REGGIO CALABRIA «Il compenso ricevuto dai soggetti deputati all’esfiltrazione della cocaina dal porto di Gioia Tauro» può essere «individuato in una forbice che va dall’8 al 18% del valore di mercato della merce». Fiumi di droga generano fiumi di denaro. Tanto per riepilogare, il valore sul mercato delle 4 tonnellate di cocaina sequestrate nella maxi operazione della Dda di Reggio Calabria contro i narcos della scorsa settimana ammonta a 800 milioni di euro. Le cifre del traffico globale sono, secondo gli inquirenti, così alte da poter condizionare la finanza mondiale. La filiera si snoda attraverso oceani e continenti, abbraccia broker mondiali come Raffaele Imperiale, il boss dei Van Gogh, funzionari doganali corrotti e trasportatori. Figure di raccordo essenziali per garantire che la merce arrivi a destinazione nelle piazze di spaccio. I burattinai della logistica garantiscono abbondanti extra; il loro successo si basa su una enorme disponibilità di denaro. L’inchiesta dei magistrati antimafia di Reggio Calabria è (anche) un viaggio nei compensi erogati nei vari passaggi di questa filiera della polvere bianca. Il materiale raccolto dagli inquirenti «consente di pervenire a una serie di punti fermi» sulla quantificazione delle somme ricevute. Questione centrale per determinare l’entità dei sequestri accordati dal giudice per le indagini preliminari. Passaggio fondamentale per svelare quali siano le caratteristiche del mercato.
Una conversazione del 12 novembre 2020 tra Nazareno Valente, dipendente della Medcenter Terminal spa, e Domenico Bellocco, in quel momento latitante, mette in evidenza la corsa tra squadre di portuali infedeli per proporsi ai narcos offrendo prezzi al ribasso. Un vero e proprio mercato concorrenziale delle esfiltrazioni di cocaina. «Nel parlare delle trattative esistenti tra le squadre di portuali e i narcotrafficanti – riassume il gip», Bellocco «faceva riferimento ad alcune cifre: “il 15”, il “13”, il “10”», che starebbero a indicare «la percentuale dell’intero valore dello stupefacente esfiltrato».
Altra conversazione: è il 24 dicembre 2020, Rocco Iannizzi e Girolamo Fazzari ragionano ancora sulle percentuali. L’ultimo «asseriva che la somma richiesta si attestasse sul 12%». «Io gliel’ho detto a Turi – dice Fazzari – che gli cercavo il 12 (percentuale, ndr) perché lui insisteva, Damiano, perché loro già sapevano il 12… il 12, praticamente, lo abbiamo preso tutti». Iannuzzi, da parte sua, segnala che qualcuno si stava «comportando in maniera non corretta in relazione ai prezzi». «Loro devono stare dietro, in coda, perché loro meritavano questo, perché tu… dal 18 sei sceso al 15… dal 15… parliamo, vediamo, giriamo, sei arrivato per un’elemosina al 12».
Sono le parole degli indagati a guidare la ricostruzione degli investigatori. In un’altra conversazione, un soggetto che utilizza un’utenza criptata chiede informazioni sulla percentuale per il recupero della droga dall’area portuale. Il suo interlocutore «dapprima gli indicava una percentuale “trattabile” fra il 10 e il 15% in base alla tipologia del lavoro (“dal 10 al 15 in base al lavoro poi ci accordiamo”). Poi, dopo essersi confrontato con Rosario Bonifazio, il quale gli suggeriva la percentuale del 10 se il richiedente era un suo amico (“il 10 se un amico tuo”), comunicava all’interlocutore che la richiesta di base si attestava sul 12%, ma in caso di eventuali nuovi lavori, si sarebbe attestata sul 10% (“Compa’ guardate non so se vi deve rimanere qualcosa a voi e all amico ditemi voi io voglio il 12 se poi va bene i prossimi gli facciamo al 10”)».
In occasione del recupero dei 300 chilogrammi di cocaina effettuato il 31 dicembre 2020, «gli indagati – appunta il gip – facevano riferimento a un compenso inferiore al 10% e, nello specifico, discutendo in una chat di gruppo, rilevavano come la retribuzione complessiva fosse stata pari a 696mila euro, importo calcolato su una percentuale del1’8% ed un valore della cocaina di 29mila euro al chilogrammo, come esplicitato da Francesco Giovinazzo: “Ho fatto il conto all’8 pulito e a 29 ed escono 696”».
La variabilità delle percentuali è motivo di lamentela. Le frasi intercettate, però, consento di ricostruire i compensi per un “lavoro” da 130 chilogrammi. In quella circostanza «190mila euro erano stati richiesti da “quello dell’uscita”, ovvero la società di trasporto incaricata di recuperare e portare fuori dal sedime portuale il container “uscita” con lo stupefacente; 32mila euro cadauno erano stati consegnati ai cinque operatori coinvolti; 9mila euro, infine, erano stati destinati ai planner». In totale si tratta di 389mila euro, una cifra corrispondente a poco più del 10% del valore di mercato della cocaina». Quel carico da 130 chilogrammi vale infatti complessivamente 3,7 milioni di euro (il valore di un chilogrammo di coca è stimato in 29mila euro). Questo calcolo, spiega il gip, «non tiene conto della parte dovuta agli intermediari e, pertanto, la percentuale richiesta per il lavoro menzionato dagli indagati deve ritenersi certamente superiore a quella emersa dai calcoli». Da qui si arriva alla forbice che va dall’8 al 18% del valore di mercato della merce. A fiume di droga corrisponde fiume di denaro. (p.petrasso@corrierecal.it)
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