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Appello contro la cosca Cacciola-Grasso: 46 condanne e 8 assoluzioni

Ribaltata la sentenza nei confronti del medico legale De Santis. Assolto in secondo grado, in abbreviato aveva avuto sei anni

Pubblicato il: 07/10/2022 – 20:45
Appello contro la cosca Cacciola-Grasso: 46 condanne e 8 assoluzioni

REGGIO CALABRIA Si è concluso con 46 condanne e 8 assoluzioni il processo “Ares” celebrato con il rito abbreviato davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria. La sentenza del giudice Olga Tarzia è stata emessa nel tardo pomeriggio di oggi in aula bunker. Nonostante le assoluzioni e alcune riduzioni di pena rispetto alla sentenza di primo grado, in appello è stato confermato l’impianto accusatorio del processo nato da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che nel luglio 2018 aveva portato a numerosi arresti contro la cosca Cacciola-Grasso di Rosarno. Tutti gli imputati, in base alle indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio, erano accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di droga, estorsione, tentato omicidio, danneggiamenti e detenzione di armi. L’inchiesta “Ares” ha fatto luce, infatti, su un traffico di cocaina dal Sudamerica e di hashish dalla Spagna e dal Marocco. La sentenza di secondo grado ha confermato la condanna a 20 anni di carcere per Giovanni Battista Cacciola, Domenico Grasso classe 1956 e Rosario Grasso classe 1982. Tra gli altri, sono stati condannati a pene pesanti anche Gregorio Cacciola (17 anni di reclusione), Rocco Elia (14) e Pietro Raso (13 anni). Sono stati assolti anche 8 imputati che in primo grado erano stati condannati. Si tratta di Simone Ciurleo, Antonino e Giuseppe Misiano, Giuseppe Nasso, Emilio Oppedisano, Kevin Petullà, Antonietta Virgilio e il medico legale Antonio De Santis. Quest’ultimo era finito sul banco degli imputati per una perizia sull’incompatibilità delle condizioni di salute del boss Rosario Grasso con il regime carcerario. In primo grado era stato condannato a più di 6 anni di reclusione. Al termine del processo, la Corte d’Appello ha assolto De Santis con la formula “per non aver commesso il fatto”. 

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