LAMEZIA TERME Applausi, sorrisi, strette di mano e selfie. Un’accoglienza calorosa che quasi rispolvera i vecchi ricordi, di quando cioè Matteo Renzi guidata un partito, il Pd, da consensi quasi bulgari. E oggi, a tre anni esatti dalla formazione della sua nuova creatura politica, Italia Viva, e agli sgoccioli di una campagna elettorale improvvisa, e per questo forse ancora più faticosa, l’ex premier è tornato in Calabria, a Lamezia Terme, accompagnato da Maria Elena Boschi, da Ernesto Magorno e Fabio Scionti, oltre alle prime linee e ai candidati di Italia Viva e Azione in Calabria.
Quella di Matteo Renzi doveva essere, sin dal principio, una posizione defilata. Una scelta maturata e studiata per lasciare spazio al nome di Carlo Calenda, quel leader e vecchio amico scelto per guidare il “terzo polo” lungo un percorso ricco di tappe e appuntamenti in vista del voto del 25 settembre che ha visto proprio Renzi spendersi per sostenere la nuova coalizione. Già perché nonostante il peso degli ultimi anni, il nome dell’ex sindaco di Firenze pesa ancora, e molto, nell’economia politica del nostro Paese, ancor di più in un sodalizio nato per rappresentare un’alternativa valida, e soprattutto credibile, rispetto ad uno scenario politico ormai consolidato e che vede il centrodestra proiettato verso una vittoria certa.
Renzi sbarca in Calabria a poche ore dal durissimo confronto a distanza con Giuseppe Conte. Il terreno di scontro è il reddito di cittadinanza che il leader del Movimento 5 Stelle difende con i denti, anche usando toni che, in queste ore, Renzi ha definito da «politica mafiosa». «Io credo che il presidente Conte abbia una responsabilità verso le persone nel Mezzogiorno come nel resto d’Italia – spiega subito Renzi – non incitare alla violenza, non educare all’odio, non istigare con le minacce. Quello che è successo ieri è molto triste perché il presidente Conte ha provocato le persone che più soffrono, che più sono sensibili, anche al richiamo della violenza dicendo “andiamo in piazza senza scorta”, come se non sapesse che le donne e gli uomini della scorta sono pagati per difendere le persone dalle minacce dall’odio».
Proprio sul reddito di cittadinanza Renzi chiarisce: «Allora discutiamo di tutto: io sono per il lavoro, non per il reddito di cittadinanza, in questo modo cosa vuol dire dare una mano a chi non ce la fa? Certo che dobbiamo dare una mano a chi non ce la fa, certo che deve essere sostenuto, ma bisogna aumentare gli stipendi, bisogna creare posti di lavoro, bisogna combattere la criminalità e non si può educare all’odio e alla violenza». Altro tema cruciale in questa campagna elettorale sono le infrastrutture e i continui “no” del passato che ora pesano perché, ricorda ancora Renzi, «quando ci dicevano che sbagliavamo sul Tap, lo ricordate? Se li avessimo ascoltati in Puglia oggi noi avremmo il paese a battere i denti, menomale che qualcuno ha il coraggio di dire sì alle opere necessarie». «Penso – ha detto ancora Renzi – che sia giusto dare una mano a chi non ce la fa, quando io sono diventato presidente del Consiglio, Letta mi ha lasciato la campanella, vi ricordate quel momento? Per la povertà c’erano 20 milioni di euro, quando io ho lasciato la campanella a Gentiloni sulla povertà c’erano due miliardi e settecento milioni. Cosa vuol dire? Che bisogna metterli i soldi per la povertà per trovare posti di lavoro, ma quello che serve è un lavoro e un lavoro pagato bene. La differenza che porta via il Mezzogiorno dal ricatto morale dell’assistenzialismo». «Allora – spiega Renzi – creiamo posti di lavoro, evitiamo che i vostri giovani debbano andare via perché se noi non facciamo le infrastrutture necessarie, diciamo no a tutto, costringeremo i ragazzi calabresi ad andarsene dalla Calabria, come già stanno facendo».
Renzi dal palco infiamma poi lo scontro con il Movimento 5 Stelle, ricordando un incontro passato con Federico Cafiero De Raho, ex procuratore di Reggio e ora candidato grillino. «Federico Cafiero De Raho e io eravamo insieme, e lo ricordo cosa diceva sul reddito di cittadinanza e sulle sue storture. Rispetto a quello che diceva lui, io sto dalla parte dei più favorevoli, poi è chiaro che per una candidatura si cambiano tante idee ma c’è una cosa su cui io non cambio idea: Federico Cafiero De Raho ha detto una cosa sacrosanta, ha detto che il termovalorizzatore è l’unico strumento per contrastare la criminalità organizzata sui rifiuti, bene. Il M5S ha mandato a casa Mario Draghi per non fare il termovalorizzatore, quindi possiamo dire – utilizzando le parole di Cafiero De Raho – che il Movimento 5 Stelle ha fatto un favore alla criminalità».
«Bisogna poi portare l’alta velocità in Calabria, basta ricordare la nostra battaglia, certo aprire le strutture museali, non solo le strutture infrastrutturali. Questo vuol dire il porto di Gioia Tauro, vuol dire investire sullo scalo di Lamezia Terme, questo vuol dire investire sulla Statale 106 Jonica a fare l’investimento che noi abbiamo sbloccato. Ma questo è ciò che serve creare lavoro, poi non ti do una mano se il reddito diventa lo strumento per il quale sto a casa e io ti passo a nero poi la sera per andare in pizzeria 50 euro per fare serata. Ma questo è normale non è colpa di chi lo fa ma il frutto di una visione sbagliata sui navigator, dopodiché si può pensarla come si vuole».
«Facciamo in Calabria un bel confronto su chi ha fatto qualcosa per questo paese e questa Regione – invoca poi Matteo Renzi – facciamo un confronto civile senza scorte e senza evocare le scorte. Qui è il futuro del vostro paese in ballo o di quei ragazzi giovani, ribellatevi a chi vorrebbe formare in carne del reddito di cittadinanza, a chi vorrebbe ricattare mentalmente con l’idea che tanto c’è il sussidio, provateci dobbiamo dare opportunità alle ragazze e ai ragazzi calabresi, non “tranquilli, vi sistemiamo, vi accontentiamo, vediamo un sussidio” e li condanniamo alla povertà perché prendere 500 euro significa essere condannati alla povertà per sempre, per sempre alla mercé del potente di turno. Ribellatevi a chi vuole trasformare in clientela e non in cittadini».
E da Lamezia Terme arriva poi l’abbraccio di Renzi al procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri. «Credo che sia giusto che arrivi una parola chiara e forte di abbraccio affettuoso al procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che è stato oggetto di minacce, uno può condividere o meno le opinioni di Gratteri, quando lui dice che la Cartabia è stato il ministro peggiore non sono d’accordo con lui, anche se non ho svuotato la Cartabia io con il ministro Cartabia ho avuto diverse questioni non dirò mai che è la peggiore, anche perché avendo visto Buonafede era semplice come risposta, però Nicola Gratteri ha ricevuto delle minacce ed è giusto che tutti coloro che vanno a visitare in campagna elettorale, non solo luoghi, Regioni e Province della Calabria, facciamo sentire a Nicola Gratteri tutto l’affetto e la solidarietà delle istituzioni». (redazione@corrierecal.it)
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