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«Quei fratelli che bruciano e la strage impunita»

Gli anni settanta, per altri versi belli e ricchi di idee e di ideali, furono caratterizzati da tanti, brutali omicidi. Oltre a uomini dello Stato, sindacalisti, industriali, giornalisti, morirono…

Pubblicato il: 01/09/2022 – 15:00
di Mario Campanella*
«Quei fratelli che bruciano e la strage impunita»

Gli anni settanta, per altri versi belli e ricchi di idee e di ideali, furono caratterizzati da tanti, brutali omicidi. Oltre a uomini dello Stato, sindacalisti, industriali, giornalisti, morirono per strada tanti “compagni e camerati “.
Tra le brutalità più assurde di quel periodo c’è la strage di Primavalle, compiuta il 16 aprile del 1973.
Quella sera, Achille Lollo e altre cinque persone, decidono di lanciare una bomba incendiaria nella casa di Mario Mattei, netturbino, segretario della sezione del Msi. Probabilmente non hanno intenzione di uccidere ma, certo, non lanciano coriandoli.
Nell’abitazione, a quell’ora, ci sono due dei figli di Mario, Virgilio di 22 anni, e il piccolo Stefano, di 8.
Il fuoco si propaga rapidamente per tutta l’abitazione, bruciando vivi i due fratelli. Emblematica è l’immagine di Virgilio, torcia umana, che esce dal balcone implorando un aiuto che non arriverà mai.
Muoiono entrambi, da innocenti, ma sono pur sempre “fascisti” , da “uccidere senza commettere reato”.
Lollo e i suoi complici vengono individuati ma la sinistra di élite, da Dario Fo a Franca Rame, da Terracini a il Messaggero (di proprietà della famiglia Perrone, la cui nipote Diana è coinvolta nell’omicidio) corre in suo soccorso. Forse, tra loro, anche Giacomo Mancini.
E cosi Lollo scappa, prima in Angola, poi in Svezia, poi in Brasile, dove svolge la professione di giornalista.
Durante il processo, negli scontri fuori dalla piazza, un altro giovane “fascista”, un greco, Mikis Mantakas, viene ucciso a colpi di pistola.
La pubblica accusa chiede l’ergastolo ma il processo si chiude con un’assoluzione per mancanza di prove.
Più tardi, incredibilmente, Lollo sarà aiutato dall’ex repubblichino Dario Fo e da Franca Rame, a fuggire definitivamente.
Sarà condannato per incendio doloso e duplice omicidio colposo a 18 anni ma il reato sarà prescritto nel 2005.
Due giovani (uno dei quali un bambino) arsi vivi per la sola colpa di essere figli di un dirigente missino, non avranno alcuna giustizia.
Quella destra maledetta, lontana dalla destra eversiva degli anni successivi, non impietosiva, né caratterizzava risposte autorevoli e certe dello Stato.
I fratelli Mattei, ai quali sono stati dedicate poche piazze, finiscono nel cestino di un’indifferenza generale, in parte obliati anche dalla destra moderna che, forse, di quelle radici un po’ si vergogna.
E cosi, una strage evidente derubricata quasi a gioco pirotecnico, viene iscritta nell’elenco delle impunità istituzionali. Con in mezzo la morte e quel grido munchiano di Virgilio, appeso sulla coscienza di un Paese senza memoria

*giornalista

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