COSENZA Scontata la pena detentiva, Adolfo D’Ambrosio lascia il carcere di Sassari e fa ritorno in Calabria. Quello che gli investigatori impegnati nell’operazione “Reset” individuano come «organizzatore e promotore dell’associazione di ‘ndrangheta» – dedita ad usura, estorsioni, esercizio abusivo del credito, traffico di sostanze stupefacenti – raggiunge l’aeroporto di Lamezia Terme.
Alle 22:25 del 13 luglio 2019, nell’area esterna del parcheggio dello scalo lametino viene accertata la presenza di quattro indagati: Aldo D’Ambrosio (figlio di Adolfo), Massimo D’Ambrosio, Ivan Montualdista e Fabiano Ciranno. Alle 22:40 circa «sopraggiungeva una macchina di colore grigio con a bordo l’indagato Simone Ferrise, quest’ultimo dopo esser sceso dalla vettura si unisce al gruppo». Chi indaga però ritiene di fondamentale importanza la conversazione datata sempre 13 luglio 2019 intercorsa tra Adolfo e Massimo D’Ambrosio. Fin dall’inizio del colloquio, si apprende come Adolfo D’Ambrosio «stesse impartendo ai suoi sodali le proprie direttive in vista dell’attuazione del futuro programma criminoso» e nel colloquio non risparmia una frecciata nei confronti dei componenti della famiglia Di Puppo: «Hanno finito i Di Puppo che vanno a fare le estorsioni loro». E rivendica il suo ruolo apicale all’interno dell’organizzazione: «Che ora vi dico io quello che si fa…ora glielo dico io che mi deve parlare».
Adolfo D’Ambrosio parla del periodo in cui era lui a riscuotere le estorsioni a Cosenza. «Comunque dobbiamo parlare di tante cose ragazzi», ed esclude di voler stringere rapporti con i fratelli Di Puppo. «Se vengono a casa che proprio ce li mettono sopra il tavolo…senti…prenditi questi soldi…qua non ci sei mai stato…devono morire di fame … li devono andare a fare i fratelli Di Puppo le estorsioni e qualcun altro», e specifica di volersi parlare solo con «Renato» (Mario Piromallo). Gli interlocutori, gli odierni indagati, discutono delle vicende intercorse subito dopo l’arresto di Adolfo D’Ambrosio ed in particolare di alcune voci circolanti negli ambienti criminali che alludevano ad una sua possibile collaborazione con la giustizia. La preoccupazione dei clan era legata ad un articolo di stampa che annunciava il pentimento di D’Ambrosio. Ferrise conferma: «Mi chiamano quelli di Reggio e mi dicono…sali qua subito». Lo stesso Ferrise tranquillizzerà tutti: «è impossibile». Lo spessore criminale di D’Ambrosio è «notevole», in occasione del suo rientro a Cosenza «vengono esplosi dei fuochi d’ artificio» ma lo stesso capo dell’omonimo gruppo si mostra contrariato. «Ma vaffanculo…eh…una vergogna…». (f.b.)
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