REGGIO CALABRIA «Dobbiamo comprendere chi e perché ha insanguinato questa nazione tra il ’91 e il ’94». Con queste parole il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha chiesto al collegio, nel processo d’Appello ‘Ndrangheta stragista, di sentire due pentiti e acquisire le dichiarazioni di un terzo collaboratore di giustizia, deceduto nel 2014. Lombardo ha illustrato un’informativa della Dia sulle dichiarazioni dei tre collaboratori sui rapporti tra ‘ndrangheta, Cosa nostra ed esponenti politici. Si tratta di Gerardo D’Urzo, Marcello Fondacaro e Girolamo Bruzzese. È avvenuto durante l’udienza di oggi del processo che vede imputati Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, condannati all’ergastolo per l’omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo consumato nel 1994.
In particolare, in un verbale di dichiarazioni spontanee rese alla polizia penitenziaria di Alessandria, il defunto collaboratore di giustizia Gerardo D’Urzo, ha affermato: «Una persona mi disse di un certo Valensise con altra persona della ‘ndrangheta della jonica di essersi recati a Roma e di aver avuto un colloquio a Palazzo Grazioli con l’onorevole Silvio Berlusconi e questi gli disse al Valensise che quello che aveva promesso lo manteneva e dovevano stare tranquilli». D’Urzo va oltre: «Nel 1997 io mi trovavo nella casa circondariale di Catanzaro e incontrai personalmente Giuseppe Mancuso e mi riferì che c’era stato un incontro con i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, se volevano aderire alla stragi di Roma, Firenze e Milano». Ma chi è il «Valensise» di cui parla D’Urzo? Secondo la Dia, «i soggetti legati alla politica aventi cognome Valenzise e aventi interessi in Calabria sono stati identificati in Raffaele Valenzise (l’ex parlamentare dell’Msi e di An deceduto nel 1999, ndr) e Michele Valenzise (il diplomatico e segretario generale del Ministero degli Esteri dal 2012 al 2016, ndr)».
Il verbale acquista, per il procuratore aggiunto Lombardo, un’importanza centrale. Perché risale al 2009, epoca precedente rispetto alla ricostruzione operata dalla Dda di Reggio Calabria. A quell’epoca, spiega Lombardo, «e forse anche prima», il pentito morto nel 2014 parla già del coinvolgimento dei fratelli Graviano nelle trattative tra la ‘ndrangheta e l’ala stragista, «un fronte sul quale la Dda di Reggio inizia a lavorare solo tra fine dicembre 2012 e inizio 2013. Si tratta di un contributo genuino, privo di contaminazione, perché fino a poco tempo fa questo verbale era sconosciuto».
Il collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese, invece, in un verbale del 10 marzo 2021, ha fatto i nomi di Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. In particolare, ha descritto un episodio a cui avrebbe «assistito personalmente nel 1978-1979, poco dopo l’omicidio di Aldo Moro». Si tratta di un summit avvenuto nel luogo dove il padre del collaboratore di giustizia avrebbe trascorso la latitanza, «presso l’agrumeto di tale Peppe Piccolo». A quella riunione avrebbero partecipato i vertici della ‘ndrangheta reggina e in particolare della Piana di Gioia Tauro. «Mentre ero lì – sostiene Girolamo Bruzzese – vidi giungere nell’agrumeto Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, che ho riconosciuto per averli già visti in televisione. Al loro arrivo, mio padre mi fece allontanare su richiesta di Peppe Piromalli, facendomi accompagnare a casa da un suo uomo di fiducia». Anni dopo, il padre di Bruzzese gli avrebbe spiegato «che Craxi e Berlusconi si erano recati al summit perché Craxi voleva lanciare politicamente Berlusconi e quindi per concordare un appoggio anche da parte delle cosche interessate alla spartizione dei soldi che lo Stato avrebbe riversato nel Mezzogiorno». Bruzzese riferisce, poi (sarebbero sempre parole di suo padre), che «a portare i due politici al summit era stato Ciccantonio Braghetta» e che i due «alloggiavano, penso in incognito, all’hotel 501 di Vibo Valentia o in uno dei villaggi turistici di Nicotera Marina di proprietà dei Mancuso».
Bruzzese, nel verbale depositato dal procuratore Lombardo, fa un excursus storico riguardo ai rapporti tra mafie e politica. E parla di una trasformazione di quelle relazioni «da metà degli anni Settanta a seguire». Un cambiamento che avrebbe visto contrapporsi «le famiglie mafiose palermitane Badalamenti-Inzerillo-Bontate e quelle di Corleone Riina-Provenzano perché questi ultimi non accettavano più la politica di Craxi e Andreotti di contrapposizione agli Stati Uniti; questa politica era avversata anche dagli americani, ma soprattutto non andava bene a Licio Gelli, molto amico di Peppe Piromalli». Per un verso si tratta di considerazioni quasi geopolitiche, per l’altro torna la presunta vicinanza del clan Piromalli all’uomo di vertice della loggia P2, al centro di alcune tra le più oscure trame della storia contemporanea d’Italia.
La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, in chiusura di udienza, ha disposto l’audizione in aula dei collaboratori di giustizia Marcello Fondacaro e Girolamo Bruzzese. Il presidente della Corte d’Assise d’Appello Bruno Muscolo, inoltre, ha disposto l’acquisizione delle dichiarazioni spontanee fornite dal collaboratore Gerardo D’Urzo, deceduto nel 2014. Le difese non si sono opposte all’acquisizione del verbale di D’Urzo e dell’audizione di Fondacaro e Bruzzese. Nelle prossime udienze sarà sentito anche il commissario capo della Dia Michelangelo Di Stefano in merito all’informativa redatta sui risconti alle dichiarazioni dei tre pentiti. Infine, nel rispetto della normativa sul 41 bis e visti i problemi lamentati, anche oggi in aula, dall’avvocato Giuseppe Aloisio circa l’impossibilità del suo assistito Giuseppe Graviano di poter ascoltare le sue intercettazioni con il codetenuto Umberto Adinolfi, il presidente Muscolo ha autorizzato il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo a fornire al boss di Brancaccio un computer portatile. Il processo è stato, quindi, rinviato al prossimo 10 ottobre. (ppp)
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