CATANZARO Interviene anche il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) dopo le polemiche seguite al blitz antimafia scattato a Cosenza, in particolare dopo che il Garante campano dei diritti dei detenuti, Samuele Ciambriello, ha denunciato il sovraffollamento nella Casa circondariale di Vibo Valentia.
A Ciambriello replica infatti Francesco Ciccone, segretario provinciale Sappe di Vibo Valentia: “La notizia divulgata dal garante campano dei detenuti, Ciambriello, non corrisponde alla reale situazione. I numeri previsti dalla norma sulle presenze in carcere, che possono essere verificati attraverso i dati pubblicati dal dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, attestano che, anche dopo il bliz della Dda, le celle delle Sezioni detentive occupate dall’As3 (Alta Sicurezza) a Vibo sono massimo di 6 posti e non 10 o 12 come riportato dal Garante. Il Carcere di Vibo può ospitare massimo 407 detenuti e attualmente sono presenti 373 detenuti. Nello specifico, nel circuito AS3 la capienza tollerabile all’interno delle tre sezioni è di 330 e attualmente sono presenti 220 detenuti. Il reale dato che emerge, dunque, non è il supposto sovraffollamento, come si vuol far erroneamente credere, ma la gravissima carenza organica del Personale di Polizia Penitenziaria, il cui organico è previsto in 246 Agenti mentre ad oggi a Vibo sono presenti solo circa 170 unità, con una carenza organica di quasi 80 unità. Il Sappe tiene ad evidenziare che, nonostante questo grave deficit di agenti, il direttore e il comandante dell’Istituto si sono trovati costretti, giovedì, a chiedere al personale di Polizia in servizio un ulteriore sacrificio di servizio, riscontrando larga disponibilità ed alta professionalità da parte di questi nell’assolvimento del loro dovere, fino ad oltrepassare le 12 ore di lavoro previste pur di portare a compimento tutte le operazioni necessarie”.
“Trovo profondamente ipocrita e vergognoso – dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe – che vi sia chi diffonda notizie false e quindi non vere sul presunto affollamento della Casa circondariale di Vibo Valentia per delegittimare l’attività della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e della persona che la guida, Nicola Gratteri, che fa il paio con chi sfrutta il dramma dei suicidi di detenuti in carcere per chiedere indulti o amnistie utili a fronteggiare il sovraffollamento dei penitenziari”. “Per avere un carcere sempre più sicuro occorre pensare ad un insieme di misure e strategie che rendano la vita dei detenuti sicura, quella degli Agenti meno problematica e quella della macchina meno complessa e più efficace. Va bene la tutela dei diritti, ma si parta da quelli dei poliziotti e delle persone per bene: altro che propalare notizie che sono false solo per fare della pericolosa demagogia”. “Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”, evidenzia. “Per le carceri servono più formazione ed aggiornamento ma anche più tecnologia e più investimenti. La situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose”.
Ed è senza appello la denuncia sul Garante dei detenuti: “Altro che figura di garanzia, lautamente rimborsata con i soldi pubblici: rappresenta una sola parte del mondo della giustizia, ossia i detenuti, quelli che sono in carcere per avere commesso reati”. “A cosa serve avere una figura del genere?” prosegue. ”Valutiamo da tempo l’opportunità di proporre una legge di iniziativa popolare o un referendum abrogativo per sopprimere la figura del garante dei detenuti, visto che ai ristretti delle carceri italiane sono assicurate e garantite ogni tipo di tutela, a cominciare dai diritti legati all’integrità fisica, alla salute mentale, alla tutela dei rapporti familiari e sociali, all’integrità morale e culturale. Diritti per l’esercizio dei quali”, conclude Capece, “sono impegnati tutti gli operatori penitenziari, la magistratura, in particolare quella di sorveglianza, l’Avvocatura, le Associazioni di volontariato, i parlamentari ed i consiglieri regionali (che hanno libero accesso alle carceri), le cooperative, le comunità e tutte le realtà, che operano nel e sul territorio, legate alle marginalità. E particolarmente preziosa, in questo contesto, è anche l’opera svolta quotidianamente dalle donne e dagli uomini della Polizia penitenziaria. Donne e uomini in divisa che rappresentano ogni giorno lo Stato nel difficile contesto penitenziario, nella prima linea delle sezioni detentive, con professionalità, senso del dovere, spirito di abnegazione e, soprattutto, umanità. Con buona pace di tutti i garantisti a senso unico”.
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