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«Pochi medici, attese infinite e anziani in balia del caso». Voci dall’emergenza sanitaria

Le esperienze (e i disagi) di quattro calabresi. Mentre un medico dice: «Il prossimo ministro venga qui a vedere come siamo combinati»

Pubblicato il: 05/10/2022 – 7:36
di Emiliano Morrone
«Pochi medici, attese infinite e anziani in balia del caso». Voci dall’emergenza sanitaria

CATANZARO Qual è la percezione che gli utenti della sanità calabrese hanno delle strutture pubbliche preposte alla tutela della salute? Qual è l’idea che i residenti in Calabria hanno delle misure sull’assistenza sanitaria territoriale? Che cosa pensano i cittadini calabresi della carenza di medici, soprattutto nel settore dell’emergenza/urgenza? Per avere un quadro attendibile in proposito, bisogna uscire dai social, che spesso sono uno sfogatoio del disappunto individuale e collettivo.

«Ovunque ci sono pochi medici e il privato fa la parte del leone»

Giovanna è una signora di 61 anni che non vede l’ora di andare in pensione. Ha un diploma liceale, si mostra informata e possiede una buona proprietà di linguaggio. La signora è diabetica e cardiopatica, lavora nella lavanderia di famiglia e si sottopone con periodicità regolare ai controlli per il cuore. «Nove anni fa – racconta – feci un intervento di angioplastica dopo un infarto trattato di corsa. Allora la situazione era diversa: anzitutto ero seguita con scrupolo. Poi, a causa della carenza di personale e dell’elevato numero di prenotazioni, le visite sono diventate sempre più rapide e superficiali. Oggi non mi fido tanto dell’accuratezza dei miei controlli, ma capisco le difficoltà dei medici, costretti a fare i salti mortali. Purtroppo, non ho la possibilità di spostarmi fuori regione, ma non penso che altrove se la passino meglio. Ovunque si contano pochi medici e il privato fa la parte del leone, perché da risposte più rapide e complete. Con la crisi economica che galoppa, chi potrà permettersi di pagare per curarsi?».

«Reti assistenziali ancora molto scollegate»

Francesco è un nonno di 74 anni, ha una laurea in ingegneria e una vita sociale molto intensa. È molto conosciuto nella sua città, anche dai medici dell’ospedale della zona in cui vive. Da mesi le sue analisi del sangue non vanno bene, ma nella sanità pubblica ha ricevuto solo rassicurazioni. «Tutto nella norma, c’è l’età e tu vai in giro un po’ troppo», gli avrebbero in un ambulatorio, secondo il racconto dello stesso Francesco, che però vuole vederci chiaro e quindi ha prenotato una visita in un ospedale hub, intanto per approfondire. «I medici devono dire sempre la verità, anche se sanno chi sei e con te hanno buoni rapporti. In Calabria – osserva Francesco – le reti assistenziali sono ancora molto scollegate e in molti casi le diagnosi dipendono dalla tua capacità di muoverti nel labirinto della sanità, dalle relazioni che hai e dal tuo livello di consapevolezza. Questo non va bene, perché gli anziani da soli o con scarse capacità comunicative sono, in pratica, in balia del caso».

«Questa è la Calabria, ormai ci siamo e basta»

Nicola è un venditore ambulante di frutta e verdura. Ha 59 anni e 18 li ha passati in Germania, a Düsseldorf, dove lavorava da muratore. Riferisce di sapere molto poco delle nuove strutture di assistenza territoriale previste in Calabria nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ha sentito dire che ne sarà realizzata una a 20 minuti di macchina dal paesino in cui abita insieme alla moglie. Questo signore ha due figli residenti in Piemonte, uno avvocato, l’altro consulente del lavoro, che gli rimproverano un’ostinata superficialità nella cura della propria salute. Nicola ha superato una patologia oncologica, ma, a tre anni dall’intervento che gli ha salvato la vita, non è mai andato dallo specialista e nessuno l’ha contattato per i controlli necessari. «Cu ci poti stari appressu?», si chiede con tono ironico, tra una risata amara ed espressioni di pentimento per il ritorno a casa. «A Germania esti n’atra cosa», commenta, aggiungendo con rassegnazione: «Chista esti a Calabria, ormai ci simu e basta».

«In Pronto soccorso ho sempre aspettato dalle 4 alle 5 ore»

Rina insegnava al liceo fino al 2009. Ora è quasi ottantenne e le sta capitando di andare in Pronto soccorso per episodi di gastrite acuta. Nell’anno 2022 c’è finita sei volte: quattro in ambulanza e due in macchina, accompagnata da un nipote, Antonio, che studia Medicina. «Ho dovuto sempre aspettare dalle quattro alle cinque ore, anche quando avevo un dolore fortissimo all’addome. Non ci sono più medici perché lo Stato ha deciso di tagliare le spese sulla nostra pelle. In particolare, in Calabria subiamo l’emergenza più grave. Glielo posso assicurare, perché una mia nipote, Claudia, fa il medico in Lombardia, dove il fascicolo sanitario funziona e si sono riorganizzati bene dopo i drammi della pandemia. Qui non si è capito che i medici servono come il pane. Non ne trovi in Pronto soccorso e le ambulanze ne sono sprovviste nella maggioranza dei casi. Sto pensando di andarmene, di trovare casa in Brianza. Non ho una grande aspettativa di vita, ma voglio stare tranquilla».

«Il prossimo ministro della Salute venga a vedere come siamo combinati»

Nel complesso, queste quattro storie sono rappresentative di un disagio diffuso e reale, che tanti calabresi toccano con mano. «Il punto – spiega un medico del 118, il quale ci raccomanda di evitare ogni elemento che possa consentire di identificarlo – è che vanno rifatte alla svelta le reti assistenziali e gli Atti aziendali. Non si può ignorare questa necessità. Non capisco come si possano ricavare i fabbisogni di personale del tutto in astratto, peraltro con gli assurdi vincoli di spesa contenuti nel decreto Calabria. Per favore, scriva che, se vuole essere credibile, il prossimo ministro della Salute deve venire in Calabria per capire come siamo combinati. Sarebbe un segnale di interesse concreto. Noi stiamo scoppiando e finora il governo è stato latitante. Il commissario Roberto Occhiuto sta lavorando bene, ma non è Superman e non ha ancora gli strumenti per migliorare i servizi. Spero che questa mia richiesta sia ribadita dagli Ordini dei medici e, soprattutto, dai nuovi eletti in Parlamento. Ricordo che Occhiuto sta iniziando a mettere un punto fermo con i Pdta (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, nda), ma siamo nella stessa condizione di una macchina senza benzina». Corriere Suem ascolta sempre gli utenti e gli operatori della sanità calabrese, con l’obiettivo di rendere un servizio pubblico utile alla comunità. (redazione@corrierecal.it)

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