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L’udienza

Rinascita Scott, la ricusazione dei giudici e il dibattito se proseguire o meno col processo

Gli avvocati chiedono che si interrompa l’istruttoria dibattimentale: «Siamo in una situazione di illegalità» I pm: «Dobbiamo andare avanti»

Pubblicato il: 02/09/2022 – 14:41
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, la ricusazione dei giudici e il dibattito se proseguire o meno col processo

LAMEZIA TERME Dopo la sentenza del 10 agosto scorso della Corte d’Appello di Catanzaro che accoglieva la ricusazione dei giudici Brigida Cavasino e Gilda Romano (rispettivamente presidente e giudice a latere del collegio nel processo Rinascita-Scott) per quanto riguarda la posizione dell’imputato Giuseppe Antonio Accorinti, la prima udienza, dopo la pausa estiva, del processo “Rinascita-Scott”, è stata incentrata, in mattinata, sulla discussione se portare avanti o meno l’istruttoria dibattimentale.
I due giudici hanno avanzato due diverse richieste di astensione. Il presidente Brigida Cavasino ha richiesto di astenersi per quanto riguarda le sole figure di Luigi Mancuso e Orazio Lo Bianco, una richiesta che – ha precisato il giudice in aula – si estenderebbe a tutti gli imputati nel caso in cui il presidente del Tribunale di Vibo Valentia dovesse accogliere la richiesta della collega Gilda Romano che ha chiesto, invece, l’astensione nei confronti di tutti gli imputati.
Il giudice Cavasino ha inoltre dichiarato la separazione dal processo del solo Giuseppe Antonio Accorinti, presunto boss di Zungri, per il quale l’udienza è stata fissata per il prossimo 13 settembre davanti a un nuovo collegio.
La ricusazione dei giudici nei confronti di Accorinti nasce dal fatto che il 5 marzo 2021 (mentre il processo Rinascita era ancora in corso) sono state depositate le motivazioni della sentenza Nemea contro il clan Soriano. I giudici Cavasino e Romano avevano fatto parte del collegio che aveva valutato la figura di Accorinti nel processo Nemea. I due giudici, sostiene la difesa, avevano di fatto valutato anche la posizione del boss di Zungri «ricostruendo l’assetto strutturale e le modalità di funzionamento dell’associazione mafiosa operante sul territorio di Zungri con a capo l’Accorinti… specificando altresì la faida esistente tra le due fazioni criminali…». In questo modo, sostiene la difesa, avrebbero anticipato la valutazione sul merito della colpevolezza dell’imputato che oggi non può più essere giudicato da due magistrati che lo hanno già valutato in seno a una sentenza.

La posizione delle difese: interrompere l’istruttoria dibattimentale

La questione ha sollevato gli interventi delle difese che ritengono che la posizione di Accorinti “trascini” con se quella di molti altri imputati a lui collegati. Gli avvocati di Giuseppe Accorinti, Francesco Sabatino e Daniela Garisto, hanno chiesto l’astensione dei due giudici non solo per l’imputato, ma per tutti gli altri. Secondo l’avvocato Alessandro Diddi, il provvedimento che riguarda Accorinti investe anche altri imputati poiché collegati, nelle accuse che li riguardano, al boss di Zungri.
L’avvocato Luca Cinaferoni ha affermato: «Siamo in una situazione di illegalità». La tesi di parecchi difensori, come Diego Brancia, è che l’istruttoria non deve andare avanti e la decisione di stralciare la sola posizione di Accorinti (in attesa della sentenza della Cassazione e della pronuncia della Corte di Appello sulla richiesta di ricusazione avanzata da Luigi Mancuso) è decisione contra legem. L’avvocato Contestabile ha sottolineato come all’inizio del dibattimento i due giudici Cavasino e Romano avessero avanzato richiesta di astensione nei confronti di tutti gli imputati (poi respinta dal Presidente del Tribunale di Vibo, ndr) e che questa nuova richiesta di astensione «non fa i conti con lo stato dell’arte». Opposizione alla separazione della posizione di Accorinti anche da parte dell’avvocato Enzo Galeota.
Senza troppi filtri l’avvocato Salvatore Staiano ha affermato che i due giudici ricusati per Accorinti «sono fuori gioco perché la posizione del boss di Zungri investe un piano orizzontale in vista del rapporto con i suoi accoscati e il suo territorio e un piano verticale nei rapporti con le altre cosche, vista anche la tesi accusatoria sull’unitarietà della ‘ndrangheta.

I pm: «Dobbiamo andare avanti. Ce lo impone la legge»

Decisi in senso contrario gli interventi dei sostituti procuratori Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso. Secondo l’accusa, allo stato i due giudici non possono giudicare solo la posizione di Giuseppe Antonio Accorinti. Questo ha stabilito la Corte d’Appello di Catanzaro (anche se su questa decisione pende il ricorso della Procura generale). «Tutta l’istruttoria fatta fino a questo momento – ha affermato De Bernardo – è stata fatta legittimamente». «Voi non siete più i giudici di Accorinti. Siete i giudici di tutti gli altri imputati» L’accusa ha affermato che le prove raccolte nei confronti degli altri imputati sono utilizzabili. «Dobbiamo andare avanti nei due processi. Dobbiamo farlo. Ce lo impone la legge».
L’accusa chiede che si proceda con l’istruttoria. E sulla posizione del boss Luigi Mancuso si interverrà quando si pronuncerà la Corte d’Appello. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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