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la riflessione

«Guerra e pace. Il silenzio degli innocenti e quello degli ignavi»

«Basta. Non se ne può più della sfrontatezza di politici e media sulla guerra. Qualche giorno fa, il Parlamento Europeo ha bocciato l’emendamento del Gruppo della Sinistra alla risoluzione per le …

Pubblicato il: 11/10/2022 – 7:24
di Francesco Bevilacqua
«Guerra e pace. Il silenzio degli innocenti e quello degli ignavi»

«Basta. Non se ne può più della sfrontatezza di politici e media sulla guerra. Qualche giorno fa, il Parlamento Europeo ha bocciato l’emendamento del Gruppo della Sinistra alla risoluzione per le forniture d’armi all’Ucraina, che invocava uno sforzo maggiore sulla via diplomatica per porre fine al conflitto. Intanto, fra i giornalisti è tutta una malcelata soddisfazione per il sabotaggio del ponte che collega la Crimea alla Russia. Sebbene si vociferi che gli americani – dopo essere stati tenuti all’oscuro di questo fatto e dell’uccisione della giovane figlia del filosofo Russo Alexander Dugin – comincino a dubitare dell’affidabilità dei loro sodali ucraini. E infine, quegli stessi giornalisti ostentano sorpresa e indignazione per l’annunciata rappresaglia russa. Ormai la guerra in Ucraina si avvia alla stessa, drammatica cronicità del conflitto israelo-palestinese. Se così fosse, sarebbe un disastro incalcolabile per l’umanità e per la Terra. In questa folle contesa non faccio il tifo per i potenti: Putin, Zelensky, Biden … Parteggio, invece, per i popoli, per quello ucraino, per quello russo, per tutti noi e, soprattutto, per i diseredati della Terra, che sono le prime vittime dell’irresponsabilità di chi domina le nazioni e vorrebbe dominare il mondo.
Mentre si lanciano allarmi nucleari (immediatamente smentiti dagli stessi che li hanno propagati), mentre anche altre zone del mondo entrano in isteria militare come in un sinistro gioco emulativo, mentre le economie di interi stati sono in ginocchio, mentre l’Unione Europea dà la peggior prova di sé su gas ed energia, politici e giornalisti fingono di non vedere l’orlo del baratro sul quale stiamo camminando, come ubriachi. Tanto le loro vite non cambieranno, i loro stipendi sono più che sufficienti a mantenere l’eterno sorriso ebete dei loro volti e i padroni sanno come farli rimanere sempre a galla.
Pur di fronte a questi scenari, in Italia palloni gonfiati ed oche giulive (conduttori ed ospiti) dei talk show televisivi continuano ad ammorbarci con banali dettagli sulle acrobazie di Meloni e PD, come se questo fosse il vero problema. I riferimenti alla guerra, invece, sono scarni, acritici, conformisti, mai volti a trovare una soluzione accettabile da entrambi i contendenti. Poco importa se c’è un altro mondo, quello euro-asiatico (e di altre decine di paesi di tutto il globo: ne ha parlato Riccardo Iacona nella puntata di ieri sera di “Presa diretta” a proposito del forum economico di San Pietroburgo), che vuol scrollarsi di dosso l’eterno giogo occidentale. Nei telegiornali, poi, è tutto un subliminale inneggiare alla distruzione politica e militare della Russia (quella della Cina sarà la prossima puntata). Mentre l’Europa si prepara a varare il più grande sperpero di danaro pubblico (cioè a debito di tutti noi) che si sia mai visto: i soldi del PNRR, di cui nessuno riesce a scorgere utilità tangibili se non quelle che impingueranno le casse degli utilizzatori finali (i soliti amici degli amici); quelli che gli stati hanno speso e spenderanno con la scusa di alleggerire le bollette ma con lo scopo ormai evidente di contribuire agli extraprofitti delle multinazionali energetiche e dei loro accoliti dai colletti bianchi; quelli che occorreranno per la folle corsa agli armamenti e che, ancora una volta, finiranno nelle tasche di altre multinazionali e di altri colletti bianchi; quelli che ci apprestiamo a spendere, a fondo perduto, per ricostruire un’Ucraina che poteva salvarsi dalla distruzione se qualcuno avesse evitato di andare ad “abbaiare” – per usare una colorita espressione di Papa Francesco – sotto i confini della Russia. Un’Europa ipocrita, che sanziona l’Ungheria di Orbán (reo di simpatie putiniane) per avere abiurato lo stato di diritto e poi imbarca sulla parola l’Ucraina di Zelensky, in cui non esiste neppure una parvenza di democrazia, o tollera il bubbone dell’autocrate polacco Kaczyński sol perché serve al progetto anti-russo.
E anche sulla minaccia nucleare occorrerebbe avere un po’ di pudore: sappiamo tutti che gli unici ad aver usato l’atomica contro civili inermi furono gli USA: il 6 agosto 1945 ad Hiroshima, provocando fra le 80.000 e le 166.000 vittime, e tre giorni dopo a Nagasaki, causando fra le 60.000 e le 80.000. E su questo tema c’è altro: ad esempio, un reportage di Vittorio Zucconi apparso il 21 giugno 1993 su Repubblica e ancora rinvenibile sul sito del giornale (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/06/21/1951-la-bomba-atomica-fa-strage-in.html) racconta degli esperimenti nucleari USA nel deserto del Nevada nel 1951 e delle tante vittime di quei test sciagurati fra la stessa popolazione americana.
Basta, dunque, con questo scempio quotidiano dell’intelligenza, della ragione e del buon senso. Mettiamo fine a quest’ondata di odio collettivo. Ma una marcia della pace, pure necessaria, non basta. Occorre una totale conversione delle coscienze. Troppi silenzi, troppo opportunismo, troppe complicità vengono da tutti coloro, piccoli e grandi, che non parlano, non si espongono: un’intellighenzia, un’intellettualità che hanno perso l’importante ruolo avuto nei drammatici accadimenti di tutto il ‘900, contribuendo fattivamente alle più grandi rigenerazioni che la Storia moderna ricordi. Troppi che avrebbero il dovere di parlare, di esporsi, temono di essere scambiati per spie di Putin, di essere cancellati dai palinsesti televisivi, di essere oscurati dai giornali, di esser messi alla gogna. Occorre riscoprire la voglia di metterci in gioco tutti, individualmente e personalmente, gente semplice, comunità, chi non detiene altro potere che il senso etico.
Opporsi a questi imperativi ormai impellenti vuol dire restare imprigionati nel girone dantesco degli ignavi, cioè di quegli indolenti, di quei vili che si accomodano sempre sulle idee dei più forti. Mettiamo fine, una volta per tutte, al silenzio degli ignavi. Perché, ammoniva un uomo al di sopra di ogni sospetto, il liberale Giulio Einaudi, “non delle lotte e delle discussioni dovremo aver paura, ma della concordia ignava e dell’unanimità dei consensi.»

*Avvocato e scrittore

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