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«Un degrado inarrestabile»

Non so se gli italiani siano o meno dei deficienti, ma ricordo a me stesso ciò che sugli italiani affermava il Duce del fascismo, ossia che egli non trovava difficile governarli, quantunque lo rit…

Pubblicato il: 29/09/2022 – 10:51
di Nunzio Raimondi
«Un degrado inarrestabile»

Non so se gli italiani siano o meno dei deficienti, ma ricordo a me stesso ciò che sugli italiani affermava il Duce del fascismo, ossia che egli non trovava difficile governarli, quantunque lo ritenesse inutile.
E proprio partendo da questa affermazione mi sono negli anni radicato nel convincimento, supportato in ciò da una formazione di base decisamente antifascista, che la democrazia avrebbe restituito al popolo quella dignità che l’amara esperienza autoritaria gli aveva tolto.
Con la liberazione dalla dittatura fascista, infatti, l’Italia ritrovò la gioia di affratellarsi nel “patto sociale” chiaramente descritto nella nostra Carta fondamentale, sicché ogni altra forma di fratellanza – ed ogni altra obbedienza – che si ponesse come alternativa alle leggi dello Stato -forse è giusto ricordarlo- era ed è tuttora fuori dalla Costituzione!
Fin da bambino mia madre, felice memoria, mi rassicurava sul fatto che studiando e preparandomi bene per la mia vita da adulto, avrei servito il mio Prossimo decorosamente e sarei stato premiato per questo dalla società.
Divenuto padre ho trasmesso a mia volta questi valori ai miei figli, seppure oggi mi sento in terribile imbarazzo nel vedere una classe politica che si è completamente sbarazzata della competenza (addirittura malsopportando i cosiddetti tecnici) senza preoccuparsi minimamente di unire all’arte politica anche la preparazione ed anzi, di quest’ultima, facendo volentieri a meno.
Tanto che i principali commentatori politici già profetizzano che il Presidente della Repubblica, al quale (grazie alla Costituzione vigente) spetta ancora il compito di scegliere i ministri, sarebbe orientato ad assicurare, almeno per i ministeri-chiave, nomi di altissima competenza ed autorevolezza internazionale (tecnici, sia pure d’area), lasciando “il resto” alla lottizzazione partitica ed alla classe politica, questa si deficiente.
Del costume politico non parlerò perché perfino la coerenza è oramai un lontano ricordo, ma è lecito chiedersi perché mai un/una giovane brillante dovrebbe sacrificarsi per prendersi una laurea, formarsi con specializzazioni in Italia ed all’estero, se poi per fare il presidente del consiglio dei ministri nel nostro Paese basta un diploma dell’Alberghiero, perché mai dovrebbe essere candidato se poi fra Cottarelli e Santanchè, si sceglie quest’ultima per servire il Paese, se il prof. Tremonti resta fuori dal Parlamento!
Scusate, ma per me son cose dell’altro mondo!
Forse c’è che, in Italia, per il governo del Paese e per le cariche pubbliche, vige la stessa regola che oramai ha completamente distrutto interi settori nevralgici della società: avanti senza merito.
E senza scimmiottare Calenda, mi sento di dire che di questo degrado siamo responsabili tutti, chi più chi meno, ma tutti, perché abbiamo consentito di calpestare, spesso per un tornaconto personale, le virtù,l e qualità, incentivando viceversa l’incompetenza e le abilità pratiche.
Ed in questa deplorevole pratica della “dittatura della cazzonaggine” non c’è davvero nessuno che si salvi!
In questa campagna elettorale ho sentito cose esilaranti: una persona che si autoproclamava premier prim’ancora che il Capo dello Stato la chiamasse per l’incarico; una candidata al Parlamento, leader di una forza politica in campo, che ha addirittura condotto la campagna elettorale “per fare il premier” senza alcun rispetto per la Costituzione!
Ricordo a me stesso che la Costituzione è ancora vigente e che gli italiani, ancora di recente, l’hanno difesa rispetto agli assalti di Renzi e compagnia…
E sommessamente faccio memoria del fatto che le leggi di revisione costituzionale non richiedono soltanto maggioranze parlamentari elevate ma esigono, sopratutto, un referendum popolare confermativo.
Penso che siamo, quindi, abbastanza lontano da un presidenzialismo secco (l’Italia porta ferite profonde rispetto “all’uomo solo al comando”,sarà bene non dimenticarlo).
Magari era anche finzione o, peggio, simulazione, ma quando ero ragazzino c’era almeno un po’ di decenza: non esisteva che uno si autocandidasse ma si esigeva che fosse candidato, ossia che gli si chiedesse il “sacrificio” di servire il bene comune tralasciando l’interesse proprio. O, quantomeno, che s’impegnasse in un percorso di lenta e progressiva formazione nel partito (all’epoca interessati a produrre classe dirigente all’altezza dell’alto compito che la Politica reclama) per esser pronto, a tempo debito, a servire la comunità.
Oramai da tempo i partiti sono diventati enclave di capi e loro fedelissimi quanto condiscendenti sodali.
Insomma, la realtà attuale è sotto gli occhi di tutti e non vi è alcun bisogno di commentarla, ma una cosa è certa: raccomandando ai nostri figli d’impegnarsi per servire adeguatamente la comunità, nei vari settori sociali, rischiamo di essere presi a male parole.
Tutto ci smentisce: povera Italia!

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