VIBO VALENTIA In tutto il territorio vibonese continua l’egemonia della cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, per la Dia un «qualificato interlocutore con i clan della provincia di Reggio Calabria e in particolare con quelli stanziati da tempo nella Piana di Gioia Tauro».
Nel report relativo al secondo semestre del 2021 della Direzione Investigativo Antimafia viene altrettanto sottolineato come negli ultimi tempi abbia inciso notevolmente il peso di diverse operazioni contro la ‘ndrangheta, su tutte ovviamente “Rinascita-Scott” che, l’8 novembre 2021 ha portato al primo importante risultato. In quella circostanza il gup di Catanzaro ha comminato oltre 650 anni di carcere in 70 condanne per coloro che hanno scelto il rito abbreviato. Così come con “Imponimento” che ha colpito le cosche Anello-Fruci. Anche in questo caso a gennaio il gup ha emesso 65 condanne per oltre 500 anni di carcere.
Ma non è tutto. Nel report, infatti, è stato sottolineato anche la cattura, avvenuta il 14 dicembre 2021, di due importanti latitanti sfuggiti al blitz di Rinascita. Si tratta di Salvatore Morelli e Domenico Tomaino, prima localizzati e poi catturati in un’abitazione di Conidoni, frazione di Briatico, in provincia di Vibo Valentia mentre erano a cena, senza neanche avere il tempo di capire cosa stesse accadendo. Una fuga durata due anni per Morelli, 38enne, noto come “Turi l’americano” e il cognato, Domenico Tomaino, 29 anni, detto “il Lupo”.
Mancuso ma non solo. Nel report della Dia viene rimarcata la presenza anche di altri ben noti clan che disegnano, uno ad uno, la mappa di un territorio, quello Vibonese, segnato da una presenza tanto ingombrante quanto preoccupante. A Vibo Valentia si registra la presenza dei Lo Bianco-Barba, dei Camillò-Pardea e dei Pugliese, mentre sul litorale del capoluogo ci sono i Mantino-Tripodi che vantano proiezioni anche fuori regione. Nell’hinterland della città è persistente, invece, il locale di Piscopio mentre nelle zone tra Maierato, Stefanaconi e Sant’Onofrio, risultano rispettivamente attive le famiglie Petrolo, Patania e Bonavota.
Per quanto riguarda invece l’hinterland della provincia di Vibo Valentia, la geografia non è cambiata neanche nell’ultima relazione della Dia. Nell’area di Serra San Bruno, infatti, sono tuttora presenti i Vallelunga-Viperari, mentre nel comune di Soriano Calabro gli Emanuele in contrasto con i Loielo. Nella zona di Zungri e Briatico rimane attiva la cosca di ‘ndrangheta degli Accorinti-Fiammingo-Barbieri-Bonavena, a Tropea sono presenti i La Rosa, mentre nei comuni di Pizzo, Francavilla Angitola, Filogaso e Maierato sarebbero attive le famiglie Fiumara, Manco e Cracolici.
Controllo della provincia, ma non solo. Nella relazione semestrale, infatti, la Dia sottolinea come i clan vibonesi siano riusciti nel corso degli ultimi anni a superare i confini regionali. Arrivando, ad esempio, in Emilia-Romagna, regione dove «anche nel semestre in riferimento evidenzia come la condotta delle cosche parrebbe indirizzata sempre più verso l’infiltrazione dell’economia abbandonando quasi del tutto l’atteggiamento basato sul tradizionale controllo del territorio e sulle manifestazioni di violenza». Anche nel semestre in esame, il secondo del 2021, i Mancuso di Limbadi hanno mantenuto il controllo del territorio, insieme alle cosche reggine (Bellocco, Iamonte, Mazzaferro, Morabito-Palamara-Bruzzaniti) e quelle crotonesi (oltre ai cutresi, anche i cirotani Farao-Marincola).
Quella delle cosche vibonesi è – secondo la Dia – un’espansione continua che ha varcato anche i confini nazionali, in un quadro comunque di controllo e gestione condiviso, spesso, con altre famiglie ‘ndranghetiste calabresi. Come nella Repubblica Slovacca, uno dei migliori esempi di come «i nuovi sbocchi commerciali determinatisi a seguito del crollo del muro di Berlino» – scrive la Dia nel report – «abbiano attirato verso alcuni Paesi dell’Est europeo» tra cui la Repubblica Slovacca, «le mire espansionistiche delle organizzazioni criminali di matrice italiana, sempre alla ricerca di “mercati nuovi” per poter riciclare proventi illeciti e per poter realizzare reati economici». In particolare, sempre secondo il report della Direzione Investigativa Antimafia, i sodalizi del vibonese, negli anni, sono stati in grado di realizzare ingenti profitti attraverso attività di riciclaggio e anche truffe, che hanno visto negli istituti bancari le maggiori vittime, oltre ad essersi infiltrati «nel settore agroalimentare distinguendosi per la sottrazione indebita di fondi europei di settore». Circostanza che ha avuto anche dei riflessi drammatici. Già perché gli interessi illeciti nei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea erano stati messi in luce dal giornalista investigativo Jan Kuciak, assassinato nel 2018.
Sulla cosiddetta “rotta-balcanica” gli interessi dei clan calabresi si incrociano con quelli di altri Paesi. Come in Romania che gode – secondo la Dia – di una posizione peculiare, un «corridoio utilizzato dalla criminalità internazionale per far viaggiare elevati quantitativi di stupefacenti, soprattutto del tipo eroina, provenienti dalla Turchia». Sul fronte ‘ndranghetista, i clan calabresi coinvolti sono molteplici. Oltre a quelli reggini, però, ci sono anche quelli vibonesi ovvero i Mancuso e i Bonavota ma anche gli Anello e i Piscopisani. (redazione@corrierecal.it)
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