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L’analisi

La crisi “morde” i Comuni, a rischio (i pochi) aiuti alle imprese

Il combinato disposto della riduzione dei gettito fiscale e l’impennata dei prezzi mettono in ginocchio gli enti. I tagli per lo sviluppo sono dietro l’angolo

Pubblicato il: 11/09/2022 – 10:00
di Roberto De Santo
La crisi “morde” i Comuni, a rischio (i pochi) aiuti alle imprese

CATANZARO C’è un cappio che si stringe attorno agli enti locali calabresi impedendogli di sostenere il sistema produttivo, provato prima dalla lunga crisi pandemica e poi dal ciclone innescato dall’innalzamento dei costi della materie prime e dal caro energia. Il minor gettito fiscale, la chiusura di esercizi commerciali e la riduzione progressiva della popolazione residente sta infatti riducendo ancora di più le già scarse capacità economiche delle amministrazioni locali di garantire i servizi essenziali alla popolazione. E conseguentemente fa stringere i cordoni del borsello dei Comuni calabresi, per la spesa dedicata alle attività di promozione dello sviluppo e della competitività del sistema economico locale.
Come un cane che si morde la coda: più il territorio si impoverisce, maggiormente gli enti – che sono le istituzioni pubbliche più vicine alle attività produttive – riducono la capacità di sostenerne il rilancio. Una strada a vicolo cielo che rischia di pregiudicare anche il futuro prossimo dello sviluppo locale. Soprattutto a seguito dello tsunami che si sta abbattendo sul mondo imprenditoriale calabrese a causa dell’impennata dei prezzi delle materie prime e della bolletta energetica.
Mentre in altre regioni l’azione congiunta di politiche nazionali ed interventi mirati programmati dagli enti locali – che stanno introitando risorse importati dal sistema produttivo grazie al forte rimbalzo economico che si è registrato fin dallo scorso anno – possono far fronte all’emergenza scatenata dall’innalzamento dei costi energetici, la Calabria non può fare affidamento su questa strategia per fronteggiare la situazione.
Un quadro che già prima della fase delicata che sta vivendo il contesto economico italiano – fortemente dipendente dalle forniture energetiche della Russia, e non solo – era complesso per la Calabria. Le amministrazioni locali calabresi, infatti, sono in coda rispetto al resto del Paese per gli importi dedicati a sostenere il sistema produttivo. Si tratta di somme che contemplano gli interventi di supporto e monitoraggio delle politiche sul territorio, ma anche spese destinate alla ricerca e allo sviluppo, come anche i sostegni diretti ad incentivare la crescita di numerosi settori produttivi. Che vanno dalle industrie, all’artigianato locale, al commercio alle reti distributive fino ad arrivare a servizi legati alla pubblica utilità come le farmacie.
Una variegata costellazione di medie, piccole e micro realtà che costituiscono la spina dorsale del sistema produttivo calabrese e che garantiscono occupazione e ricchezza diffusa.

I contributi irrisori allo sviluppo locale

I bilanci dei Comuni calabresi destinano poche risorse per lo sviluppo locale: 10,83 euro pro capite medio


Ebbene le somme che normalmente vengono stanziate dalle amministrazioni comunali calabresi sono sotto la media nazionale.
Secondo i dati dell’Istat sui conti economici, emerge infatti che la spesa media pro capite delle città capoluogo di provincia nel 2020 (ultimo dato disponibile) si attesta a poco più di dieci euro (per l’esattezza a 10,83 euro). Con Catanzaro ha fare la parte del leone. Secondo i dati raccolti ed elaborati, nel Capoluogo di Regione nel 2020 l’amministrazione comunale ha speso per sostenere il sistema produttivo locale nelle sua diverse sfaccettature oltre due milioni e settecentomila euro (esattamente 2.739.559,20) che corrisponde ad una media di 31,64 euro di spesa pro capite dedicata allo sviluppo economico. A seguire, ma distanziata di molto, il Comune di Reggio Calabria che nello stesso anno ha dedicato a questa voce di spesa molto meno della metà. In particolare si tratta di 1.093.272,48 pari ad una spesa pro capite di 6,3 euro. Un’inezia dunque. Che scende a 4,27 euro pro capite di Vibo Valentia che nel 2020 ha speso circa di 133mila euro per sostenere il suo sistema produttivo. Ed ancora peggio ha fatto Crotone che ha destinato poco più di 68mila euro allo sviluppo economico. Dunque appena 1,3 euro di spesa pro capite.
Numeri lontanissimi dalla media raggiunta nello stesso anno ad esempio da Milano. Nel capoluogo meneghino nel 2020 l’amministrazione comunale ha destinato una spesa pro capite di 147,47 euro per garantire lo sviluppo economico locale. Così come la media territoriale pone la Provincia autonoma di Bolzano al vertice della classifica nazionale di spesa pro capite destinata alle attività produttive: 54,70 euro.
Una forbice dunque destinata a divaricarsi con le difficoltà che stanno ora affrontando le amministrazioni locali e che si ripercuoteranno dunque sulla loro capacità di mettere in campo un adeguato meccanismo di aiuto al sistema produttivo locale calabrese. Con la conseguenza di far allontanare sempre più la Calabria dalla meta di recuperare il terreno perso, anche nella fase recessiva della pandemia. Aspetti che dovrebbero spingere le istituzioni nazionali e la politica a inserire adeguate misure compensative per garantire liquidità alle amministrazioni comunali. Soprattutto di quella miriade di piccole realtà presenti nelle aree interne dalla regione e che maggiormente stanno risentendo del combinato disposto innescato dallo spopolamento in atto e dalle crisi pandemiche prima dell’innalzamento di costi ora. Senza interventi rapidi, questa rilevante fetta di territorio calabrese rischia di precipitare nell’abisso più oscuro della povertà diffusa con la conseguente accelerazione del fenomeno di desertificazione socio-economica delle aree. (r.desanto@corrierecal.it)

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