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comparto al collasso

«Il fermo pesca arriva in un periodo sbagliato. E la Calabria non è la Norvegia» – VIDEO

L’allarme della flotta peschereccia di Schiavonea. «Chi decide a Bruxelles consideri le caratteristiche dei mari. Intollerabile un pieno a 1200 euro»

Pubblicato il: 06/09/2022 – 19:43
di Luca Latella
«Il fermo pesca arriva in un periodo sbagliato. E la Calabria non è la Norvegia» – VIDEO

CORIGLIANO ROSSANO «La pesca calabrese rischia di scomparire». È questo il grido d’allarme lanciato da Schiavonea e da una delle marinerie più importanti del sud Italia.
Il caro gasolio ha già messo in ginocchio il settore, costretto a razionare le uscite in mare ed a mettere un cassa integrazione i marittimi. E se a questo problema si associa il fermo biologico in vigore fino al 5 ottobre, il comparto ittico sembra essere prossimo al collasso.
Fermo e carburanti, però, non sono gli unici problemi. Il caro prezzi interessa anche i materiali utilizzati, le cassette, le reti, i cavi d’acciaio, l’alaggio annuale. Una situazione invivibile, insomma.
Per questi motivi, da mesi ormai, il comparto è sul piede di guerra, anche se le manifestazioni di protesta non sortiscono gli effetti sperati.

«I giovani non vogliono più fare questo lavoro, la pesca tradizionale rischia di scomparire»

Leonardo Gentile, uno degli ultimi vecchi “lupi di mare”, prossimo alla quiescenza dopo una vita sui pescherecci, si appella alla politica, fino ad oggi sorda alle esigenze ed ai problemi di un’«arte» che i giovani non vogliono più tutelare e tramandare a causa delle enormi difficoltà, in un periodo in cui i costi superano – e di molto – i ricavi. «Il gioco non vale la candela – racconta Gentile ai microfoni de L’altro Corriere Tv –. I miei figli continueranno a portare avanti l’azienda di famiglia ma molti loro coetanei hanno abbandonato tirato i remi in barca. Un tempo si guadagnava bene, oggi non è più così. Dobbiamo fare i conti tra costi e ricavi. E non sono convenienti».

«Il fermo biologico arriva in un periodo sbagliato»

«Il fermo giunge in un periodo sbagliato – aggiunge Gentile –. È necessario rivedere le norme, anticipare il fermo a maggio, giugno o luglio, così da consentire di giungere ad agosto con taglie appropriate e quantità di pescato che ci consentirebbero di colmare le spese. Avremmo bisogno di un fermo adeguato alle caratteristiche del nostro mare perché lo Jonio è diverso ed ha altre connotazioni rispetto al Tirreno o l’Adriatico, per questo chiediamo che lo stop alla pesca sia fissato nel momento giusto, quindi in tarda primavera o agli inizi dell’estate».

«La Calabria non è la Norvegia e lo Jonio non è il Mare del Nord»

Gentile sottolinea quanto sia importante non considerare il mare come tutto uguale. «Chi decide a Bruxelles – spiega – deve pur considerare che il mar Jonio non è il Mare del Nord e che la Calabria con le sue caratteristiche e il suo prodotto ittico non è la Norvegia. Ecco perché è necessario rivedere anche le norme sulla sicurezza in mare, magari adatte ai mari norvegesi ma troppo stringenti per noi».

«La politica non ci ascolta»

I problemi, insomma, sono talmente opprimenti da mandare in asfissia l’intero comparto. Ed in tutto questo la politica sembra non riuscire a salvaguardare la pesca. «La politica è assente, non ci ascolta nessuno. Non resta che sperare che dopo le elezioni politiche qualcuno prenda a cuore le sorti del settore ittico. Non è più tollerabile – conclude Leonardo Gentile – continuare ad uscire in mare per 12-14 ore al giorno ed un consumo di 6-7 quintali di gasolio a 1,20 centesimi al litro». Un pieno, oggi, arriva a costare anche 1.200 euro. (l.latella@corrierecal.it)

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