variabile per l’acquisto della cittadinanza e di alcuni documenti connessi allo status di cittadino sangiorgese». Una storia che rimanda agli anni 60 e al caso della “Repubblica Esperantista dell’isola delle Rose” dal quale è stato anche tratto un film. Ma se a fine anni 60 la piattaforma di 400 metri quadrati costruita nel mare Adriatico esisteva e rappresentava un progetto utopico e commerciale (al quale venne presto posto fine con la distruzione della stessa piattaforma), nel caso dello “Stato Teocratico Antartico di San Giorgio” (fondato nel 2011), questo non solo non esisteva fisicamente perché nessuno «tra gli indagati o dei cittadini si è mai recato fisicamente in Antartide» ma, in più, i promotori dell’associazione promettevano a chi aderiva al sedicente stato antartico «la possibilità di ottenere, dietro l’acquisto oneroso della cittadinanza sangiorgese vantaggi e prerogative giuridicamente non consentite nell’ordinamento italiano».
Dunque, anche se lo statuto del finto Stato afferma che «i cittadini del Sovrano Stato Antartico di San Giorgio sono consapevoli di dovere osservare, con assoluta fedeltà e con il dovuto rispetto, le norme dei rispettivi Stati di origine, nonché di adempiere integralmente ai doveri che dette norme impongono», sottobanco veniva promesso «in cambio dell’acquisto a titolo oneroso della cittadinanza sangiorgese, la possibilità di essere assunti alle dipendenze dello Stato sangiorgese, oppure di fruire di una tassazione fiscale agevolata, di utilizzare i documenti dello stato per circolare liberamente in tutto il mondo, di usufruire di mutualità di vario tipo, di proteggere i beni da eventuali azioni esecutive dello Stato italiano, di ottenere finanziamenti di vario genere, di eludere l’obbligo vaccinale dello Stato Italiano e di esercitare liberamente la professione di medico sul territorio italiano ancorché sospeso o radiato dall’ordine dei Medici».
«Nella sostanza – scrive il gip – un numero considerevole di persone si sono determinate ad aderire al sedicente stato teocratico, pagando il relativo corrispettivo, proprio perché tratte in inganno dalla possibilità di ottenere vantaggi e utilità diverse ed ulteriori da quelle riconosciute dall’ordinamento statuale italiano».
«Peraltro – osserva il giudice –, nella larga maggioranza dei casi si è trattato di persone tutt’altro che carenti di istruzione, di cultura o di intelligenza, come tali più facilmente circuibili».
Tra le varie agevolazioni per coloro che avessero acquistato la cittadinanza sangiorgese c’era una tassazione con imposta al 5%, con contestuale esonero dall’imposizione in Italia; la possibile esenzione dall’Iva per gli acquisti effettuati dalle imprese aderenti; iscrizione al pra (pubblico registro automobilistico) di diversi autoveicoli a carico dello stato di San Giorgio, per evitare azioni esecutive; la possibilità di creare criptovaluta utilizzando lo stato di San Giorgio; la possibilità di ottenere titoli di studio e abilitazioni per poter esercitare determinate professioni in Italia.
«È evidente che nessuno dei benefìci economici o giuridici promessi agli ignari aderenti poteva davvero essere conseguito attraverso l’adesione allo pseudo stato sangiorgese. Si tratta di un’ovvietà, poiché tale pseudo-stato non può in alcun modo interferire con l’esercizio della sovranità statuale all’interno del territorio italiano».
I magistrati della Procura di Nicola Gratteri hanno calcolato che sono circa 700 le persone accertate che hanno aderito al sedicente Stato antartico «versando contributi con importi variabili dai 200 euro alle migliaia di euro (in due casi è stata accertata la vendita di terreni in Antartide, con annessi titoli nobiliari, per importi superiori ai 1000,00 euro) proprio perché ammaliati dai possibili vantaggi connessi allo status di cittadini sangiorgesi; vantaggi che hanno costituito, per stessa ammissione degli acquirenti, la molla che li ha spinti ad acquistare le cittadinanze. Come già riferito in precedenza, è del tutto evidente come sia stata simulata, con elevata capacità ingannatoria, l’esistenza di uno “Stato” totalmente privo di una qualsivoglia base territoriale prima ancora che giuridica, non fosse altro per l’evidente ragione che alcuno tra gli indagati o dei cittadini si è mai recato fisicamente in Antartide, e né che i sodali dell’associazione a delinquere abbiano in alcun modo esercitato alcuna sovranità sul territorio antartico ove si assume che tale “Stato” esisterebbe».
Sull’isola che non c’è erano stati creati organi di governo e giuridici (il “Supremo Consiglio Teocratico”, il “Governo”, il “Senato”, il “Tribunale Supremo” eia “Corte dei Conti”, nonché delle delegazioni regionali dello Stato, della camera delle attività produttive, dell’ordine dei medici); tre pubblicazioni online ufficiali dello Stato “la Teocrazia”, la “Officiai Gazette” e la “Antarctic Tribune”; la redazione e stipula di un accordo di cooperazione commerciale con l’Ecowas (Economie Community of West African States), che viene diffuso agii aderenti e propagandato quale effettivo riconoscimento internazionale dell’esistenza e della sovranità dello Stato; un regolamento della Camera delle attività produttive che prevedeva agevolazioni fiscali; alle vittima veniva prospettata anche l’esistenza di una Università dello Stato, con la correlata possibilità di ottenere titoli di studio spendibili in Italia, e la creazione di una camera delle attività produttive per l’iscrizione delle aziende o l’esistenza di un ordine dei medici dello Stato.
Nel corso delle indagini, si è accertato come quasi ogni cittadino aderente si è visto effettivamente recapitare passaporti, carte d’identità e patenti dello Stato di San Giorgio. Documenti che sono stati anche utilizzati in Italia e in Stati esteri per superare controlli o per viaggiare in aeroporti e su mezzi di trasporto vari, oltre che per registrarsi in strutture alberghiere. L’aspetto dei documento era del tutto simile a quelli rilasciati dagli stati sovrani, segno che l’organizzazione si era dotata di mezzi e macchinari sofisticati.
In alcuni casi, peraltro, i falsi documenti diplomatici sono stati artatamente utilizzati per svolgere traffici illeciti o, comunque, per eludere i controlli alla frontiera.
Emerge dalle sommarie informazioni testimoniali rese da una delle persone coinvolte la quale racconta che «la casa in cui ci trovavamo a studiare insieme a Frasca (Emanuele Frasca, 56 anni, residente a Squillace), Barberio (Fabrizio Barberio, 50 anni, di Catanzaro), De Vito era una casa che Pistoia (Nicola Pistoia, 64 anni di Catanzaro) aveva dato a Barberio in comodato d’uso. Alcune delle volte in cui sono stata lì ho visto che Barberio consegnava dei panetti di colore marrone contenenti la droga a dei ragazzi che salivano a casa oltre ad alcune foglie di marijuana che divideva sempre tra i ragazzi. Non so se Fabrizio facesse dei traffici anche a Tenerife. So che è riuscito a spostarsi lì usando i documenti della legale rappresentanza sovrana, che è qualcosa di diverso e di analogo allo stato di San Giorgio. Grazie a quei documenti ritengo che possa essere riuscito a portare con sé indisturbato anche della droga senza passare sotto lo scanner in aeroporto. So che poi ha fatto dei voli anche con i documenti di San Giorgio. Sono a conoscenza di ciò perché era lui stesso a vantarsene nel corso delle conversazioni sui gruppi whatsapp che avevamo in comune. Ricordo che mandò addirittura un audio in cui si sentiva che all’aeroporto di Tenerife era riuscito a non passare sotto lo scanner aeroportuale, convincendo il poliziotto della sua qualità para-diplomatica».
Le indagini hanno portato all’esame «parziale dei conti correnti riconducibili al sedicente stato teocratico, la quale, sebbene parziale in ragione del lasso di tempo, ha evidenziato movimentazioni di denaro per oltre 400mila euro, a cui devono aggiungersi i numerosi importi versati in contanti dalle ignare vittime, stimati in circa 30mila euro. Tali ingenti profitti hanno subito una serie di trasferimenti al fine di ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa».
Una prima modalità di trasferimento del denaro avveniva sul conto intestato all’istituto Superiore di Diritto Nobiliare. L’entità, di un ente creato strumentalmente dal Bonventre (Damiano Bonventre, 71 anni, di Alcamo) al fine di vendere dei titoli nobiliari. Peraltro, il conto corrente del sedicente istituto è stato artatamente intestato ad un prestanome in modo da eludere l’effettiva riconducibilità all’indagato».
Dalla data della sua fondazione, il 2011, a dieci anni dopo, il 2021, «è transitata sul conto dell’istituto Superiore di Diritto Nobiliare la somma di circa 360,763,79 euro, in seguito al quale si è proceduto a analizzare anno per anno la tipologia di entrate suddivise tra bonifici e versamenti di assegni/contanti. Le causali erano “contributo volontario” o “contributo volontario + acquisto documenti”. II denaro, una volta transitato sul conto corrente fittiziamente intestato ad un ente terzo, veniva redistribuito in parte tra gli indagati.
Secondo il gip «Damiano Bonventre è il capo incontestato del sedicente Stato di San Giorgio. Al di là del ruolo formale ricoperto in seno itila compagine governativa egli è risultato il punto di riferimento ed il centro decisionale assoluto di tutte le ramificazioni operanti nelle aree geografiche di rifermento, Catanzaro, Cosenza, Alcamo e Teramo. Egli è, peraltro, colui che ha attivato lo schermo giuridico dell’istituto di diritto nobiliare che ha costituito il principale punto di raccolta dei proventi delle perpetrate truffe. Egli può essere, a buon diritto, indicato come la vera “mente criminale” dell’associazione, avendo intuito l’enorme potenziale che si celava dietro l’attività di truffa alla quale ha dato un alacre impulso».
Per raccogliere adesioni Bonventre forniva, ha raccontato ai magistrati un testimone, «delle copie delle gazzette ufficiali, il foglio di cancelleria del Tribunale di Napoli e una cartografia dell’Antartide ove era collocato il territorio dello stato. Tutto ciò per dimostrare che lo stato esiste e che si potevano avere dei benefici dall’adesione. Per quanto ho potuto vedere tantissima gente ci credeva. Nel 2019, in particolare, sono esplosi i contributi volontari sul conto e le relative cittadinanze».
Bonventre era perfettamente consapevole dell’assoluta nullità giuridica dei documenti dello stato antartico. Lo stesso testimone racconta: «Bonventre a me diceva che in Italia quei documenti non avevano nessun valore». Secondo il gip «Bonventre è tutt’altro che un fanatico, soggettivamente convinto di portare avanti un progetto di autodeterminazione statuale. L’esame delie fonti di prova sinora acquisite evidenzia, al contrario, come egli abbia creato il simulacro di un sedicente stato al dichiarato fine di truffare sistematicamente un numero indeterminato di persone al fine di trarre profitto soprattutto per sé medesimo».
“Primo Segretario di Stato” era la moglie di Bonventre, Liliya Koshuba, nata in Uzbekistan, 66 anni, una dei fondatori del sedicente stato teocratico. «Né può sostenersi – scrive il gip – che l’indagata fosse in buona fede ed ignara dell’attività truffaldina portata avanti, anche per il suo tramite, dal di lei marito e dagli altri sodali. Eloquenti, in tal senso, le numerose conversazioni, richiamate nella richiesta cautelare, intercorse tra la Koshuba e la coindagata Cofone, nel corso delle quali le. due donne discorrono apertamente del sistema truffaldino orchestrato dietro il sedicente stato teocratico».
Tra gli indagati c’è anche Mario Farnesi, 72 anni, di Viareggio, pluripregiudicato per reati minori, ex generale della Guardia di finanza oramai in pensione, sedicente principe, è risultato il fondatore dello stato teocratico di cui ha assunto la qualifica di capo sino alla sua fuoriuscita dopo un conflitto insorto con Bonventre.
«Sino al suo allontanamento, l’indagato ha costituito, il riferimento operativo di tutte le ramificazioni operanti nelle aree geografiche di riferimento ove insistono distaccamenti dello stato teocratico; egli, peraltro, di concerto con il Bonventre, è stato l’artefice del lodo con cui è stata fittiziamente accreditata l’esistenza ed il riconoscimento dello stato teocratico». Anche lui ha beneficiato della redistribuzione dei profitti incassati con le adesioni al sedicente stato teocratico. Una delle persone truffate da Farnesi racconta: «Ricordo a lai proposito che il generale Farnesi, nonostante mi dicesse che lo stato era stato riconosciuto a livello internazionale, in Italia ancora no e per tale motivo non si poteva ne parlare pubblicamente dello Stato, né far vedere che i soldi andassero allo Stato».
La coindagata Cofone dice di lui durante una conversazione: «Mario Farnesi in questo modo ha distratto tutta la situazione dei suoi debiti, ha cercato di fare vedere ai suoi debitori che stava facendo questa cosa, che i soldi sarebbero arrivati, ma ha fatto tutto fumo per tirare la corda, hai capilo qual è stato il problema? E cosi tante altre persone fanno così, poi arrivano qua, si rendono conto della faccenda e se ne vanno… perché il problema purtroppo è che molte persone sono entrate e poi si sono rese conto di questa cosa e se ne sono andate perché hanno capito che non andavano da nessuna parte, hai capito qual è stato il problema? Perché si capisce che tu non guadagnerai niente, non ci sono guadagni, ci sono solo perdite, quindi quando uno entra e capisce questo, prende e se ne va».
Farnesi ha sfruttato, secondo l’accusa, il suo ruolo di ex funzionario pubblico. «È il principale artefice – osserva il gip – , insieme a Sartoron, della produzione dei documenti falsi validi per l’espatrio, con conseguente pericolo sia per la reiterazione di analoghi comportamenti sia per la fuga proprio verso l’estero. Va, inoltre, evidenziato che il Farnesi e la propria moglie (Paola Dalle Luche, 51 anni, di Viareggio) sono risultati apripista nell’individuare nuove modalità di proselitismo e di truffa (es. la fondazione di uria banca), dimostrando una particolare capacità a delinquere.
A ideare l’accordo con i paesi africani Ecowas, è stato Giuliano Sartoron, alias “Medici” 50 anni, di Venezia. Pur non essendo tra i fondatori del sedicente stato, ha dato un notevole contributo.
È stato il principale artefice del sistema di fabbricazione dei documenti falsi che ha costituito la principale esca per attirare le ignare vittime nella rete della truffa. Non a caso, è anche soprattutto grazie a lui che lo Stato di San Giorgio ha registrato un incremento esponenziale dei “cittadini” e, dunque, degli introiti, a partire dal 2019. Ed tra i tra i soggetti che ha percepito tra le maggiori elargizioni da parte della cassa dell’associazione mascherato come “rimborso spese”, “sostegno familiare” o “donazioni liberali”.
Sartoron si trova attualmente in carcere, già condannato per reati simili a quelli contestati dalla Procura di Catanzaro. Si legge dal suo casellario giudiziale che ha tre condanne per possesso di segni distintivi falsi in uso a corpi di polizia e simulazione di reato e, da ultimo, una condanna per violenza privata, truffa e possesso di segni distintivi contraffatti.
Emanuele Frasca è risultato essere al vertice della cellula criminale dell’organizzazione radicata in Catanzaro. Ha il ruolo di Segretario di Stato all’Interno e senatore del sedicente stato di San Giorgio. «Il ruolo di Frasca, poi, emerge dalle acquisizioni documentali effettuate nella fase embrionale dell’indagine, grazie alle quali si è accertato anzitutto il tentativo di utilizzare dei codici fiscali appositamente aperti dalla delegazione calabrese dello Stato per rendere ancora più convincente la truffa e, come è stato poi appurato, aprire dei conti correnti intestati alle delegazioni su cui far confluire i proventi illeciti».
Per frasca, ha osservato il gip, sussiste il pericolo di fuga, avendo egli più volte manifestato la volontà di trasferirsi a Tenerife.
Anche Fabrizio Barberio, al pari di Emanuele Frasca, è risultato essere al vertice della cellula criminale dell’organizzazione radicata in Catanzaro. Nell’inesistente Stato ha il titolo di Console onorario itinerante e senatore. Quando la polizia giudiziaria ha bussato alla sua porta ad aprile 2021 per una perquisizione, Barberio, qualificandosi come ministro degli interni dello Stato, dichiarando l’extraterritonalità della zona ha portato scompiglio e creato ritardo per l’attività della polizia giudiziaria. «È importante sottolineare – scrive il giudice – che il Barberio, per come riferito da Laura Di Bella, risulta avere la disponibilità di sostanza stupefacente e, in almeno una occasione, è riuscito ad eludere i controlli alla frontiera proprio sfruttando i falsi passaporti diplomatici rilasciati dal sedicente stato sangiorgese. Egli ha, poi, preso alacremente parte all’attività di proselitismo che gli ha consentito di attirare nella rete del sistema truffaldino un considerevole numero di persone».
Lorella Cofone, 59 anni, di Cosenza, sentita dai magistrati «incalzata dalle contestazioni, ha sostanzialmente ammesso gli addebiti». Di lei scrive il pm nella richiesta di misura cautelare: «Lorella Cofone svolge il ruolo di organizzatore e promotore dell’associazione, con particolare riferimento al contesto calabrese. Risulta presidente del Senato dello Stato che ha sede a Catanzaro, organizzandone le attività che si sostanziano nel dare la parvenza di esistenza di una struttura giuridica realmente operante sul piano internazionale. In realtà la Cofone svolge un ruolo di coordinamento tra tutti gli associati a delinquere, rapportandosi costantemente sia con i membri del nucleo catanzarese e cosentino, sia con i referenti delle altre parti d’Italia, interfacciandosi costantemente con il capo dell’organizzazione, Damiano Bonventre, e la di lui moglie, Liliya Koshuba, per riportare ciò che le viene riferito dagli altri correi e assumere le più importanti decisioni nell’organizzazione. Partecipa a tutte le decisioni più importanti dell’associazione, dalla scelta del prezzo delle cittadinanze, a quella di aprire un’Università e un Ordine dei Medici per aumentare il numero di possibili “prede” da truffare, fino a interessarsi del riciclaggio del denaro provento dei delitti sui fondi maltesi dell’organizzazione. La Cofone è poi pienamente consapevole dell’illiceità dell’associazione e delle sue finalità delinquenziali, ancorché nel corso del suo interrogatorio provi ad offrire una diversa versione che però, come si vedrà, è smentita sia dall’illogicità intrinseca delle stesse, sia dagli ulteriori (copiosi) elementi di prova».
Emblematica, in tal senso, una conversazione intercorsa con la coindagata Koshuba, in cui la Cofone affermava: «Perché il problema qual è? Tu sei nel territorio italiano? Il territorio italiano, in questo caso, se tu fai una cosa di questo genere, ti possono denunciare per truffa, hai capito qual’è il problema?! Perché tu sei comunque sul territorio italiano, tu comunque stai facendo queste cose, se ad una persona gli salta la mosca al naso e s’incazza e ti denuncia».
La donna, poi, si compiace con Pierluigi Rottura, 50 anni, di Oppido Mamertina, «per il fatto che la polizia non fosse riuscita a trovare i verbali delle riunioni del senato, aggiungendo che aveva preferito non muoversi “non muoversi” subito dopo le perquisizioni perché molto probabilmente avevano i telefoni sotto controllo e per questo non ha fatto le riunioni ad agosto perché era certa che erano controllati e che lei ha fatto così per proteggere tutti». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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