COSENZA Un Parlamento con molti più «nominati» che eletti con un rischio di «sottorappresentanza» in cui alcuni partiti «difficilmente saranno presenti». Sono i principali effetti dell’attuale sistema elettorale – che si legano al taglio di seggi – che intravede Roberto De Luca, ricercatore di Sociologia dei fenomeni politici al dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria. Effetti che colpiranno soprattutto regioni piccole come la Calabria.
Con un rischio, ventilato dal professore che è responsabile dell’Osservatorio Politico-Istituzionale dell’Unical, il «deficit sulla qualità della rappresentanza». Sul sondaggio condotto dal Corriere della Calabria – assieme a Video Calabria, L’altro Corriere Tv e Termometro politico – sull’andamento del voto in Calabria, De Luca afferma: «è in linea con il dato complessivo che assegna un ampio margine di vittoria al centrodestra».
E sulle differenze registrate sui risultati ottenuti da alcuni partiti in Calabria come il Movimento 5 Stelle, il ricercatore sottolinea come questo fenomeno è figlio di un «radicamento di culture politiche specifiche dei luoghi». Secondo De Luca, «il sondaggio ci dice, con evidenza, che una parte di quell’elettorato, soprattutto quella orientata più a sinistra, è rimasta fedele al partito di Conte».
Il sondaggio condotto dal Corriere della Calabria indica un trend decisamente orientato verso la vittoria del centrodestra. Che valutazione ne trae?
«Attualmente il partito di coloro che non hanno deciso per chi votare e se partecipare o meno alle elezioni è nettamente maggioritario in Italia e in Calabria. È chiaro che i sondaggi a pochi giorni dal voto possano risentire della mancanza di opinione di questa parte importante di elettorato, anche se nelle tornate precedenti, anche in situazioni in cui molti elettori decidevano poco prima di recarsi al seggio, la fotografia istantanea del sondaggio, alla fine, non risultava molto diversa dai risultati effettivi. Il sondaggio conferma che il risultato nei collegi calabresi di Camera e Senato è in linea con il resto d’Italia che dovrebbe assegnare un’ampia vittoria al centrodestra e questo per effetto della parte maggioritaria del sistema elettorale che dovrebbe assegnare, secondo i sondaggi e le simulazioni, la quasi totalità dei collegi uninominali al centrodestra. Nelle elezioni politiche, da quando sono stati introdotti sistemi elettorali che non consentono all’elettore di scegliere i candidati, se non parzialmente nella parte maggioritaria uninominale, il criterio maggiormente utilizzato dall’elettore è riferibile al cosiddetto voto di opinione. L’elettore forma la sua opinione soprattutto attraverso la televisione e, recentemente, anche attraverso la comunicazione veicolata da internet e dai social che viene amplificata, appunto, dalla televisione. Proprio perché le fonti di informazione sono le stesse su tutto il territorio nazionale, con il voto d’opinione il risultato elettorale diventa abbastanza omogeneo anche se si possono riscontrare differenze territoriali per le singole liste soprattutto in conseguenza del radicamento di culture politiche specifiche dei luoghi. È difficile ritenere che il voto dei calabresi si discosterà dal resto dell’Italia. Nelle regioni meridionali, come è successo nelle precedenti politiche, si registrerà, quindi, una sostanziale omogeneità del voto con qualche differenza rispetto al resto dell’Italia centrale e settentrionale».
Ma ci sono anche elementi in controtendenza rispetto al resto del Paese che emergono dalla rilevazione. Ad iniziare dal dato sul Movimento 5 Stelle. Come interpretare questo risultato?
«Dobbiamo ricordare che nelle elezioni del 2018 il Movimento 5 Stelle aveva ottenuto in Calabria il 43,4%, con circa il 50% nella provincia di Cosenza. Il sondaggio ci dice, con evidenza, che una parte di quell’elettorato, soprattutto quella orientata più a sinistra, è rimasta fedele al partito di Conte. I dati del sondaggio per i singoli collegi sottolineano le scelte sbagliate dai leader di M5S e Pd sulle alleanze, cioè sull’errata e grossolana interpretazione del sistema elettorale. Proprio la mancata alleanza elettorale di M5S e Pd – accordo che avrebbe consentito anche in Calabria di avere un’effettiva competizione nei collegi uninominali – ci consegna un evidente paradosso: il sistema elettorale, unanimemente criticato e giudicato pessimo, funzionerà alla perfezione, assegnando un’ampia maggioranza di governo. Guardando alle precedenti elezioni, si coglie che il comportamento elettorale dei calabresi è improntato a una forte volatilità, cioè un voto per una lista diversa ad ogni appuntamento elettorale. E tale mobilità elettorale, come ci suggeriscono i dati del sondaggio, ci dovrebbe dare in questa occasione una rappresentazione delle scelte dei calabresi abbastanza diversa dalle ultime regionali, dalle Europee del 2019 e dalle Politiche del 2018 e, in parte, differente dall’Italia del Centro-Nord».
Anche la Calabria farà i conti con il sistema che ha tagliato il numero dei parlamentari. Cosa cambierà nel meccanismo di rappresentanza?
«Con la diminuzione del numero dei parlamentari, la Calabria alla Camera passerà da 20 seggi a 13, di cui 5 “uninominali”, e al Senato i 10 seggi del 2018 si ridurranno a 6, con solo 2 seggi “uninominali”. Conseguentemente i collegi sia maggioritari che proporzionali diventano molto più grandi, nel senso che comprenderanno ognuno molti più Comuni rispetto al 2018 e, quindi, molti più elettori. Il principale effetto dell’allargamento dei collegi sarà la maggiore difficoltà dei candidati a presentarsi ai propri elettori per farsi conoscere, anche in seguito ad una campagna elettorale breve ed “estiva”. L’altro effetto pratico ricadrà sui partiti che dovranno dividersi molti meno seggi che in passato e, soprattutto, per i partiti elettoralmente minori che difficilmente potranno avere una rappresentanza calabrese in Parlamento. Ad esempio, un seggio pieno nel proporzionale alla Camera corrisponde al 12,5% dei voti, e anche se potrà essere conquistato da una lista con una percentuale inferiore per via dei resti nazionali, per gran parte delle liste tale possibilità rimane un traguardo irraggiungibile. Il Parlamento, in conseguenza del taglio della rappresentanza, con l’attuale sistema elettorale diventa sempre più un’assemblea di “nominati”, anziché di “eletti”, con l’esclusione o la sottorappresentazione delle minoranze soprattutto delle circoscrizioni medio piccole come la regione Calabria».
Dunque quel taglio inciderà anche sulla qualità della classe politica calabrese?
«Il ridotto numero di seggi e, quindi, dei candidati in posizione utile per l’elezione, in quasi tutti i partiti ha provocato grossi problemi nella definizione delle candidature e, in particolare, nella definizione dei posti “sicuri”. In primo luogo, le segreterie dei partiti hanno cercato di assicurare un posto alla gran parte degli uscenti lasciando, così, poco spazio a nuovi candidati. Ad esempio, sarebbe stato auspicabile avere nelle liste in posizione utile o nella partita maggioritaria qualche giovane sindaca/o in rappresentanza del nuovo ceto politico-elettivo che ha maturato delle significative esperienze politiche nella difficile pratica della guida del comune. Le liste bloccate dell’attuale sistema elettorale non permettono la selezione dei candidati da parte degli elettori aggiungendo un ulteriore deficit sulla qualità della rappresentanza. Fra i candidati in Calabria, in posizione utile, figurano alcuni consiglieri e assessori regionali, eletti meno di un anno fa. L’esperienza da amministratori regionali è certamente importante per svolgere nel migliore dei modi le funzioni anche nel Parlamento nazionale, ma la promozione dei consiglieri regionali nel livello nazionale della politica, a distanza di così poco tempo dalle elezioni regionali, potrebbe suonare come un tradimento della fiducia degli elettori calabresi e una perdita di qualità della rappresentanza dell’assemblea e del governo regionale».
Dopo la presentazione delle liste sono comparsi molti nomi “paracadutati” in Calabria tra le formazioni in corsa per le politiche. Come spiegare questo fenomeno?
«Il fenomeno dei candidati “paracadutati”, cioè inseriti nei collegi diversi dal proprio territorio e quasi sicuramente eletti, è sempre stato presente nelle elezioni nelle quali l’elettore non può scegliere effettivamente attraverso il voto di preferenza ai candidati. Non è un fenomeno della sola Calabria e con la drastica riduzione dei seggi è reso ancora più evidente appunto perché i posti riservati ai “paracadutati”, che sono solitamente figure di spicco nazionale del partito, percentualmente incidono maggiormente sul totale degli eletti. I candidati paracadutati, che solitamente conoscono e frequentano poco e niente la Calabria con i suoi problemi, nella sostanza, sottraggono una consistente fetta alla rappresentanza territoriale, una componente fondamentale della delega che i cittadini dovrebbero assegnare al partito e ai candidati votati. Una minore rappresentanza territoriale è, quindi, un valido indicatore della sua minore qualità».
La Calabria si sta distinguendo in Italia per l’alto tasso di astensionismo. Crede che questo nuovo sistema inciderà in qualche modo per contenere il fenomeno o viceversa ne incrementerà la portata?
«L’allarme astensionismo, presente nelle campagne elettorali della seconda repubblica, è stato sempre confermato dai dati. Nelle ultime elezioni regionali ed Europee in Calabria la partecipazione è scesa sotto la soglia “psicologica” del 50% (anche se le percentuali calcolate sugli elettori residenti in Calabria, cioè non tenendo conto degli elettori iscritti nelle liste dei comuni calabresi ma residenti all’estero, sono ancora, di poco, sopra il 50%) mentre rimane più alta la partecipazione nelle politiche. Nel 2018 la partecipazione alle politiche è rimasta pressoché intatta rispetto alla precedente elezione, soprattutto per effetto del consenso ottenuto dal M5S che è riuscito a convincere molti cittadini delusi dalla politica. Ma nell’attuale offerta politica non mi sembra di ravvisare alcuna delle condizioni che possano spingere gli elettori riluttanti a recarsi nei seggi. Il sistema elettorale che non consente la scelta dei candidati, il risultato, dato per scontato e preannunciato dai sondaggi, la votazione in una sola giornata, anziché due, sono fattori che contribuiscono a tenere i cittadini lontani dalle urne. Dobbiamo, quindi aspettarci in Calabria un cospicuo aumento dell’astensionismo rispetto alle politiche del 2018. E la mancanza di partecipazione elettorale non è certamente un buon segno per la salute della democrazia».
Cosa potrebbe spingere i calabresi a ritornare alle urne?
«Uno degli stimoli a partecipare alle elezioni è il voler partecipare per vincere. Tutti i sondaggi tra cui quello del Corriere della Calabria ci dicono, al momento, che i giochi sono fatti e per molti elettori il proprio voto sarà considerato “inutile”. Nelle elezioni, in tutti i Paesi democratici, nelle quali il risultato è scontato, la partecipazione inevitabilmente subisce un forte calo. È probabile che fra i cittadini che non si recheranno a votare vi siano, oltre ai delusi dalla politica, tanti altri scontenti della propria parte politica, soprattutto a sinistra. A meno di fatti eclatanti in questa breve campagna elettorale e a meno di qualche “svarione” dei leader politici, difficilmente i calabresi refrattari ai partiti politici e delusi dalla politica si recheranno a votare. C’è da aggiungere che in Calabria, come in Italia, molti elettori decidono se andare a votare ed esprimere la loro preferenza solo poche ore prima del voto o, addirittura, all’interno del seggio elettorale. Questa circostanza spiega in parte la volatilità dell’elettore e la conseguente mobilità elettorale». (r.desanto@corrierecal.it)
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