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inchiesta “reset”

Cosenza, il racket delle estorsioni e «il diffuso senso di omertà»

In nove mesi del 2020 sono stati denunciati 124 danneggiamenti, ma sono solo 9 le denunce di estorsione. «L’assoggettamento spesso anticipa un atteggiamento di omertà»

Pubblicato il: 18/09/2022 – 10:02
di Fabio Benincasa
Cosenza, il racket delle estorsioni e «il diffuso senso di omertà»

COSENZA La forza intimidatrice legata al vincolo associativo pone gli uomini legati ai clan in una posizione tale da riuscire ad imporre alle vittime il pagamento di estorsioni o piegarle al proprio volere. Sono molteplici gli episodi finiti nell’inchiesta “Reset” condotta dalla Dda di Catanzaro che mostrano quanto alcuni indagati utilizzino un tono allusivo nei confronti delle vittime, evocando soggetti più importanti e pericolosi. Non serve sempre mostrare armi o ricorrere all’utilizzo delle “cattive maniere”, a volta basta la parola. Tuttavia, «la condizione di assoggettamento spesso anticipa un atteggiamento di omertà», dettato dalla paura di eventuali ritorsioni da parte dei membri dell’associazione. Per fortuna, alcuni degli imprenditori finiti nel mirino dei clan cosentini hanno trovato forza e coraggio per denunciare le richieste estorsive ricevute, ribellandosi al pagamento di una “tassa” non dovuta.

La forza e le armi

A rimarcare la pericolosità e la temibilità dei sodalizi mafiosi sono i numerosi sequestri di armi, anche da guerra, che negli ultimi anni, ma anche nel corso dell’ultima indagine “Reset” sono stati realizzati dalle forze dell’ordine. Il 7 febbraio 2018, in una intercapedine del muro situato nei pressi dell’abitazione della famiglia Abbruzzese detta Banana, presso l’ultimo lotto di via Popilia a Cosenza, sono state rinvenute numerose armi: una pistola mitragliatrice MP40, unl fucile d’assalto AK 47, un fucile calibro16, quattro pistole di vario tipo e calibro, numerosissime munizioni e caricatori per le armi automatiche, un giubbotto anti proiettile. Il 28 marzo 2018 nelle auto in uso ad Alberto Novello, sono state rinvenute e sequestrate: un fucile mitragliatore tipo AK 47, tre pistole di vario tipo e calibro, numerose munizioni di vario calibro, alcune divise da Carabiniere e sostanze stupefacenti. E ancora, il 27 agosto 2019, è stato rinvenuto e sequestrato, a carico di ignoti, un considerevole numero di armi e munizioni e di sostanza stupefacente, il tutto abilmente occultato all’interno di due tombini per la raccolta delle acque reflue siti in Largo della Consulta Femminile a Cosenza (ultimo Lotto di Via Popilia), nella zona considerata la roccaforte del clan Abbruzzese. Tra queste armi, i militari hanno rinvenuto anche una pistola mitragliatrice Marca “Ero” modello “UZI” calibro 9 mm, completa di due caricatori privi di cartucce.

L’omertà e la sfiducia

Nel periodo che va dal primo gennaio 2020 al 7 settembre 2020, nella provincia di Cosenza, sono stati denunciati 124 danneggiamenti (dei quali 8 a seguito di incendio) per i quali sono state arrestate 3 persone e deferite in stato di libertà altre 8. Nello stesso periodo, sono state denunciate solamente 9 estorsioni per le quali una persona è stata tratta in arresto ed altre quattro deferite in stato di libertà. Tale dato basta ad evidenziare «il diffuso senso di omertà in cui versa la popolazione della provincia», dovuto alla paura di ritorsioni da parte dei clan ed alla sfiducia nei confronti dell’operato delle forze dell’ordine e della giustizia. Sentimenti che portano «inevitabilmente ad una stratificata e rassegnata condizione di assoggettamento».

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