SCILLA Scilla, provincia (‘ndranghetista) di Sinopoli. Dall’inchiesta della Dda di Reggio Calabria “Nuova Linea”, che ha tracciato un quadro delle infiltrazioni mafiose nel settore turistico in una delle perle del Tirreno calabrese, emergono contatti e relazioni tra la ‘ndrina operativa sulla costa – rappresentata secondo gli investigatori da Giuseppe Fulco – e il potente clan Alvaro. Bagnara, Scilla e Melia di San Roberto, centri di confine tra quelli che sono indicati storicamente come “Mandamento Centro” e “Mandamento Tirrenico”, «sono tutti, per come emerso dalle investigazioni, nell’orbita criminale della ‘ndrangheta di Sinopoli che, come dimostrano le numerose conversazioni rilevate, è baricentrica rispetto all’economia criminale, gli assetti e gli equilibri di ‘ndrangheta di questi territori». I gruppi scillesi, dunque, sarebbero inseriti «nella “linea” di ‘ndrangheta che fa capo a “munti”, e quindi ai carismatici esponenti della ‘ndrangheta sinopolese perlopiù appartenenti ai diversi rami della famiglia Alvaro». Sono le informative dei carabinieri confluite nell’inchiesta a delineare i contorni di questo legame.
«Anche gli Alvaro hanno interessi in quella zona». Il collaboratore di giustizia Vincenzo Cristiano «certifica un interesse generale degli Alvaro nell’infiltrare l’economia scillese. A rafforzare la propria affermazione, il pentito cita il ristorante-pizzeria denominato “Antica Scilla” gestito proprio da esponenti della famiglia Alvaro, oggi definitivamente chiuso». Quell’attività ha chiuso i battenti nel 2019 dopo un sequestro operato dalla Capitaneria di Porto di Reggio Calabria e dai carabinieri di Scilla: sarebbe stata priva delle autorizzazioni per l’occupazione del suolo demaniale marittimo e realizzata «in maniera abusiva su area soggetta a vincolo paesaggistico e ambientale». Gestore della pizzeria era, all’epoca la nuove di Francesco Alvaro, “U Merru”, descritto dagli investigatori come «esponente storico e apicale della ‘ndranghete sinopolese».
Il rapporto di subordinazione della ‘ndrina di Scilla emerge, secondo gli investigatori, nella gestione di una estorsione nella quale è coinvolta anche la ‘ndrangheta di Bagnara. In quella circostanza, le intercettazioni agli atti evidenziano la preoccupazione di Antonino Nasone, uno dei vertici del gruppo scillese assieme a Fulco. Nasone vuole che la cosa sia seguita con la giusta attenzione per evitare «commenti negativi». La sua paura, appuntano i carabinieri nell’informativa, «è proprio che debba “scendere” qualcuno che da poco è libero da vincoli di legge che ne limitano la libertà di movimento, a dirimere la vicenda». Il riferimento sarebbe «ad Antonio Alvaro (figlio di Domenico inteso “Micu u Scagghiuni” e fratello di Cosimo inteso “Cosimo Pelliccia”), scarcerato il 16 febbraio 2021 dalla casa circondariale di Benevento». Nelle conversazioni ricorre il riferimento “a munti”: per gli inquirenti si tratta della ‘ndrangheta di Sinopoli «che è sovraordinata nella linea di ‘ndrangheta rispetto al gruppo di Scilla».
Il tema si ripropone in una fase di tensione tra due gruppi criminali scillesi. Il primo, guidato da Fulco, cerca di arginare il tentativo di emergere del secondo. È lo stesso Fulco a spiegarlo durante l’incontro con un sodale (che lui sospetta aver aderito all’iniziativa di quelli che considera «abusivi») in un negozio di frutta. Il “capo ufficiale” della ‘ndrina di Scilla «è certo che un esponente degli “abusivi” si sia recato a “munti” proprio da un esponente degli Alvaro che gli ha riferito dell’esistenza di una “linea” definita, “un discorso di ‘ndrangheta” autorizzato e che fa riferimento proprio a Giuseppe Fulco». Questa “linea” sarebbe dettata dalla ‘ndrangheta di Sinopoli.
Il senso dell’espressione (“linea”, ndr) viene spiegato in un verbale dello storico boss (pentito) di Cosenza Franco Pino in un verbale nel quale rappresenta l’importanza, per il suo gruppo, di «avere una prospettiva, un futuro criminale». «Anche se riuscivamo a comandare nella nostra zona – riferisce Pino in un verbale confluito nel procedimento “Rinascita Scott” –, era per noi importante, per la nostra crescita e il nostro riconoscimento criminale all’esterno, appartenere a quella che io chiamo una “linea” criminale, e la nostra linea era quella dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Bellocco (…). Appartenere a una linea criminale significa essere legati a queste altre famiglie e al loro “comando centrale” nel bene e nel male, in modo da ricevere aiuto se c’è bisogno, ma anche di essere obbligati a fare favori, anche e soprattutto in caso di guerra». È in questo contesto di riferimenti e legami che, a Scilla, Fulco pensa di rivolgersi agli Alvaro per il mancato rispetto della “linea” criminale. Un “abuso” considerato grave negli ambienti criminali. (p.petrasso@corrierecal.it)
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