CATANZARO Alle cosche faceva comodo avere un “amico” nei sindacati per poter «parlare con le ditte con cui era più difficile parlare». Santo Mirarchi, collaboratore di giustizia, ex riferimento delle cosca Arena nel capoluogo di regione, ieri, nel corso del processo “Basso Profilo”,rispondendo alle domande del sostituto procuratore di Catanzaro Paolo Sirleo, ha raccontato che Antonio Gallo, 42 anni, imprenditore di Sellia Marina ritenuto legato alle cosche crotonesi, «aveva un amico della Cisl e noi volevamo che gli operai delle ditte edili si iscrivessero al sindacato così potevamo parlare con le ditte con cui era più difficile parlare».
Le ditte edili dovevano prendere il materiale da Gallo – ha spiegato il collaboratore, rappresentato dall’avvocato Michele Gigliotti – «e Gallo poi dava una piccola percentuale a noi».
Secondo l’accusa Gallo «fungeva da riferimento operativo delle organizzazioni ‘ndranghetistiche insistenti nell’area geografica di Sellia Marina, Catanzaro, Botricello, Mesoraca, Roccabernarda, Cutro e Cirò Marina; in particolare, forte del legame tra gli altri con Mario Donato Ferrazzo del locale di Mesoraca, Domenico Megna del locale di Papanice, dei maggiorenti delle cosche cirotane, di Antonio Santo Bagnato del locale di Roccabernarda, avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, gestiva in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese, si procacciava appalti con enti pubblici anche attraverso il potere intimidatorio derivante dal vincolo associativo…».
Mirarchi ha raccontato che Gallo fece fare un operaio sindacalista della Cisl e lo stesso collaboratore si era iscritto al sindacato. «Questo sindacalista gestiva gli operai, dava il lavoro ma si prendeva una percentuale che poi lui girava a Gallo e poi a noi».
Mirarchi ha parlato anche di Umberto Gigliotta, 40 anni, di Catanzaro, considerato uomo della cosca Trapasso. Di Gigliotta ha raccontato che giudici e avvocati gli davano dritte per le aste giudiziarie. «Lui stesso mi raccontava delle attività che faceva per i Trapasso, mi aggiornava anche per evitare di subire danneggiamenti», ha detto Mirarchi.
Nel corso delle domande preliminari sulla sua persona, Santo Miararchi ha detto che ha deciso di collaborare nel 2016. Nel passato è stato un uomo degli Arena con la seconda dote di ’ndrangheta ottenuta nel carcere di Siano nel 2009. Ha ottenuto i battezzi Vincenzo Manfredi e portava in copiata Gino Costanzo e Santino Gigliotti.
Nel 2005 ci fu una guerra tra Arena e Grande Aracri per spartirsi gli appalti. Quando venne trovato un accordo la figura di Miararchi divenne una figura di riferimenti su Catanzaro. E oggi il collaboratore parla e punta il dito.
Venerdì sette ottobre sarà la volta del collaboratore Domenico Iaquinta che, a differenza di Mirarchi, nel processo è anche imputato. (redazione@corrierecal.it)
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