CATANZARO Matteo Salvini lo si può definire ormai di casa visto che già nel 2018 si era auto-calato in Calabria per il lancio della Lega anche nel profondo Sud. A questo giro, a fare compagnia al leader del Carroccio, sono in tanti altri. Ecco i cosiddetti “paracadutati”, i big – più o meno tali – che i partiti nazionali candidano nelle liste in Calabria per garantire loro un’elezione sicura al Parlamento (o almeno una concreta speranza di elezione). A favorire stavolta questa dinamica “colonialista”, che in passato ha afferrato tanto il centrodestra quanto il centrosinistra (due nomi per tutti, Domenico Scilipoti e Daniela Mazzucconi), la tagliola della riforma che ha ridotto draconianamente il numero dei collegi e del parlamentari comprimendo contestualmente gli spazi “utili”. E per i partiti quale motivo migliore per penalizzare territori come la Calabria la cui debolezza politica è ormai acclarata?
A questa tendenza a onor del vero qualcuno è riuscito a sottrarsi, come Forza Italia, che in Calabria non vede nessun “catapultato” dalle altre regioni: una nota di merito, oggettivamente, per il gruppo dirigente azzurro, evidentemente robusto e con le spalle coperte, quello composto soprattutto dal presidente della Regione e già capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto, dal coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori e dal responsabile Sud del partito Francesco Cannizzaro. Sotto questo aspetto la Calabria è una delle pochissime regioni nelle quali i berlusconiani hanno evitato incursioni e scorribande esterne. Nel resto del centrodestra le cose sono andate un po’ diversamente. Certo Fratelli d’Italia ha “blindato” il suo stato maggiore calabrese, Wanda Ferro e Fausto Orsomarso, ma al numero 2 e al numero 3 alla Camera ha piazzato due nomi graditi ai vertici meloniani – Alfredo Antoniozzi, peraltro sangue calabro, e l’ex sottosegretaria Eugenia Rocccella – in buona posizione per rientrare in Parlamento (se la Ferro dovesse vincere nel collegio uninominale della Camera).
Quanto alla Lega, era scontata la nuova discesa in campo di Salvini che però stavolta sembra avere un significato diverso rispetto a quello che aveva cinque anni fa: all’epoca probabilmente serviva per “promuovere” il brand e il verbo leghista, stavolta – sostiene più di un analista – forse serve a dare un segnale a un partito regionale rissoso e inconcludente. E il fatto che il suo vice Andrea Crippa oggi abbia guidato la delegazione della Lega alla presentazione delle liste in Corte d’appello a Catanzaro da più di un osservatore politico è stato interpretato come un altro indizio di una Lega calabrese sotto stretto controllo padano.
Ma è soprattutto negli altri campi che il “paracadute” è stato azionato e in modo piuttosto sostenuto. Il M5S ha piazzato in Calabria, alla guida dei due listini, i due magistrati antimafia Federico Cafiero De Raho, che è stato anche capo della Dda a Reggio Calabria, e Roberto Scarpinato, tra i 18 voluti dal leader Giuseppe Conte: se i due dovessero essere eletti e scegliere la Calabria, potrebbe non esserci alcuna speranza per i parlamentari pentastellati calabresi, nemmeno per l’uscente Vittoria Baldino, la deputata originaria della Sibaritide ma eletta cinque anni fa nel Lazio e anche lei ritenuta – negli ambienti grillini – un’altra “paracadutata”. Non ha resistito alla tentazione “colonialista” però nemmeno il terzo polo Azione-Italia Viva, che in Calabria schiera la “madrina” dei renziani Maria Elena Boschi, che nella lista della Camera anticipa l’uscente senatore Ernesto Magorno, anche se per Magorno qualche spiraglio si può aprire. E non ha resistito alla tentazione nemmeno Impegno Civico di Gigi Di Maio, che si autocandida in Calabria alla guida del proporzionale della Camera, perché non si sa mai…
Poi, ci sono “paracadutati” e paracadutati”, nel senso di candidati anche calabresi piazzati in postazione utile in Calabria in base a logiche nazionali: è quello che è accaduto in casa Pd, che anche stavolta non si è sottratto alla prassi che qui ha fatto eleggere in passato la Mazzucconi, Alfredo D’Attorre e Rosy Bindi e – in virtù dell’accordo con Articolo 1 del ministro della Sanità Roberto Speranza – candida al numero 1 alla Camera l’uscente deputato crotonese Nico Stumpo, già braccio destro di Pierluigi Bersani che aveva seguito Bersani nel suo addio ai democrat. Ma tutto torna al punto di partenza, evidentemente, in casa Pd: solo che la base stavolta non l’ha presa sportivamente… (a. cant.)
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