L’aspetto più incoraggiante di questi ultimi giorni, nei quali riflettiamo con delusione e frustrazione sui risultati elettorali di Unione Popolare, è la volontà, espressa da tutti coloro che intervengono coi loro commenti, di continuare la nostra avventura. Si legge la stessa determinazione con cui abbiamo affrontato, nelle condizioni più avverse, la sfida quasi impossibile di raccogliere, nel cuore di una delle estati più torride del millennio, le decine di migliaia di firme richieste per la partecipazione alla campagna elettorale. E bisogna aggiungere che pari ostinazione hanno mostra tomigliaia di cittadini, i quali hanno affrontato in paziente fila, il sole ustorio di agosto per potere apporre la loro firma. Dunque volontà di continuare il nostro progetto come del resto avevamopromesso.Ma come? In che forma, con che modalità organizzativa?Dobbiamo fare il salto da una lista elettorale imbastitaprecipitosamente – ma, bisogna riconoscere, ammirevolmente ben fatta –a una struttura più stabile, pensata accuratamente nei suoi organismirappresentativi, in grado di garantire democrazia ed efficienzaoperativa. Non è un obiettivo che si raggiunge in un giorno, mabisogna, con il concorso di tutti, gettare da subito le primefondamenta su cui costruire l’edificio. A mio avviso sarebbe molto utile organizzare intorno a metà ottobrequella Assemblea costituente di due, tre giorni che De Magistris avevaproposto prima che dovessimo affrontare le elezioni anticipate.Sarebbe innanzitutto um modo di reincontrarci o di conoscerci per laprima volta. I compagni e le compagne sentono anche un gran bisogno diraccontarsi, di narrare le loro esperienze, esprimere le lorocritiche, suggerimenti, proposte. La volontà militante – chepurtroppo, di questi tempi, non è una virtù civile diffusa – sirafforza se tutti si sentono protagonisti di un progetto, se hannodiritto di parola, alla pari con gli altri. Naturalmente occorre arrivare all’appuntamento con qualche ideaorganizzativa.L’appuntamento deve essere in parte una festa ma deveconcludersi con indicazioni operative ben chiare, perchè tutte e tuttitornino a casa sapendo come proseguire. Provo perciò a buttare giùdelle idee da prendere come contributo sperimentale alla discussioneche seguirà. E la prima cosa che mi sento di dire è che – con tutte levariazioni, declinazioni originali che possiamo immaginare –io nonvedo organizzazione più efficiente, capace di tenere insiemepluralismo delle idee e capacità di azione, del partito.
Il partito, non dimentichiamolo, «lorganizzazione della volontà collettiva» (Gramsci) è una grande conquista della modernità, ha sottratto gliindividui al loro isolamento molecolare e ne ha fatto una comunità dilotta, un protagonista di prima grandezza dell’età contemporanea intutto il mondo. Anche se adesso i partiti non sono, almeno in Italia,che agenzie di marketing elettorale, noi dobbiamo tentare questomodello, sapendo che abbiamo intorno altre forze di sinistra con cuidobbiamo dialogare e un arcipelago vastissimo di associazioni,circoli, gruppi che non faranno mai parte di un partito, ma chesaranno i nostri compagni esterninelle varie battaglie e mobilitazioniche condurremo. Un partito necessita di un portavoce e noi l’abbiamo.
Chi ha seguito De Magistris anche nelle poche apparizioni televisive ha potutoconstatare la sua capacità di rappresentarci e di dare calorecomunicativo ai punti del nostro programma. Questo al netto della suaesperienza politico-amministrativa che nessuno di noi possiede.
Naturalmente, come ho sempre sostenuto, se il suo ruolo e la suafigura nel nostro collettivo, sono naturaliterpreminenti, dobbiamo evitare di imboccare la strada del partito del leader. Questa tendenza, ormai dominante dappertutto, va contrastata come effettodello svuotamento di democrazia che i partiti hanno subito negliultimi decenni, soprattutto in Italia. In concomitanza, del resto, con la torsione autoritaria che ha investito l’intera società, a cominciare dai sistemi elettorali. Il neoliberismo non ha liberato nessuno, ha creato nuovi vincoli e nuove servitù. Mentre la società dello spettacolo tende a rappresentare la politica come un gioco disocietà tra leader facendo scomparire tutti gli altri. Quindi il portavoce deve avere attorno un gruppo dirigente rappresentativo delle varie anime di UP, che al momento sonoi dirigenti delle forze politiche che la compongono. Potremmo chiamarla Segreteria Direttivo, si vedrà. Naturalmente in seguito bisognerà inventare procedure elettive che garantiscano unfunzionamento pienamente democratico. E va da sé che occorreràelaborare uno statuto. Potrebbe essere il caso di coinvolgere ungruppo di saggi – personaggi di prestigio esterni a UP – che ciaiutino in questo compito di selezione e fondazione delle regole didemocrazia interna. Un altro organismo che al momento io vedo necessario, per un primoassetto organizzativo, è un Comitato territoriale, vale a dire unorgano in cui siano presenti i rappresentanti di tutti i territori,che si riunisce con una periodicità da stabilire. Si dovrà poi capire se una rappresentanza di dimensione regionale sia la misura più giustae meglio gestibile. Scendendo al livello organizzativo di base, cioé alla necessità dicreare delle unità organizzative che possiamo chiamare circoli, sezioni, presidi , case del popolo o in altro modo, si pongono dei problemi politici rilevanti, anzi, il problema politico principaleper la costruzione di un partito. Vale a dire il passaggio di Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, Dema e tutte le formazioniminori alla nuova creatura chiamata Unione Popolare. Voglio premettereche io sono uno storico e per giunta un vecchio militante e possocapire forse più di altri l’attaccamento quasi carnale di tanticompagni alle proprie bandiere. So che in quel legame c’è un pezzo distoria della propria vita, battaglie, sacrifici personali, marce enottate. Per questo ho il massimo rispetto per tali sentimenti difedeltà, che davvero splendono di nobiltà di fronte alle giravolte deivoltagabbana della nostra scena parlamentare e partitica.
Ma lapolitica, specie quella che ha l’ambizione di cambiare il mondo, è consapevolezza del proprio tempo e coscienza della propria storia. Ela nostra, non dimentichiamolo, negli ultimi decenni è stata una storia di divisioni e lacerazioni. Dobbiamo essere consapevoli che se non vogliamo limitarci a fare opera di testimonianza, ma abbiamo l’ambizione di ottenere largo consenso dagli italiani, diventare forti per aiutare chi è stato emarginato, noi non possiamo presentarci comei resti di un esercito sconfitto.
Diciamo la verità: Rifondazione, Potere al Popolo, Dema appaiono agli osservatori esterni come la testimonianza della sempiterna divisione della sinistra. Aggiungo qui un’altra considerazione: è il nostro vasto e disperso popolo dimilitanti e semplici elettori, deluso e scoraggiato, che vive come undramma le nostre divisioni. Ne ho avuto ulteriori, molteplici provedurante la campagna elettorale. E il fatto di non accorgercene è lanostra maggiore colpa e una delle causa della nostra per durante marginalità. Dunque l’Unione Popolare è un passo in avanti, una conquista a cuioccorre guardare con fiducia e generosità, puntando a rendere tendenzialmente ancora più vasto il campo dell’ unità con le altreforze anticapitalistiche che esistono in Italia. Ricordo che Melanchon, Iglesias, Corbin, Ken Loach, non avrebbero espresso il loro autorevole appoggio alle singole forze se esse non si fosseropresentate sotto il simbolo unitario dell’Unione. Passando perciò ai più terrestri problemi organizzativi io credo necessario, con tempi di maturazione che varieranno da situazione asituazione, che occorre creare dovunque sia possibile circoli, sezioni, case del popolo, ecc , con l’insegna di Unione Popolare, magari unificando le poche forze che abbiamo anche in uno stessolocale.
Bisogna imparare a vivere insieme: anche questa è intelligenzapolitica, lavoro di costruzione del partito. Quanto più realizziamo ed esprimiamo spirito unitario tanto più diventiamo e appariamo forti ecredibili. E qui vorrei concludere con tre osservazioni e proposte. Dobbiamo trasmettere ai cittadini il senso della nostra utilità sociale. Oggi, fondatamente, la maggioranza degli italiani – come testimonia anche ilcrescente astensionismo – considera gli esponenti dei partiti come unceto sociale parassitario. Vendono propaganda elettorale e in cambioricevono i nostri voti: cioé soldi, potere, privilegi, visibilitàmediatica in cambio di nulla. Quando non compiono scelteantipopolari…
Noi siamo diversi, abbiamo programmi alternativi, ma non abbiamo ancora fatto niente, come Unione Popolare,per convincere icittadini che siamo diversi e che potremmo realizzarli. Molto opportunamente, De Magistris ha cercato di smarcarsi da questa immagine, di rendersi credibile nel grande frastuono pubblicitario della campagna elettorale, ricordando la propria esperienza disindaco. Ma noi siamo agli inizi e dunque dico che i nostri presidi nelterritorio devono assomigliare a sedi di volontariato. I cittadini delquartiere devono vedere in esse non soltanto il luogo dove si discutedi politica, ma dove si insegna un po’ di italiano agli immigrati, siorganizzano i GAS per portare le cassette di cibo a casa deglianziani, si aiutano le persone inesperte a risolvere al computer iloro problemi amministrativi. Attenzione a quest’ultimo aspetto: l’analfabetismo informatico di tanti cittadini costituisce oggi unalimitazione dei loro diritti. È come l’analfabetismo totale degli anni’50. Ma questi nostri centri dovrebbero essere in grado, con altreforze, di organizzare campagne ambientaliste con i giovani, i qualioggi sembrano interessati solo a questa forma di militanza. Quindi giornate dedicate alla pulizia dei giardini pubblici, delle spiagge, per la piantumazioni di alberi in città, ecc. Ma c’è un altro aspetto su cui voglio richiamare la vostra attenzione: noi dobbiamo distinguerci nel linguaggio, parlare davveroai sentimenti delle persone, scambiare esperienze umane anche senzavolontà di coinvolgimento politico.
L’ideologia neoliberistica ha ridotto la società a una giungla competitiva e noi dobbiamo combatterla a partire dal nostro comportamento, dalle nostre parole. Icittadini non hanno solo bisogno di vedere abbassate le bollette eaumentati i salari, vorrebbero sentire risuonare di nuovo le parole dell’amicizia, della solidarietà, della fratellanza e dellasorellanza. Prendiamone atto: un Grande Inverno ha inaridito i sentimenti che avevano tenuto insieme milioni di persone, unite dalle stesse speranze e dagli stessi sogni. Le nostre città sono aggregati di solitudini frettolose: perciò occorre creare momenti di pausa, difermo, di incontri senza fini utili, di festa, di bighellonaggio, di sberleffi alla società agonistica, spietata e stupida della corsa aldanaro. Organizziamo giornate di rivolta civile spese per strada enelle piazze a chiacchierare con gli amici, giocare con nostri figli e nipoti, coi nostri animali.
Rendiamo consapevoli le persone di essere incalzate dal potere in ogni momento della loro vita, insegniamo loroa liberarsi. Al tempo stesso dobbiamo esprimere un atteggiamento dicura verso l’altro perché oggi lo dobbiamo avere anche per la natura,ferita dal nostro saccheggio. Noi saremo davvero il nuovo mondopossibile se riusciremo a legare insieme la fratellanza fra di noi conquella per tutte le altre creture viventi oggi in pericolo. Il rapporto con il mondo cattolico sensibile al messaggio di papa Francesco, maanche con le compagne e i compagni che si raccolgono nella Societàdella cura, con tanti movimenti ambientalisti, i ragazzi di Fridaysfor Future, ecc. diventa in questo modo possibile. Infine una proposta che ho già avanzato e che ripeto. Io ho i rapporti personali necessari per poter organizzare una Scuola di culturapolitica e ambientale on line, capace di diventare, con una lezione daremoto ogni settimana, un nostro marchio culturale e al tempo stesso uno strumento di formazione, di allargamento della nostra influenza, di arricchimento e unificazione della soggettività politica di tanti italiani, di dialogo con le altre forze di sinistra.
Ogni settimana uno studioso terrà una lezione su un tema di sua competenza, che gli verràrichiesto secondo un calendario da costruirsi, così che centinaia dimigliaia di persone possano ascoltarla in ogni angolo d’Italia. Ma per fare questo occorre una grande piattaforma informatica. Lo strumento,tra l’altro, che ci può consentire l’informazione alternativa alla manipolazione sistematica della TV capitalistica. Questione non solo tecnica, ma anche politica. Occorre che le mailing list di Dema, Rifondazione, Potere al Popolo e delle altre formazioni si fondano. Ancora una volta dunque occorre un altro salto verso l’unificazione di Unione Popolare.
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