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I legami

Le mani della ‘ndrangheta sulla Sardegna

Il pentolone è scoperchiato dall’inchiesta Platinum Dia. Ed intanto il carcere di Cagliari si prepara ad accogliere l’arrivo di altri 92 capimafia

Pubblicato il: 29/08/2022 – 9:10
Le mani della ‘ndrangheta sulla Sardegna

LAMEZIA TERME Le mani criminali della ‘ndrangheta sulla Sardegna. Le racconta dettagliatamente un articolo pubblicato da L’Unione Sarda. Il quotidiano parte da lontano e narra i legami tra San Luca e l’Isola sfociati nell’articolata inchiesta della Direzione investigativa antimafia denominata “Platinum Dia” (ne abbiamo parlato qui e qui), una maxi operazione internazionale tra la Sardegna, il territorio italiano, la Germania e la Spagna.
Da San Luca alle rive del lago di Costanza – racconta il quotidiano sardo – nel Land tedesco del Baden Wùrttemberg, dal Brasile alla Sardegna, il passo è breve. La storia criminale di ‘ndrangheta è senza confini, l’unico passaporto che si riconosce è quello degli affari loschi, da consumare con il sangue e la spregiudicatezza più cruenta. Pensare che l’Isola dei Nuraghi, erroneamente considerata impenetrabile e repellente alla criminalità organizzata, potesse diventare protagonista di questo universo, tempo fa, sarebbe stata una previsione da bollare come allarmismo a buon mercato.
I fatti, però, raccontano tutta un’altra storia. Prima lo sbarco a Nuchis, alle pendici di Tempio, poi, l’invasione del penitenziario di Massama nelle campagne dell’Oristanese, passando per il carcere di Badu ‘e Carros a Nuoro, sino al prossimo trasferimento in massa di 92 capimafia nel carcere cagliaritano di Uta. La Sardegna – scrive Mauro Pili – in pochi anni, con questa perversa transumanza criminale, è entrata maledettamente a pieno titolo nel circuito più nefasto della criminalità organizzata. Dentro le strutture penitenziarie sarde, raccontano radio carcere e i verbali degli inquirenti, iniziano i primi contatti tra la malavita locale e gli esponenti di spicco delle grandi organizzazioni criminali, dalla mafia alla camorra, dalla Sacra corona unita alla ‘ndrangheta.
Quello che per alcuni era allarmismo immotivato – narra ancora Pili – oggi è già una drammatica realtà, scolpita in atti processuali, con indagini di livello internazionale, con la Sardegna drammaticamente protagonista. È il 5 maggio dello scorso anno quando scatta una delle operazioni più imponenti della Direzione Investigativa Antimafia. Operazione internazionale. Ad essere intercettati due esponenti della ‘ndrangheta posizionati tra Sassari e Alghero, uno in carcere e l’altro agli arresti domiciliari.
Esponenti di primissimo piano, scrivono gli inquirenti negli appunti dell’inchiesta. È da quelle conversazioni, ritenute a prova di intercettazione, che scatta una maxi operazione internazionale tra la Sardegna, il territorio italiano, la Germania e la Spagna. Il nome in codice dell’incursione nel cuore del potere di San Luca è “Platinum-Dia”.
La “famiglia-clan” di San Luca – riferisce ancora l’articolo di Mauro Pili – controlla un sistema articolato di narcotraffico internazionale con la Sardegna drammaticamente coinvolta in un vortice sempre più preoccupante. Finiscono in carcere 33 personaggi di primo piano, con 65 indagati. Tra Cagliari e Alghero raggiungono le patrie galere sette soggetti sardi, tutti basisti dell’infiltrazione ‘ndranghetista nell’Isola. Una retata in grande stile che, però, sull’istante, non aveva ancora disvelato il cuore della strategia criminale.
Sui piani della famiglia criminale di San Luca gli investigatori non lasciano margini: «Aveva gettato le basi per aprire una nuova piazza di spaccio in Sardegna… svelando chiaramente l’intenzione di importare in Sardegna, con cadenza mensile, ingenti quantitativi di stupefacente (circa 20 kg di cocaina), spostando di fatto il baricentro delle attività di spaccio gestite dallo stesso, dalla Sicilia alla Sardegna, ove creare una nuova e redditizia “piazza di spaccio” sarda». Parole vergate con il marchio della Direzione Investigativa Antimafia. In pratica – evidenzia il quotidiano – una delle più imponenti organizzazioni del narcotraffico al mondo aveva pianificato di «spostare il baricentro dalla Sicilia alla Sardegna». Non ci vuole molto a comprendere il peso di queste affermazioni, per collegare i fili di quanto sta avvenendo in un silenzio assordante nell’Isola che si pensava immune dalla criminalità organizzata. È sempre l’ultimo dossier della Direzione investigativa a tracciare modalità e obiettivi dell’organizzazione criminale: «La Sardegna ha rappresentato per la ‘ndrangheta un mercato nel quale entrare, con la propria organizzazione e struttura logistica, per la vendita di sostanze stupefacenti… ove espandere i propri commerci illeciti, sia individuando nuovi canali di smercio (acquirenti stabili e/o stabili soggetti sui quali fare affidamento) sia iniziando ad effettuare importazioni di rilevanti quantitativi, creando quindi una nuova “rete” di affari” tramite soggetti cagliaritani».
Aggiunge la Direzione investigativa: «In considerazione della sua importanza commerciale ed imprenditoriale il capoluogo sardo è maggiormente esposto all’influenza dei sodalizi mafiosi extraregionali». A Uta, intanto, nel carcere alle pendici di Monte Arcosu – conclude l’articolo del quotidiano sardo – come se niente fosse, si prepara il nefasto arrivo di altri 92 capimafia. Nella terra dei Nuraghi regna un silenzio maledetto, quasi un benvenuto ai signori di San Luca nell’Isola Cayenna di Stato.

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