COSENZA Un killer «di rara freddezza e capacità», un criminale di grande capacità operativa. Francesco Presta, affiliato con “dote” elevata, era considerato uno dei massimi esponenti di quello che attualmente viene indicato come clan Lanzino-Patitucci. Con il tempo, «ha formato una sua ‘ndrina, federata al clan cosentino, attiva sul territorio della Valle dell’Esaro che ricomprende i comuni cosentini di Tarsia, San Marco Argentano, San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese, Roggiano Gravina, Acri e aree limitrofe». Secondo l’accusa, oggi, la direzione del gruppo sarebbe nelle mani di Antonio “Tonino” Presta, arrestato per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti nell’ambito dell’operazione Valle dell’Esaro. Il procedimento, ancora in corso al Tribunale di Cosenza, si è arricchito delle dichiarazioni rese dal fratello di Antonio, Roberto Presta (qui le confessioni).
Nonostante la detenzione, Franco Presta – come emerge nell’inchiesta “Reset”, continua a rappresentare il riferimento ed il capo della ‘ndrina, «venendo puntualmente informato delle principali attività criminali e percependo il “mantenimento” in carcere. A lui ed alla sua famiglia sono destinate parti cospicue del provento illecito dell’ingente traffico di stupefacenti posto in essere dall’investigato sodalizio». A confermare l’ipotesi degli investigatori è il pentito e cugino di Franco Presta, Roberto Presta: «Preciso che, benché Franco Presta sia detenuto all’ergastolo, egli rimane sempre il Capo dell’associazione; Antonio Presta è stato designato come capo del gruppo in libertà. Questo dato si spiega anche con il fatto che, per quanto detenuto all’ergastolo, c’è sempre la possibilità di provare a intervenire per farlo uscire dal carcere». E’ il 4 maggio 2021 quando il collaboratore inizia a rendere edotti gli investigatori sulle attività e l’organizzazione del gruppo Presta.
La Valle dell’Esaro è dunque il vasto territorio all’interno del quale, la ‘ndrina si muove e fa affari. Nel controllo del sodalizio sarebbe ricompreso anche Spezzano Albanese. L’accusa lo desume da una conversazione tra Tonino e Roberto Presta, in cui i due fratelli parlano dell’intento espresso da un ragazzo di Schiavonea, titolare di una pescheria a Terranova di Sibari, di aprire un secondo esercizio a Spezzano Albanese. A tal proposito, Antonio confessa: «Come rientra Ciccilluzzo (Francesco Ciliberti, genero del boss Franco Presta) gli devi dire, che a Spezzano c’é un ragazzo …di Schiavonea che vuole aprire …ha già una pescheria a Terranova, però vuole aprire una pescheria pure a Spezzano … gli devi domandare se ci sono problemi… hai capito?». I fratelli sono ancora protagonisti di un altro episodio finito nell’inchiesta “Reset”. Nel conteggiare i soldi da destinare alle casse del presunto clan e da reinvestire, «parlano della possibilità di rilevare un negozio di articoli sportivi all’interno di un centro commerciale, estromettendo il titolare e intestando l’attività ad un prestanome». E’ Roberto Presta a parlare: «Hai visto che ti avevo detto per il fatto del locale … di 250 (duecentocinquanta) metri… nel centro commerciale… e coso… c’è un’altro negozio…Ora che vogliamo fare noi ! … Facciamo cacciare questo qua … l’intestazione sua!!!… E ci piazziamo … la cosa». L’acquisizione – sempre secondo l’accusa – sarebbe avvenuta attraverso una ditta la cui sede sarebbe stata trasferita a Brescia.
L’attività di indagine, coordinata dalla Dda di Catanzaro e confluita nell’operazione “Reset” mostra come i tentacoli del gruppo Presta siano arrivati fino alla provincia di Crotone, con un rapporto stretto con i “Papaniciari”, ‘ndrina riconosciuta dalle numerose operazioni di Polizia ed avente base operativa nel Comune di Papanice. Ma dalla Valle Dell’Esaro, i Presta comunicano anche con il territorio della provincia di Reggio Calabria. Il trait d’union è Antonio Giannetta, «trafficante di stupefacenti contiguo alle cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro». Giannetta, come emerso, contatta Roberto Presta per la vendita di cocaina nel contesto dell’avvio di una trattativa per la vendita di cocaina. «Sono contento, che ci vediamo. Sono uno di mezzo la strada, io sono un cristiano di bontà e di buone amicizie e di una grossa famiglia che mi vuole bene, e io voglio bene pure a loro … (Ora, per dirvi no, i discorsi. Quando uno va da un amico … senti… dobbiamo togliere questo cristiano fuori, non ve lo devo dire io … qua c’è un compare nostro … l’interesse è il nostro. Si devono incontrare ? … vengo io per incontrarmici, avete a me gli dico… Il cristiano stesso lo capisce». Roberto Presta, una volta risalito in macchina, esprimerà un ammirato cenno di consenso: «mamma questo qua, compà!».
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