LAMEZIA TERME La parola chiave di queste elezioni politiche probabilmente è stata una parola che non è mai stata pronunciata. Complice la ristrettezza dei tempi imposta da un voto sul finire dell’estate, complice la cronica perifericità della nostra regione rispetto ai circuiti politici e mediatici nazionali, la parola chiave che è mancata, nel dibattito complessivo a livello generale, è stata (purtroppo) una: Calabria.
A parte gli accenni molto “en passant” che i leader dei partiti hanno fatto nelle loro fugacissime tappe nella nostra regione, la Calabria con il carico delle sue emergenze – a partire dalla ‘ndrangheta, che in realtà è un’emergenza ormai globale – non ha fatto mai capolino negli interventi, nei commenti e – cosa forse ancora più grave – nei programmi elettorali. L’eterna Cenerentola. Nascosta, la Calabria, nel capitolo onnicomprensivo del Sud e delle Politiche per il Mezzogiorno, come se la Calabria non avesse una sua specificità e non configurasse una questione peculiare nella più ampia questione meridionale che comunque ancora c’è tutta quanta e irrisolta. E speculare a questa dinamica, forse addirittura funzionale, è l’altra parola chiave che invece ha fatto spesso capolino nel dibattito, però quello regionale: la parola “paracadutati”, usata per descrivere l’ennesimo film della Calabria utilizzata dai partiti nazionali come colonia per garantire spazi e seggi sicuri (più o meni o sicuri) a quanti da Napoli in Su non avevano più questi spazi e questi seggi sicuri. A parte lodevoli eccezioni – Forza Italia e, in parte, il Pd – nessun partito politico si è sottratto a questo fenomeno che è ormai una costante almeno da 15 anni nelle elezioni politiche in Calabria. Con la riduzione dei numero dei parlamentari il grande rischio è un ulteriore sottodimensionamento della deputazione calabrese alla Camera e al Senato: magari stavolta saranno “pochi ma buoni”, sostiene qualche osservatore politico. Altri temono che possano essere comunque pochi ma nemmeno buoni…
Nel complesso, comunque, almeno nel dibattito elettorale per così dire “domestico”, qualche contenuto e quindi qualche parola chiave hanno fatto la loro comparsa, nelle dichiarazioni in genere “mordi e fuggi” dei candidati e dei dirigenti politici che hanno sfilato in Calabria. Nessun “claim” in verità è emerso su tutti. Qualche tema come la lotta alla ‘ndrangheta è stato affrontato più di tutti: in verità parecchio di malavoglia tranne che dai tanti magistrati in lizza nella regione, e comunque nulla che sia andato oltre la genericità degli impegni e la banalità delle visioni (e delle solidarietà e/o endorsement pelosi…). Altri temi sul tappeto, declinati a seconda della convenienza (con enfasi o con disprezzo) e fondamentalmente solo perché stimolati da cronisti e intervistatori: l’insistere di tanti sul reddito di cittadinanza, o sulla sanità (il sottotitolo “medici da Cuba” ha parecchio “tirato”) o sulle infrastrutture, tra cui la “fuffa” del Ponte sullo Stretto, solito “must” usato più che altro come arma di distrazione di massa.
Mentre sul piano prettamente politico la parola chiave più usata, anche dal diretto interessato, è stata “tagliando”, nel senso di elezioni politiche che in realtà sono state elezioni regionali-bis, un voto test per il governatore Roberto Occhiuto e la sua Giunta e per gli equilibri della maggioranza di centrodestra alla Cittadella e a Palazzo Campanella. Ed è probabilmente questo il motivo di maggiore interesse che catalizzerà l’attenzione generale nello scrutinio. (c. a.)
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