COSENZA I rapporti con i diversi clan della ‘ndrangheta sono il segno tangibile di contatti intensi e proficui. Ma soprattutto remunerativi e fondamentali nell’ottica della gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti a Cosenza e nell’hinterland. Quelli dei “Banana” Abbruzzese e ricostruiti dalla lunga inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, riportati nell’ordinanza del gip, sono scambi e affari emblematici con i personaggi legati alla ‘ndrangheta attiva sulla fascia jonica reggina, tradizionalmente interessata dalla presenza di varie organizzazioni mafiose e di narcotrafficanti.
«Compa’ forse non ci siamo capiti. Io vi ho detto che vi sto facendo una cortesia…» dice Luigi Abbruzzese ad un soggetto non riconosciuto ma dallo spiccato accento della fascia jonica reggina, nel corso di una conversazione intercettata dagli inquirenti, considerata determinante. «Se voi la volete lasciare, lasciatela (…) però io vi dico, io qua quella che caccio ti pago, quella che non caccio te la volto». E ancora, riferendosi anche alla qualità della droga: «Io ve l’ho detto il prodotto che ho io lo pago a tot non è che non ve l’ho detto! Questa qua credimi che è immondizia». Al centro del dialogo c’era, secondo gli inquirenti, la proposta di acquistare poco più di 700 grammi di droga per 5mila euro. E nonostante la qualità della droga sia giudicata «immondizia» senza neanche troppi giri di parole, forti della posizione dominante dei Banana, i reggini premono per effettuare lo scambio, introducendo anche un argomento consueto nei clan di ‘ndrangheta, ovvero la necessità di sostenere i sodali attualmente detenuti. «Abbiamo problemi con i carcerati attualmente, parliamo chiaro – dice l’interlocutore a Luigi Abbruzzese – Vabbè voi ne avete quattro cinque in famiglia, noi siamo inguaiati proprio».
Un altro canale di approvvigionamento della droga preferito dai Banana, in particolare per quello che riguardava l’eroina, era costituito dal gruppo dei cugini omonimi di Cassano allo Ionio. Lo scrive nero su bianco il gip all’interno dell’ordinanza perché è un particolare emerso nel corso di una conversazione captata dagli inquirenti. In questo dialogo è Luigi Abbruzzese a conversare con il cugino Nicola, noto come “Semiasse”, originario appunto di Cassano. Un incontro importante anche per un altro motivo. Luigi Abbruzzese, infatti, aveva maturato un debito cospicuo nei confronti del cugino dopo l’acquisto di una precedente partita di droga. Debito che, presto o tardi, andava saldato. «Sul bene di mio figlio, non sto facendo… non ne sto prendendo, sul bene di mio figlio…» spiega Luigi al cugino Nicola «sul bene di papà faccio tutto il possibile, mi devono ammazzare, non sono solo io! Anche da Marcolino, ti faccio vedere come (…) sul bene di papà Nico’, hai visto la settimana che non abbiamo potuto lavorare…». Così Luigi Abbruzzese cercava di giustificare il ritardo del pagamento del debito. «Sul bene di mio figlio faccio tutto il possibile…».
Ma la gestione dello spaccio di droga, oltre ad essere un business proficuo nonché fondamentale per esprimere il proprio controllo criminale capillare sul territorio, nasconde delle insidie e presenta inevitabilmente problemi di gestione. Gli esempi non mancano e sono emersi in larga parte nel corso dell’attività investigativa coordinata dalla Dda catanzarese. A cominciare dalla diffidenza del leader Luigi “Pikachu” Abbruzzese e dall’interesse nella gestione del numero di pusher, poco più di una trentina sparsi per il territorio di Cosenza. Dettagli emersi anche nel corso di una conversazione intercettata e in cui Andrea Greco e Antonio Abbruzzese discutono proprio del clan dei “Banana”. «Il problema vostro sai qual è? Nemmeno il tuo, quello di Luigi, che si sente sempre derubato, vi sentite derubati». Secondo Greco, in particolare, il problema sarebbe proprio “Pikachu”, a suo parere troppo diffidente e ossessionato dall’idea di essere defraudato da qualche altro affiliato. «Se noi eravamo tutti uniti – dice Greco – ci eravamo presi tutta Cosenza».
«Un conto che io ho a che fare con te, ed un conto che io ho a che fare con 10 persone (…) quanto devo fare per prendere 1000 euro ciascuno, 10 o 15 persone (…) ah è un altro discorso, con 30 persone come fai?». Per il boss Luigi Abbruzzese, poi, uno dei nodi cruciali per i Banana è il numero effettivo di pusher a disposizione. «Pure con niente, sul bene dei figli, ci riunivamo 4 o 5 persone facevamo grandi affari!» asserisce poi Greco, spiegando ad Abbruzzese che forse, anche con pochi uomini, avrebbero fatto affari più redditizi, imponendo a tutti poi l’acquisto dello stupefacente dal loro gruppo, rimarcando così la potenza del loro sodalizio criminale. «Te la devi prendere da me, se vuoi lavorare te la devi prendere da me fratello!». (redazione@corrierecal.it)
x
x