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Inchiesta “Reset”, i cellulari entrano in carcere. «Con il pacco te li devo mandare?»

Due detenuti coinvolti nell’operazione della Dda di Catanzaro, vengono sorpresi con due apparecchi telefonici nascosti nel carcere di Lanciano

Pubblicato il: 17/09/2022 – 8:30
di Fabio Benincasa
Inchiesta “Reset”, i cellulari entrano in carcere. «Con il pacco te li devo mandare?»

COSENZA Schede telefoniche intestate in maniera fittizia a persone ignare o addirittura a soggetti deceduti, abbinate a telefoni cellulari privi accesso ad internet. Un sistema che sarebbe stato utilizzato anche da alcuni indagati finiti nell’inchiesta “Reset”, coordinata dalla Dda di Catanzaro.

Il cellulare in carcere e le conversazioni con le fidanzate

E’ il 4 maggio 2021, quando gli investigatori accertano il possesso di una scheda sim intestata ad una donna legata sentimentalmente a Massimiliano D’Elia, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Lanciano, in quanto ritenuto responsabile in primo grado dell’omicidio di Francesco Ruffolo. L’uomo è stato condannato dalla Corte di Assise di Cosenza alla pena di anni 28 e 6 mesi di reclusione (con appello proposto
dall’imputato e giudizio in procinto di avvio dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Catanzaro). Dal tenore delle conversazioni, chi indaga, capta conversazioni tra due soggetti, identificati nella compagna di D’Elia, e lo stesso indagato. Quest’ultimo parla della richiesta di scarcerazione, appare fiducioso e rappresenta alla compagna la necessità di preparare un borsone con alcuni indumenti e, soprattutto, di prendere le fototessere e di metterle nel borsone. ««Prendimele ora …ora ho fatto …una è vecchia una è più recente ed una è più…prendimele vecchie, recenti e meno recenti… insomma ima cosa per bene hai capito ? Le metti intorno… hai capi». Secondo gli investigatori, D’Elia non avrebbe intenzione di rientrare a Cosenza in caso di scarcerazione, «per evitare di essere sottoposto nuovamente a custodia cautelare». Qualche giorno dopo quest’ultima telefonata, il 2 agosto 2021, le captazioni intercettano un’altra circostanza di notevole interesse investigativo. Nel corso di una conversazione tra i due compagni, «emergeva in maniera palese che quest’ultimo aveva consentito ad un altro detenuto col quale condivideva la cella, tale “Carletto”, di utilizzare il proprio telefono cellulare». La fidanzata muove un “rimprovero” a D’Elia ritenendolo un bugiardo, in quanto a suo dire non le direbbe la verità circa l’utilizzo del telefono. «Che non glielo prestavi tu il telefono a Carletto…se gli ho cercato io…no?…E..non glielo prestavi tu il telefono… ». Il giorno successivo i due continuano a parlare e ad un certo punto nella conversazione, interviene anche lo stesso “Carletto”, al quale D’Elia passa il telefono per evitare di fargli cambiare scheda in quel momento; allo stesso modo, la compagna di D’Elia «passa il proprio telefono ad un donna che si trova con lei, per farla parlare con “Carletto”». Secondo l’accusa, «è evidente, quindi, che D’Elia, dall’interno del carcere dove si trova ristretto utilizzi, avendone indebitamente la disponibilità, un telefono cellulare che consente di utilizzare anche a Carlo Drago (Carletto), il quale, come spiegato dallo stesso D’Elia, è in possesso di una ulteriore scheda telefonica che utilizza per comunicare con la propria fidanzata». Per chi indaga, l’apparecchio telefonico potrebbe essere stato utilizzato, sempre all’interno del carcere di Lanciano, forse anche da altri detenuti. Da una prima analisi sui tabulati acquisiti, «l’apparecchio telefonico ha iniziato a produrre traffico telefonico a partire dal mese di marzo del 2020, e sullo stesso sono state inserite diverse utenze telefoniche, presumibilmente usate da soggetti provenienti da diverse regioni, che hanno sempre agganciato la medesima cella, nel Comune di Lanciano».

L’ingresso dei cellulari in carcere

In una intercettazione, Carlo Drago spiega alla fidanzata che deve andare a comprare un ventilatore con una porta di entrata Usb, e poi tre telefoni cellulari di quelli che possono essere ricaricati tramite caricabatteria predisposto per tale modalità di ricarica: «Mi devi andare a comprare… mi devi comprare tre telefoni… con internet… che si caricano con l’usb (…) poi deve portarli al bar di un suo amico, il quale provvederà a metterli nei pacchetti di caffè confezionato sottovuoto, dopodiché glieli deve spedire nel pacco degli alimenti». La donna si mostra perplessa, ma Drago la tranquillizza. «Me li devi portare a quell’amico mio del Bar... », dice l’indagato e la compagna risponde: «Io ho capito quello che vuoi dire… però vedi… no… lo sai qual è…qual è la paura mia?…che con il pacco te li devo mandare?». Drago chiosa: «No tu non c’entri niente… poi ti dico quello che devi fare». Infine, le spiega che deve avvolgere il tutto nella carta copiativa, «al verosimile scopo di eludere la presenza dei telefoni al passaggio del pacco attraverso lo scanner a raggi X, dopodiché deve consegnare i pacchetti alla sua amica, la quale saprà come procedere alla spedizione». Il 9 settembre, i due si risentono. La spedizione non è avvenuta e la donna spiega a Drago di non essere riuscita a reperirei telefoni che lui aveva richiesto, ma di averne trovati eventualmente altri disponibili, ma ad un costo superiore, e l’indagato le consiglia di andare a verificare presso altri rivenditori di telefonia. Il telefono poi sarà acquistato e la Squadra Mobile di Cosenza, il 23 novembre 2021, comunicava che la Polizia Penitenziaria di Lanciano, «all’esito di autonoma attività di perquisizione procedeva al sequestro di due telefonini di piccole dimensioni trovati in possesso dei detenuti D’Elia e Drago».

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